Massimo Troisi: le 10 battute che non dimenticheremo
di Boris Sollazzo
Massimo, maledetto te, quanto manchi a questo paese bastardo. E soprattutto a me, a noi. Quel tuo essere napoletano in maniera orgogliosa e gentile, determinata ed elegante, mai vittimista ma neanche retorico o autoassolutorio, ti ha reso grande. E ha ricordato a tutti, per anni, che gli stereotipi sulla città partenopea valgono quanto l'immondizia che lì troppo spesso non viene raccolta. Ci ha mostrato, Troisi, persino dopo morto, che Napoli poteva tutto, persino conquistare l'America. Ha costruito una comicità speciale, una poesia lieve sulla vita, che non hanno mai avuto eredi degni a raccoglierle: dal tono della voce all'arguzia di battute apparentemente ovvie e invece geniali (ricordate il bambino che non andava chiamato Massimiliano ma Ugo?), da quel linguaggio tutto suo che non era (solo) napoletano alla grazia con cui narrava tutti i sentimenti non abbiamo più trovato nulla di neanche simile. Non rivedremo, al San Paolo, un giocatore forte come Diego Armando Maradona. Non rivedremo sullo schermo e neanche fuori, che rabbia, uno bravo come lui. Uno che fin dai titoli dei suoi capolavori, coniava modi di dire. Pensateci: tutte le sue opere da regista lo sono.
Ma il ragazzo - per me rimane sempre quel meraviglioso 41 enne - non amava retorica e celebrazioni. Quindi, su idea del nostro punto di riferimento e comandante, Francesco Albanese, lo ricordiamo a modo nostro. In maniera un po' irriverente, legandolo pure a quel calcio che amava tanto da fargli superare la sua leggendaria pigrizia (in realtà era una difesa per quel suo cuore grande, ma debole). Eccole, allora, le dieci battute di Massimo Troisi che noi non dimenticheremo. Magari non sono le più belle, ma sono quelle che ci tornano in mente più spesso. E che ci emozionano ancora tanto. Troppo.
1. Scusate il ritardo (1983). Giuliana De Sio e Massimo Troisi. A letto, di domenica pomeriggio, la radio è accesa. "Vincenzo, lasciami stare". "Che è". "Tanto non capisci". "Come non capisci, e che sò sciemo? Se mi spieghi capisco, che c'è ah?". "Che c'è? C'è che il Napoli sta perdendo con il Cesena!". Per la cronaca era il 26imo del primo tempo, e i romagnoli al San Paolo prevalevano 2-1. Massimo, pardon Vincenzo, nel bel mezzo di un litigio post coitum aveva acceso su Tutto il calcio minuto per minuto. "Per questo. Eh, io o' ssapevo, l'avevo capito. E vabbuò, non te preoccupà, tanto è 'o primo tempo. Può essere pure che 'a pareggian'"
2. "Questo è l'anno buono". Così dice Massimo a Gianni Minà, una settimana dopo il 10 maggio 1987. "Nun me fà scemo, so cose serie queste. E tu mò me vien' a intervistà. Avranno già detto tutto! Tu me vien' a intervistà n'copp' a sett' iuorn, abbi pazienza". "Lo hanno già detto: festeggiamo, va bene, ma non ci dimentichiamo acqua e gas aperti. Non dico di festeggiarli, loro non hanno fatto nient' pe vinc' o' scudett'. Ma chiudeteli!". "Ma è ver' Gianni?".
Poi, sogna, Massimo. "E' che a me me piacess' stare più dentro la situazione. Essere un giocatore della squadra, sapere i retroscena, tutt'e 'ccose che ha 'itt' Maradona, che ha 'itt' Bagni. Mi piacesse esse un giocatore, esse Bruscolotti. Uno che ha giocato, Bruscolotti, Ferrario, ma non è possibile, nun aggia giocat'. Ma, guarda, al limite pe 'sta dentro mi piacerebb' esse' 'a moglie di un giocatore. Ecco, la moglie di Renica. Io la invidio, che lui torna a casa e le dice "sai cara, l'anno prossimo forse facciamo ancora meglio!". Tutte quelle piccole cose....vabbuò non la moglie, eh, che so' uomo, ma almeno l'amante di una delle mogli dei giocatori. No, no eh, per carità Gianni, sono tutte brave persone, io li rispetto, li amo. Per dire quanto voglio bene a 'sta squadra mi immagino che lei viene e fa...sai mio marito mi ha detto che Maradona gli ha detto che l'anno prossimo forse viene quello...".
