il calcio visto da gunter grass
“Nel calcio le emozioni volano alto. Oltre a tutto quanto può offrire, come spettacolo ottico ed estetico, questo sport ha una funzione collaterale. Il calcio è anche una valvola di sfogo: gli istinti aggressivi che la società non sfoga altrove vengono scaricati con le partite. Ma non sopravvalutiamo questo ruolo: gli istinti aggressivi in questo modo non vengono solo sfogati ma anche stimolati.”
Con queste parole il premio Nobel per la letteratura, Gunter Grass, in una intervista alla vigilia dei mondiali di calcio in Germania del 2006, spiegava il suo amore per il calcio. Chi lo avrebbe mai detto che il freddo Grass avesse una passione così accesa? Leggendo i suoi libri non emerge questa passione. Cosa che invece emerge in questa intervista che il premio Nobel scomparso oggi, rilasciò il 7 giugno del 2006 al Luebecker Nachrichten, riproposta in Italia da La Repubblica.
E Günter Grass si scopre tifoso: "Amo l’emozione del calcio"
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Signor Grass, secondo lei chi vincerà ai Mondiali? Il Brasile, credo. Ma non mi preoccupa la questione su chi vincerà. E trovo ridicole le settimane di mugugni sulla Nazionale tedesca. Il ct Klinsmann adesso ha finalmente un po’ di buona stampa, ma per mesi è stato sotto il tiro di critiche e attacchi spietati. Lei come giudica il suo lavoro? Il ct ha avuto il coraggio di scegliere giovani calciatori con poche esperienze internazionali. Ed era proprio il momento giusto per una simile scelta. Lei quante speranze nutre sulle chances della nazionale tedesca? Non sarebbe una sciagura, e meno che mai una sciagura nazionale, se dovessero non farcela ad andare molto avanti. Già se supereranno il primo girone, e forse anche il secondo e il terzo, sarà un motivo per essere felici. Ma non le sembra che una sconfitta sarebbe accolta come disastro nazionale? Credo che questo umore faccia parte del trend di mugugno su tutto, un trend così diffuso da noi in ogni campo. Ormai sembra che noi in Germania siamo diventati incapaci di gioire o felicitarci di qualsiasi cosa. Pochi mesi fa, alle Olimpiadi d’Inverno a Torino i tedeschi hanno vinto la maggior parte delle medaglie. Poi alle Paralimpiadi sono andati benissimo. Ma sembra che agli occhi del pubblico tutto questo non conti. Per mesi si sono sentite solo lamentele su Klinsmann, come era stato nel passato recente per il suo predecessore come ct, Rudi Voeller. Le dispiace per Klinsmann? Come fa un ct, come ha fatto lui a lavorare in pace, con un simile fardello? Ammiro una persona che finora ce l’ha fatta. Conosco la situazione che Klinsmann ha affrontato per esperienza personale con il mio lavoro. Anche a me capita spesso di essere sotto il fuoco incrociato delle critiche a causa delle mie posizioni, e so quanto è dura affrontare simili situazioni. Ma dal 1954 a oggi l’abitudine delle critiche al ct non è certo nuova… Nel calcio le emozioni volano alto. Oltre a tutto quanto può offrire, come spettacolo ottico ed estetico, questo sport ha una funzione collaterale. Il calcio è anche una valvola di sfogo: gli istinti aggressivi che la società non sfoga altrove vengono scaricati con le partite. Ma non sopravvalutiamo questo ruolo: gli istinti aggressivi in questo modo non vengono solo sfogati ma anche stimolati. Il calcio è ancora un vero sport popolare? Io trovo repellente la commercializzazione. Nelle serie A e B della Bundesliga non c’è più una concorrenza leale, e alla lunga ciò rende il campionato noioso. Tanto più ci si rallegra quando una squadra come il Mainz 05 gioca bene grazie a un buon ct e a bravi giocatori. Ma alla lunga non ce la fanno contro i big. È vero che anche la squadra FC St. Pauli di Amburgo è tra le sue favorite? Non ho nulla, ad esempio, contro la squadra di Brema, ma non mi sono piaciute le loro lamentele dopo che il St.Pauli li ha battuti. Torniamo ai Mondiali. Sembra che la Fifa e il suo numero uno, Sepp Blatter, controllino tutto in questo Mondiale come non è mai accaduto prima. Le piace o no? È la viltà dei responsabili, e non perdono a Beckenbauer di lasciarsi imporre una situazione del genere dalla Fifa. Questo modo di agire ha come conseguenza che il calcio non è più un vero sport popolare, ma diventa solo un grande business. Lei ha mai giocato a calcio? No, mai in un club calcistico. Da ragazzo ho giocato piuttosto pallamano. Ed ero molto bravo. E come ha scoperto poi la sua passione per il calcio? Grazie a Bruno, il più giovane dei miei figli. Ha cominciato ad appena sei anni a giocare in un club. Ricordo ancora quando andai ad assistere a una loro partita, a Berlino. Poi ci trasferimmo a Wewelsfleth, e Bruno mi convinse a giocare con la squadra locale degli anziani contro l’undici degli operai dei cantieri. Naturalmente ero l’ala sinistra, e dopo la partita le ginocchia mi fecero tremendamente male per giorni. Ma riuscii ad assestare un paio di calci giusti. Va ancora allo stadio? Di recente ho visto la partita del St.Pauli contro il Bayern. Mi sono simpatici i tifosi del St.Pauli. Quando, anni fa, la squadra affrontò gravi difficoltà finanziarie, accettai di leggere mie opere per il pubblico allo stadio di Millerntor. Vennero duemila persone, io lessi i brani di Mein Jahrhundert dedicati al calcio. Si creò una bella atmosfera, del tutto particolare, mi divertii molto, mi piacque. (Copyright Luebecker Nachrichten-La Repubblica) |