La vera partita di questo fine campionato? E' Napoli-Sky
di Boris Sollazzo
La battaglia con e su Sky non è di poco conto. Parliamo di Conte e Marotta, di Champions League, di inni. E non ci rendiamo conto che in questo calcio le partite più importanti, forse, si giocano fuori dagli stadi. Perché qui parliamo di una tv che non ha un ruolo (solo) passivo, di specchio del movimento calcistico, ma che ne è elemento fondamentale e ormai fondante. Sky con i suoi milioni di euro permette gran parte degli investimenti del calcio nostrano, sempre meno basato sugli incassi degli stadi; Sky decide, con le sue prove tv, di far squalificare o graziare dei giocatori (penso, anni fa, al linciaggio di Lavezzi, o a poche settimane fa, a quello di Daniele De Rossi, entrambi puniti esemplarmente per l’ossessiva reiterazione delle immagini che ne ritraevano le gesta); Sky indirizza il giudizio complessivo sull’operato dei dirigenti e dei calciatori; Sky, infine, con la frammentazione del campionato non di rado in tre giorni (e sei tranche), ha cambiato il volto di questo sport e spesso anche l’andamento regolare delle stagioni.
Non si può, dunque, sottovalutarne ruolo e influenza sul futuro partenopeo.
E, soprattutto, non si può sussurrare nelle orecchie di chi non ti ascolta. Già, perché le lamentele e le frecciate che utenti-tifosi e società hanno lanciato a Murdoch e soci, sono caduti nel nulla. A niente son valsi social, interviste sapide, le righe profuse da siti più o meno influenti. Sky ha ignorato bellamente qualsiasi malcontento.
E allora, francamente, bisogna urlare e rovesciare il tavolo. Aurelio De Laurentiis sa chi ha di fronte, sa quanto conta quella realtà per vincere e guadagnare. Persino per contare di più nel Palazzo. Forse ha lui stesso sottovalutato il vento che è cambiato: in serie C e B, era in poppa. Sky si ritrovava diritti televisivi di serie minori divenuti miniere d’oro per la presenza degli azzurri, di contro per quest’ultimi l’investimento televisivo era linfa vitale. Poi Aurelio ha fatto la spesa proprio negli uffici della tv a pagamento – vedi il validissimo Nicola Lombardo – e forse questo più che creare un ponte tra le due realtà, ha incrinato qualcosa. Anche se in tutte le indagini, alla fine, vanno seguiti i soldi. E in un mercato televisivo pay statico come quello degli ultimissimi anni, il Napoli potrebbe essere divenuto l’ago della bilancia di una lotta a due senza esclusione di colpi.
La filo settentrionale Sky, infatti, potrebbe aver perso molto in uno dei suoi bacini d’utenza più importanti (la Campania è sempre stata tra le prime cinque regioni, come suo bacino d’utenza: 11 mesi fa toccò 354.000 abbonati con più di un milione di spettatori, con Napoli, ovvio, a far da traino). Si pensi , infatti, ai dati diffusi dall’anchorman Pierluigi Pardo su Twitter a proposito di Psg-Chelsea. Un match di grande presa per i napoletani: Cavani e Lavezzi in campo contro il Chelsea che eliminò il Napoli due anni fa. Bene, Rete 4 ha fatto il pieno, oltre le proprie medie (2.529.000), le due pay-tv sono arrivate quasi pari (357.000 circa Sky a 305.000 circa Mediaset). Una proporzione pericolosa, in tempi grami in cui è un successo rimanere fermi e non perdere quota, in cui per la tv di Murdoch era scontato pensare di arrivare a 5 milioni di abbonati solo pochi trimestri fa. Cosa, ora, divenuta utopia. E anche il biscione, dopo la salita fino al 2011, si è stabilizzato nell’universo pay, pur avanzando nei ricavi. Il punto è che le due realtà sono vicine nel numero di tessere, ma ancora con una proporzione di uno a due negli abbonamenti. Proporzione che, come, evidenzia il dato appena citato della Champions League, sembra vacillare. Visto che poi, Rete 4, avrebbe dovuto penalizzare la pay di casa, non certo Sky.
In questo periodo di crisi, una realtà come Napoli che cambia la propria tendenza d’acquisto potrebbe essere un terremoto. Ora che contano anche poche migliaia di abbonati per capovolgere un trend, la guerra Napoli-Sky potrebbe essere decisiva.
Nonostante un Auriemma mai tenero con Rafa Benitez ma alla fine marginale (senza sottovalutare le telecronache tifose o le sue partecipazioni a Tiki Taka, che comunque fanno presa sulla realtà del tifo, fidelizzando) e comunque apparentemente vicino, gradito o per lo meno ben sopportato dalla società come dimostra la sua trasmissione su +N, eletta a casa catodica dei partenopei, l’impressione è che non sia un caso che Mediaset Premium si sia molto intenerita con il Napoli. Sacchi tuba con l’iberico, da sempre dichiaratosi suo allievo, mentre prima con Mazzarri ogni dopo partita era una battaglia, tanto per dire. E anche le domande più appuntite vengono poste con una conflittualità minore. E nel frattempo, sui social, non sono in pochi a dire che dopo un abbonamento decennale a Sky, sono pronti a disdire. E a passare dall’altra parte, anche per il risparmio, visto che si paga quasi la metà. Certo, dalle parti di Cologno le partite si vedono (molto) peggio – le risorse tecniche sono decisamente meno, le regie più distratte -, ma i commenti almeno non fanno venire l’acidità di stomaco. A volte, è vero, arrivano le gaffe – Piccinini e i topi -, ma sembrano più riflessi pavloviani che figli di una strategia antinapoletana che, francamente, recentemente ha coinvolto anche la Rai, che da Gnocchi alla DS a Cerqueti in Coppa Italia, è sempre più imbarazzante, quasi da discriminazione territoriale. Pardon, scusate la battuta, il livello del famoso Gene ci ha influenzato.
In tutto questo, Aurelio De Laurentiis conosce bene la forza della sua impresa (finanziaria e calcistica) e delle sue imprese (sportive e dialettiche). Lo ha dimostrato persino con quelle amichevoli estive pagate care. Dai tifosi. E probabilmente ha deciso di far partire un braccio di ferro, anche pensando di sposare un futuro che spera luminoso con chi avrà, nel triennio 2015-2018, la Champions League in esclusiva.
E dove non è arrivato con le buone, con i suoi dirigenti, passati e presenti più composti e delicati, ora ci prova con le cattive. E anche una battutaccia come quella contro Ilaria D’Amico può servire a farsi rispettare.
E forse, per una volta, anche noi tifosi torniamo determinanti. Perché in questa battaglia in punta di telecamera, sono i nostri soldi e le nostre scelte che decideranno vincitori e vinti. E pur continuando a preferire, come amante dei miei colori, un coro dentro lo stadio per sostenere i miei ragazzi, non trascuriamo questo nostro ruolo. Anche perché si sa che, tra i due litiganti, magari è il terzo che gode.