C'era una volta Villaggio Coppola: Castelvolturno prima dell'era De Laurentiis
di Errico Novi
«Papà, cosa sono quelli?». «I grattacieli di Villaggio Coppola». Ti rispondevano così. Ed era come sognare tra le meraviglie di Dubai. Almeno per un bimbo di cinque, sei, dieci anni. Dalla spiaggia di Baia Verde vedevi questi colossi di cemento spuntare lontano, sempre piantati sulla sabbia, ma qualche chilometro più a sud. In realtà erano palazzoni di quindici, venti piani al massimo. Ma facevano effetto. Si chiamava così, quel posto dove oggi c'è la casa del Napoli: Villaggio Coppola. Dal nome del costruttore, Vincenzo Coppola, che a inizio anni Sessanta si era messo in testa di riprodurre Rimini sul litorale domizio. Era l’appendice turistico-alberghiera di Castel Volturno, paesone disseminato poco più su, alla foce dell’omonimo fiume. C’era uno spiaggione enorme, alle spalle una pineta tra le più estese d’Italia. Non bastò. Troppa approssimazione, troppi errori, e a fine anni Ottanta Baia Verde, Villaggio Coppola e gli altri posti di quel litorale erano perduti.
È successo di tutto. Decine di migliaia di ragazzi soprattutto africani e in particolare nigeriani arrivarono qui con il sogno di una nuova California. Trovarono invece caporali pronti a sfruttarli nella raccolta dei pomodori e camorristi altrettanto lesti ad arruolarli nel loro esercito. Gli alberghi, i lidi, i parchi con le villette scivolarono verso la rovina. Le torri di Coppola vennero successivamente abbattute in quanto ecomostri (belle non erano ma pensate cos'è Benidorm). Una specie di tsunami. Poi una dozzina d'anni fa succede qualcosa. Un po' di napoletani provano a trasferirsi qui anziché nei comuni della cinta a nord del capoluogo. E poi, nel 2006, la follia. Il Napoli di De Laurentiis sceglie Castel Volturno, e in particolare Villaggio Coppola, come propria casa. Da pazzi: in mezzo alle villette abbandonate, dove erano stati sradicati persino gli infissi, in mezzo ai casalesi che ammaestravano i giovani spacciatori di colore. Ma che quartier generale è? E invece funziona. Quei timidi segnali di ritorno alla civiltà si intensificano. Anche grazie all'oasi azzurra, nata tra la pineta e il mare.
E Pinetamare è appunto il nome “ufficiale” di Villaggio Coppola. Anche se poi, quando parlano di Casa Napoli, tutti dicono Castelvolturno, il paesone nel cui territorio si trova appunto Pinetamare. Non è Rimini, non è Benidorm, è un posto pieno di ferite, ed è una fatica ricucirle un po' alla volta. Ma è già un miracolo trovarci un presidio di modernità qual è il centro messo su da De Laurentiis. Ed è già qualcosa vedere che un po' di famiglie lì attorno ci vivono tutti i giorni, portano i bimbi a scuola, fanno la spesa. Una normalità che si fa strada tra i resti di un passato ambizioso. È una metafora, questa? Può essere che il Napoli sia un esempio, una scintilla che aiuta la città a scuotersi? Non basta, certo. Ma almeno è un richiamo che spinge a riflettere sulle occasioni perdute. E su quelle che invece sono ancora da cogliere.