Il silenzio stampa? Perché il Napoli dovrebbe evitarlo
di Nello Del Gatto
Il Napoli è in silenzio stampa. Le attivita' di comunicazione esterna relative alle interviste pre e post partita verranno svolte solo in occasione delle gare Uefa. A differenza di quanto ipotizzato da fantasiose ricostruzioni, alla base di questa decisione, presa dalla Societa', non ci sono motivi "scaramantici".
Il Napoli è una società in crescita e prende le decisioni che ritiene piu' giuste per il bene della propria attività. Se un'azienda decide che la comunicazione esterna sotto forma di interviste non e', in un determinato momento, appropriata per gli obiettivi che si propone, non concede interviste. Questo senza avere il timore di "scontentare" i propri tifosi, interessati alle prestazioni e all'impegno dei giocatori in campo.
Questo è il comunicato che il Napoli ha diramato spiegando i motivi della decisione di adottare il silenzio stampa. Mi dà l’impressione che la cura sia peggiore del male. Una cosiddetta “pezza a colori” o, se volete, con questa si sente il rumore delle unghie sul vetro. Il non parlare con i giornalisti, è un errore. Sempre. Decidere poi di non farlo solo con quelli italiani, è ancora peggio. Certo, il Napoli è obbligato da contratto a parlare in Europa, pena il pagamento di una multa. Allora mi chiedo: il problema sono i giornalisti italiani? Perché se la decisione non nasce da una questione scaramantica (lo speravo, a dire il vero) allora significa che c’è qualcosa contro i cronisti italici. O che non si vogliono cacciare soldi per pagare le multe europee. Se quello che scrive il Napoli fosse vero, non dovrebbe parlare con nessuno. Mantenere il punto e pagare anche le multe in Europa. Quindi ci dicano: vogliono apparire spilorci o antidemocratici? Chi rifiuta critiche e confronto, al pari di chi urla o usa violenza, ha sempre torto. Certo, non tutti i colleghi della stampa italiana sono stati teneri con il Napoli. Ma forse dipende anche dalla società, che spesso ha avuto atteggiamenti di opposizione, di rottura. La critica è un’altra cosa, è civiltà e strumento di crescita. Non si può privare il tifoso dei commenti dei propri beniamini. Non è giusto per coloro che comprano i giornali, leggono siti o pagano abbonamenti tv. Che significa “senza avere il timore di "scontentare" i propri tifosi, interessati alle prestazioni e all'impegno dei giocatori in campo.”? Certo che si scontentano (quel verbo tra apici è davvero una chicca) i tifosi. Ma anche quelli che tifosi non sono. Un “no comment” basterebbe, è una risposta e comunque dà un segno. Non rispondere, rifiutarsi di incontrare alcuno e, magari, limitarsi a inviare comunicati stampa o editti tramite twitter, mi sa di MinCulPop. Napoli città non è questa. E’ la città dell’accoglienza, del confronto, della signora che non conosci e che incontri sull’autobus e ti racconta la sua vita, parlando di politica e religione. Perché dobbiamo stravolgere il nostro essere? Oggi nell’epoca della comunicazione a tutti i costi, rifiutarsi di comunicare non è una posizione, è una fesseria. Se si ritiene che si è ingiustamente attaccati, ci si difende. Chi scappa, lo fa perché non ha le capacità e/o le armi per difendersi. Forse De Laurentiis si troverebbe più a suo agio nel campionato Nord Coreano. Lì non c’è problema con la stampa. Oppure, il presidente del Napoli si sta convertendo al romitaggio. Ritiro e silenzio, mi sa di vita in certosa, o dai trappisti (ricordati fratello che devi morire) o di benedettini camaldolensi. Suvvia, De Laurentiis, sia superiore. Decida chi a nome della squadra/società può parlare con i giornalisti e lasci solo a lui la possibilità di farlo. Non fanno così in America? E lei che ha da sempre a che fare con gli Usa, possibile che non abbia assunto quest’atteggiamento? La comunicazione è biredizionale e deve coinvolgere diversi soggetti. Altrimenti non comunica, ordina. E noi di coloro che vogliono decidere e ordinare per tutti, non ne abbiamo bisogno.
Ps.: A proposito: un mio amico sta raccogliendo palloni da calcio da inviare in Corea del Nord per un progetto benefico. C’è qualcuno che vuole partecipare?