Club Napoli Castelli Romani: dove battere la Roma è ancora più bello
di Boris Sollazzo
Non ringrazierò mai abbastanza quel piccolo libro che ho scritto, #Chevisietepersi- Il manuale di chi tifa Napoli, per le sensazioni e i momenti meravigliosi che mi ha regalato. Mentre lo scrivevo, ma soprattutto dopo. Già, perché senza di lui, forse, mai avrei incontrato realtà meravigliose come quelle di Cambiano o di Arezzo. E come quella del Club Napoli Castelli Romani, che aveva catturato la mia attenzione, inizialmente, per la presenza tra i promotori di Gennaro Impinto. Un uomo straordinario con cui, quando conducevo Spazio Napoli in radio, soffrimmo insieme passando sotto le forche caudine della B. Con lui riuscimmo a sorridere e farci forza persino dopo un Napoli-Salernitana 1-1 che ci tolse la possibilità di risalire in A, negli anni più bui. Ogni sera chiamava nel programma, migliorandolo con la sua competenza e la sua visione positiva.
Li ho chiamati io ai ragazzi del Club Napoli Castelli Romani, con la scusa del libro, di presentarlo da loro. In verità avevo bisogno di vedere tra la mia gente il mio derby, Napoli-Roma. Non solo con "i magnifici sette" e i "ragazzi di Extranapoli" (che per vari motivi, poi, non sono venuti, in una diaspora comunque fortunata), ma con tante persone che come me sono tifosi in trasferta, nella mia stessa regione, a un passo dalla città in cui vivo. Non mi ha dissuaso neanche il mio modo incredibilmente imbranato di interpretare le indicazioni stradali e di interrogare il mio navigatore, quel mio senso dell'orientamento pari solo a quello che ha Dzemaili con la palla al piede.
Era facile arrivarci - fate tutta l'Appia verso i Castelli finché non incontrate Via dei Cerasetti, la imboccate e trovate via dei Lombardi, alla fine della quale scovate la Chiesa di Viale Primo Maggio alla Borgata Fontana Sala (frazione di Marino), oppure, quando non ci sono big match, vi dirigete sulla Via dei Laghi, al Bar dei Laghi -, ma io sono riuscito a sbagliare tutto e a metterci due ore.
La loro pazienza, però, non mi ha privato della gioia di raccontargli il mio libro, di far capire quanto, da mesi, io stia cercando di dire a tutti i miei fratelli tifosi in giro per l'Italia come io abbia cercato di tradurre la nostra eccezionale normalità di amanti di Napoli e del Napoli in quelle poche pagine. Abbiamo passato una mezz'ora a ridere di giocatori passati e a ingannare la paura di un Napoli-Roma tanto fondamentale quanto difficile. Mezz'ora in cui ho capito che quel club, nato (anche) grazie al presidente Antonio Malavolta che dalla Rete ha reso questa realtà possibile con l'aiuto e i consigli di Gino Di Resta, era casa mia. Lo hanno compreso anche i miei genitori, coccolati e omaggiati di una delle meravigliose sciarpe che sono il vessillo di questo manipolo di coraggiosi che hanno il cuore forte e azzurro in terra nemica.
Il loro amore per la città partenopea, anche quello di figli e nipoti come me nati e cresciuti lontano dal golfo e dal Vesuvio, è il mio. Ed è potentissimo. Il loro orgoglio, la loro voglia di non essere solo un luogo di calcio, ma di solidarietà e cultura, mi ha reso fiero di essere subito stato adottato da questa splendida comunità. Hanno già organizzato un'iniziativa a favore del Gaslini di Genova - riuscendo a far autografare agli assi della nostra squadra una maglia da mettere all'asta per beneficenza -, molte ne faranno in futuro: non solo partite sulla pay-tv tutti insieme, quindi, o pullman per il San Paolo (a proposito, contattateli su Facebook, ce ne sarà uno il 23 marzo per Napoli-Fiorentina, una gita-trasferta che inizierà dalla mattina), ma un centro di napoletanità permanente, un luogo in cui tutti possono capire cosa vuol dire essere figli di una città unica. In un mondo come quello dei tifosi e dei club, in cui capita di trovare "chi fa del business e non lavora per passione o volontariato", come ha detto Antonio Malavolta ai microfoni di Manà MaNapoli sui 90.9FM, non chiedono neanche la tessera se decidi di partire con loro o vedere una partita. Neanche quel pezzo di carta necessario a spese imprescindibili per un'associazione che voglia esistere e crescere (quindi quei 25 euro annuali, una delle quote più basse d'Italia, tirateli fuori: ne vale la pena), perché quello che conta, per loro, è solo la fratellanza azzurra.
Ecco, ragazzi, perché è stato meraviglioso abbracciarvi tutti alla fine della partita. Perché mi sentivo in curva mentre sospiravamo e imprecavamo insieme, mentre applaudivamo i nostri ragazzi come se ci sentissero, mentre abbiamo cantato "devi vincere, devi vincere!" dopo il gol di José Callejòn. E mi perdonerete se su quel palchetto della sala di un oratorio, in cui ero seduto a soffrire, ho saltato e ballato subito dopo il colpo di testa del nostro numero 7, urlando come un pazzo. La mia felicità, lo so, era la vostra. La nostra. Siete straordinari e spero un giorno di raccontare, in un altro libro, quello che per ora è qui su ExtraNapoli: che patrimonio incredibile sia quello dei club, come il vostro. Mi avete emozionato, come raramente mi è successo, e partirò con voi per cercare di battere i viola in campionato. Vorrei essere anche al Bar dei Laghi a vivere con voi le partite di Europa League contro il Porto, ma non mi sarà possibile. Meglio per voi, almeno non dovrete sopportare le mie reazioni poco dignitose agli errori e alle prodezze dei nostri eroi.
Ma voglio passare presto sotto le vostre maglie, stese su un filo con l'orgoglio di chi arriva un'ora prima della partita per allestire una sala e renderla così la propria casa, la propria trincea. Per far capire che quello non è solo un luogo di ritrovo per tifosi, ma una piccola Napoli, un'enclave azzurra tra giallorossi e biancazzurri, un avamposto d'amore laddove, spesso, la nostra meravigliosa città viene insultata.
Siete i miei eroi, tutti, da Antonio Malavolta a Fabio Sorrentino, dal piccolo Emmanuele al già citato Gennaro. Come lo sono i Mitrione e tutti i loro compagni a Cambiano o Fiorentino Arpaia e i suoi ragazzi ad Arezzo.
Perché sapete che c'è? A tutti coloro che non vengono da voi e non vi conoscono, io dirò sempre... Che vi siete persi!