L'uomo che mise 3,5 in pagella a Maradona
di Nello Del Gatto
È in queste poche righe la cifra stilistica di Giuseppe Pacileo, decano dei giornalisti sportivi napoletani, l’uomo dalle cui parole o, meglio, numeri, dipendeva fino a qualche anno fa l’intera settimana calcistica per tifosi e addetti ai lavori del Napoli. Già, perché le pagelle di Giuseppe Pacileo sul Mattino non erano solo numeri, era Cassazione. Il suo stile ironico ma tranchant, che lo avvicinava a quell’altro maestro di giornalismo sportivo che è stato Gianni Brera, lasciava sulla carta del maggiore quotidiano del Sud l’inappellabile giudizio di quanto fatto dai calciatori d’azzurro vestiti la domenica. Inappellabile neanche dal più grande di tutti. Era il 14 gennaio del 1990. Quell’anno sulla panchina del Napoli sedeva Bigon e la squadra di Maradona gareggiava per vincere – cosa che avrebbe fatto – il secondo e (fino ad ora) ultimo scudetto della sua storia. Seconda giornata di ritorno, si gioca a Udine. Il Napoli è primo in classifica con 27 punti, a due dall’Inter e a tre da Milan, Samp e Roma. Gli azzurri sono in vetta dalla prima giornata di campionato, da 18 giornate. Il torneo è ripreso da una domenica dopo la sosta natalizia. In quella domenica, l’Inter ha in casa il Bologna, il Milan va in visita alla Lazio. Il Napoli a Udine scende in campo troppo sicuro, anche perché i friulani viaggiano a -15 dai partenopei e occupano la quart’ultima posizione in classifica. A quattro minuti dalla fine, l’Udinese raddoppia, mentre il Napoli resta a zero reti. Passano due minuti e per un atterramento in area di Zola, imbeccato in area da una punizione di Maradona, Pairetto decreta il rigore per il Napoli. Diego sulla palla, che viene calciata alla sinistra di un immobile Abate. Pairetto decreta due minuti di recupero e lì succedono cose che voi umani… Al 92’ Alemao lancia lungo per Maradona sulla sinistra che crossa in mezzo all’area dove, dall’alto del suo metro e 68 centimetri Zola batte di testa; Abate respinge corto e Corradini insacca per il 2-2 finale. Nonostante questo, a Pacileo non era piaciuta la prestazione di Maradona, effettivamente sonnacchiosa, per cui gli assegna 3,5 in pagella e scrive quel giudizio. La cosa scatena molte polemiche ovviamente, più per lesa maestà che per altro. Pacileo fu subissato di critiche, di richieste di interviste da molte parti, e spiegò che la sua era una valutazione matematica: partendo dal 2 di base, aveva aggiunto mezzo punto per la trasformazione del rigore e un punto per il passaggio. “Altro – racconta lo stesso Pacileo – per quasi tutta la partita il bravo Tiechìte non aveva prodotto, e questo mi era sembrato molto grave per un raro fuoriclasse, nonché capitano della squadra e idolo di una intera città”.
C’è da dire che la settimana prima della partita di Udine, l'Italia aveva giocato a Cagliari contro l'Argentina, che ovviamente schierava Maradona. Era finita 0-0 e la prestazione del Diego era stata valutata da Pacileo esattamente 3,5. “Quella volta però – ricorda il giornalista – non se ne era accorto quasi nessuno”. Maradona e Pacileo si incontrano negli studi di Canale 34, dove Pacileo è ospite fisso ma non sa che quella sera ci sarà anche Maradona. Il Pibe, vedendolo, gli si rivolge contro, accusandolo di scrivere fandonie. È lo stesso Pacileo che ha raccontato l’accaduto, anche per smentire che il Maradona gli abbia sferrato un malrovescio. “Inopinatamente e casualmente prima della trasmissione vi incontrai Maradona. Costui, con volto corrucciato, mi apostrofò chiedendomi conto e ragione: "Non me importa tanto del voto, ma che le racconto alle mie figlie se me domandano di che cosa me devo vergognare? Io non me devo vergognare de niente!" e, appallottolato il foglio incriminato del Mattino, me lo lanciò contro. "Senza colpire", come scriverebbe il giudice sportivo. La partecipazione del divo mi era stata accuratamente tenuta nascosta, per cui decisi di affibbiare all'emittente un anno di squalifica, e cominciando da quella sera scomparvi dai suoi schermi”.
Questo era Giuseppe Pacileo. Giornalista serio, uno che, dovendo seguire le olimpiadi o i campionati mondiali all’estero, studiava la lingua del posto (conosceva inglese, francese, tedesco e russo). Quando ho cominciato a lavorare al Mattino e giravo per i corridoi, speravo sempre di incontrarlo, cosa che purtroppo non mi è mai capitata. Il mio ricordo resta sulle pagine del lunedì e nelle ospitate in televisione. Gli ho sempre invidiato l’ironia, con la quale forbiva ogni suo pezzo o intervento in tv. Sentendo ora i tanti giornalisti che scimmiottano metafore o frasi ironiche commentando partite, mi sarebbe piaciuto leggere un giudizio di Pacileo a riguardo.