Retró-pagelle di Napoli-Juve: Henrique sembra Krol, quello che fece il terzino ai Mondiali

di Errico Novi
REINA – È un supereroe, non un essere normale. Mettere la palla così sui piedi dei compagni lanciati in contropiede è una cosa che non c’entra con il calcio ma con i fumetti della Marvel. DINO ZOFF
HENRIQUE – “Ma che r’è, ’o Bbrasil’?...”. Da ragazzini si diceva così, quando nelle partitelle venivano fuori cose da funamboli (che a ripensarci, certi compagni di allora in serie A ci sarebbero stati eccome). Ecco, quando ieri Henrique ha scambiato con Callejon e se l’è portata sul fondo per dare l’assist ad Hamsik, ci è venuta in mente quella frase lì, “ma che r’è, ’o Bbrasil’?...”, perché solo in Brasile i terzini destri fanno cose così. KROL (quello della Olanda del ’74, per essere precisi, in cui Rudy giocava più o meno da terzino: a riprova che quella squadra per il calcio europeo fu un’anomalia genetica)
FERNANDEZ – Qualcuno l’ha preso ch’era una zucca e l’ha trasformato in carrozza, di quelle regali, per giunta. Rafa Benitez come la Fata Smemorina. CRUZ
ALBIOL – Pochi hanno notato la difficoltà della giocata difensiva in area su Osvaldo, quella del primo tempo in cui Raul è sembrato esitare un attimo: sapeva che da un momento all’altro poteva arrivare il fischio maledetto, e anche se la palla ce l’aveva lì lui ha resistito, niente gamba, solo chiusura con il corpo. Una saggezza da veterano, che ricorda il BRUSCOLOTTI dei vecchi Napoli-Juve
GHOULAM – E lui invece quel tackle l’ha fatto. Beata (e incosciente) gioventù. MASSIMO FILARDI
INLER – Dopo il balletto rusticano con Pogba in cui ha sfoggiato movenze da danza tribale degli All Blacks, ha avuto un soprassalto di paura dell’uomo nero: “Io l’ho sfidato, quello potrebbe vendicarsi da un momento all’altro”. Una breve spirale freudiana, da cui si è subito ripreso. VINAZZANI
JORGINHO – Ha il coraggio di sbagliare, ci piace per questo. Ha anche un fisico da ex giocatore di tressette, su cui bisognerà lavorare assai per evitargli certi deficit da ipoventilazione nei finali di partita. ROSARIO RAMPANTI (tra i più raffinati del Napoli olandese di Vinicio)
CALLEJON – Ha segnato alla Juve in lieve fuorigioco. Basta questo a guadagnargli definitivamente il rango di Highlander. DI CANIO
HAMSIK – Ormai è uno di noi, lo capisci anche da come accoglie la sostituzione: con la grinta di un capo ultrà. BERTONI
INSIGNE – Sì certo, la penultima volta che il Verona conquistò la promozione in serie A, sulla panchina gialloblù c’era Prandelli, e al fischio finale della partita decisiva arrivò un capo della curva scaligera e gli mise in testa un cappellino delle Brigate. Lui se lo tenne tutto contento. E insomma dopo l’esultanza al Bentegodi, Lorenzo qualche rischio lo correva pure. Ma a questo punto, se non si portasse Insigne in Brasile, i Vecchi Lions sulla testa del cittì ci farebbero un tatuaggio, altro che cappellino. LAVEZZI
HIGUAIN – Pare sia spuntata un’intercettazione della lunga telefonata che si è fatto col Kun Aguero durante la partita, via bluetooth. Hanno pariato* come i pazzi. AGLIETTI
PANDEV – Ha bisogno di atmosfera: dategli la Juve, un contropiede e un pubblico come quello del 20 maggio 2012 e lui passa dallo stato di Rincon a quello di ERALDO PECCI
MERTENS – Alla scarpata in fronte di Chiellini ha reagito con lo stesso poetico stoicismo di Luis Fernandez (alias Pelè) in Fuga per la vittoria dopo il fallaccio del tedesco. BRUNO GIORDANO (e per quel che ci riguarda, il gol è degno di Leo Messi)
DZEMAILI – Come quelli che arrivano alle feste dopo che gli amici si sono fatti un cuore così per far ubriacare le ragazze. sv
* pariare = divertirsi con una punta di sfacciato sadismo