"Scusate il ritardo l'hanno usato su uno striscione? E io per quello l'ho fatto il film, mica per il cinema, per 'o scudett'. Anzi io mi auguro che presto usino pure Ricomincio da tre, non dobbiamo più fermarci"
3. L'intervista è la stessa del punto 2. Ma la battuta merita un punto a parte. Commenta, Massimo, lo striscione "Siete i campioni del Nord Africa, l'unità d'Italia non è mai avvenuta". A proposito della tanto sottovalutata, ora, discriminazione territoriale. Lui risponde, con delicata ferocia. "Meglio essere campioni del Nordafrica, che fare striscioni da Sudafrica"
4. Intervista con Minà su Pino Daniele. Alta Classe (1992). Il giornalista viene messo in mezzo. Fino all'accenno a quella che da allora sarebbe divenuta la mitica "agendina di Minà". "Gianni Minà, un uomo che io invidio per la sua agedina telefonica. L'agendina telefonica che c'ha Gianni Minà è una cosa da invidiarlo. La apri, ecco Cassius Clay. E quello mica sbatt'o'telefono, gli risponde, in teleselezione per ore. Però voglio dire, come sei arrivato a me? Lui alla F c'ha Fidel, senza Castro solo co' 'o prefisso. E Pino Daniele, che me vuol' ben', che ha fatto? Ha detto, Gianni, chiama a Massimo! Lui ha preso l'agenda, ta ta ta, alla T Fratelli Taviani, Little Tony, Toquinho e Troisi!".
5. Sempre Alta Classe. In tutti i sensi. Dedica una poesia a Napoli e San Giorgio a Cremano. Basta il titolo "O' ssaje come fa 'o core". Quanno s'è innamorato. Quanno se sbaglia.
6. Ricomincio da Tre (1981). Un passaggio, in auto, non molto piacevole. Michele Mirabella e Massimo Troisi. "Da dove venite?". "Da Napoli". "Ah, emigrante". "No, no, anzi, a Napoli avevo anche un lavoro, sono partito così per viaggià, per conoscere".
Poi diventerà un tormentone durante tutto il film. Finché si arrabbierà e dirà "So' napoletano, ma no emigrante. Pare che un napoletano nun po' viaggià, po' solo emigrà". Fino a che, di fronte a uno straniero, si rassegnerà alla sua (non) condizione.
7. Pensavo fosse amore ...invece era un calesse (1991). Massimo scopre una dura verità, per bocca dei suoi amici. "Perché siete tutti così sinceri con me. Cosa vi ho fatto di male io. Chi vi ha chiesto niente, queste non sono cose che si dicono in faccia, sono cose che vanno dette alle spalle dell'interessato".
8. Non Stop (1977). La trattativa con San Gennaro di Massimo Troisi e Lello Arena. Una fucina di battute. Si ride fino a star male. "Tu je dici di sì, tanto a te chi ti controlla" dice il primo alle spalle del secondo, parlando al patrono. Frase apparentemente interlocutoria dello sketch, che però fa capire quanto fosse dissacrante La Smorfia di Troisi, Arena e De Caro. E che vale, per me, il Che vi siete persi al cimitero. Che avrebbe potuto scriverlo Troisi.
9. Non ci resta che piangere (1984). Forse la battuta più celebre, più folgorante, più ripetuta della carriera di Massimo Troisi. Vi diamo solo l'incipit. "Ricordati che devi morire!". Il resto godetevelo.
10. Le vie del Signore sono finite (1987). Troisi non si faceva legare mani e piedi dalla satira politica. Lui sapeva andare oltre, trovava l'assurdità del nostro mondo nelle piccole cose. Come quando chiedeva al padre dei soldi del Belice, per non far brutta figura con Pertini, che in quegli anni tuonò "Chi ha preso i soldi del Belice?". O come in questo film sottovalutato, in cui dice la sua sul fascismo. Demolendolo con un sorriso. "Per fare arrivare i treni in orario, mica c'era bisogno di farlo capo del governo. Bastava farlo capostazione".
Come bonus track, vi regaliamo Benigni e Arbore che ci fanno venire 'o fridd' 'nguoll