Dall’illusione alla delusione, niente di nuovo qui a Napoli
di Francesco Bruno
Ormai ci siamo abituati, va sempre a finire così. Negli ultimi quattro anni abbiamo dapprima assistito allo scudetto sottratto ingiustamente e mollato “in albergo”, poi all’ammutinamento con esonero dell'allenatore più vincente d'Europa (da noi sbeffeggiato e liquidato come pensionato), ancora al black out improvviso sul filo di lana a favore degli odiati rivali non colorati, infine al rovinoso harakiri di domenica scorsa. Per non parlare, tornando indietro nei miei ricordi di ragazzo, dell’autogol di Ferrario e della resa al San Paolo contro il Milan di Sacchi. I campionati del Napoli sono un film già visto con un finale conosciuto. Speriamo ogni volta possa cambiare, ma ineluttabilmente restiamo sempre delusi e disorientati.
Anche quest’anno è andata così. Per un campionato stiamo stati in corsa per lo scudetto, in dieci minuti siamo sprofondati in una crisi di proporzioni epiche, il tutto tra l’altro gestito all’eccesso, quando invece un profilo basso sarebbe auspicabile. Riepiloghiamo rapidamente. Innanzitutto il ritiro annunciato due volte, con due comunicati a breve distanza tra di loro, prima deciso dalla società, poi scaricato sull’allenatore. Poi il comunicato sugli incontri serali a cena per parlare di criticità, problemi e incomprensioni, una sorta di cene psicoterapeutiche tipo alcolisti anonimi, del cui annuncio francamente ancora ci stiamo sbellicando dalle risate. Infine il colpo di scena dell’istrione De Laurentiis, che si fionda a Napoli direttamente da Ischia dopo aver assistito alla débâcle azzurra, per parlare con Spalletti, i calciatori, fare lo psicologo e per trovare anche il modo di fare un salto a casa di Mertens, neopapà in attesa di rinnovo contrattuale. Tutto decisamente sopra le righe, insomma, come sempre. E, d’altra parte, chi si è mai dimenticato il tragicomico comunicato letto da Garella dopo aver perso clamorosamente il secondo scudetto dell’era maradoniana? Sembra quasi che il Napoli ci provi gusto a trovarsi al centro dell’attenzione, quando invece il valore di una società sta nel non enfatizzare (almeno all’esterno) i momenti di criticità, nel gestirli dando nell’occhio il meno possibile. Vi vengono in mente situazioni del genere in casa Juve, Inter o Milan? A me no, sinceramente. Il Napoli, invece, ha la capacità di trasformare un bicchiere d’acqua in una tempesta in cui possano rimestare i soloni del Nord, che non vedono l’ora di poter cacciare questi indesiderati napoletani fuori dal banchetto dei vincitori.
In mezzo ci siamo noi, da sempre, tifosi di un club spesso ai vertici, spesso in Europa e con qualche trofeo, nazionale ed internazionale, vinto. Un club, il nostro, che è quello italiano piu’ virtuoso e costante degli ultimi tredici anni, pero’ incapace di compiere l’ultimo passo in avanti verso la vittoria. Ma è arrivato il momento che il Napoli si prenda la responsabilità delle continue delusioni vissute costantemente dalla tifoseria partenopea. Che capisca che si sta raffreddando chiaramente la straordinaria passione azzurra, e che non è un caso che il Maradona, ai tempi del San Paolo autentica bolgia, stia ora sempre più diventando un teatro compassato e distaccato. Secondo i sondaggi realizzati negli anni scorsi da istituti demoscopici come StageUp e Ipsos, il Napoli (quarta tifoseria d’Italia) è stato il club che ha guadagnato più tifosi in Italia dal 2011 al 2016, ma nell’ultima rilevazione del 2021 ha registrato un allargamento del divario tra il suo numero di tifosi e quello di Juventus, Inter e Milan, di nuovo in crescita. Ancelotti qualche giorno fa, ricordando con affetto la sua esperienza napoletana, sosteneva che il Napoli non è un top club europeo, ma una società destinata ad occupare stabilmente uno dei primi quattro posti in classifica. Ha ragione, ce lo insegna la nostra storia. Sia questo, pero’, l’ultimo anno in cui le nostre speranze sono prima illuse e poi sistematicamente tradite.