Quella dolce notte francese con Ferlaino che litigò per difendere gli ultrà

AMARCORD. Bordeaux-Napoli, 23 novembre ’88: l’Ingegnere si accapiglia con i dirigenti girondini per consentire a 200 tifosi partenopei di assistere alla partita. Che finisce 1-0 per noi
  • Maradona e Careca stanno per battere il calcio d’inizio di Bordeaux-Napoli, andata degli ottavi di Coppa Uefa 88/89
  • di Errico Novi

    Dolce Francia. Lo è stata, certo che lo è stata. Una notte in particolare, lontana ormai venticinque anni. Non era Marsiglia, si giocava a Bordeaux. E bastò un gol di Carnevale a proiettarci verso il sogno del primo, vero trionfo europeo della nostra storia.

    E sì, perché prima di quell’indimenticabile Coppa Uefa 88/89, vinta nella doppia finale con lo Stoccarda, il Napoli annoverava nel suo piccolo palmares un paio di successi internazionali così invisibili da fare tenerezza: una Coppa delle Alpi e una Coppa di Lega italo-inglese. Tornei minimi, anzi nel secondo caso un semplice doppio confronto con il Southampton. Poi arrivò anche quella memorabile affermazione europea, che sancì definitivamente la grandezza del Napoli di Diego.

    La tappa francese fu importante. Fino a quel match il nostro cammino in Coppa era stato brillante ma non particolarmente impervio: eravamo riusciti a far fuori nell’ordine Paok Salonicco e Lokomotiv Lipsia, squadra tedesca ancora confinata politicamente e calcisticamente nell’agonizzante Germania Est. Il Bordeaux era avversario decisamente più temibile, arricchito dai nazionali Tigana, Stopyra e dall’italo-belga Vincenzo Scifo. Ma quella notte di gloria vissuta oltralpe passò agli annali anche come una delle rarissime occasioni in cui Corrado Ferlaino si espose pubblicamente in difesa della tifoseria azzurra. Come potrete ricordare (o scoprire, per chi non se lo ricorda affatto) grazie al video postato sotto a questo articolo, l’allora presidente del Napoli ebbe un durissimo confronto con il direttore del club francese, lite documentata dalle telecamere della Rai: «L’atteggiamento di quel signore lì è provocatorio». Il Bordeaux era rifiutato di far entrare allo stadio i tifosi del Napoli. Ne erano arrivati 200 in più del previsto, ma per i girondini non c’era alcun obbligo di riservare ai sostenitori avversari una parte dei posti allo stadio. Ferlaino fu così veemente nella sua protesta da ottenere ragione. E così, al gol di Carnevale, le stesse immagini televisive che trovate qui sotto lasciano intravedere l’esultanza dei partenopei appostati proprio dietro quella porta.

    L’episodio è utile anche a ricordare il rapporto molto controverso intercorso tra l’Ingegnere e il tifo organizzato. A Napoli, si sa, ogni capo aveva la sua claque. Quella di Lauro era sterminata. Ma si rivelò influente anche quella dei suoi avversari: tanto che la quasi leggendaria invasione di campo alla fine di Napoli-Modena del 1962 pare fosse stata orchestrata dagli avversari politici del Comandante per danneggiarlo alle elezioni. Ferlaino fu abile, lo fu per tutta la sua lunghissima storia di patron azzurro, nel gestire il connubio tra Calcio Napoli e gruppi del tifo organizzato. Crescenzio Chiummariello, per molti anni a capo della principale associazione dei Napoli club, era un suo fedelissimo, Ma gli stessi ultrà, sia il Cucb di Gennaro Montuori che i Blue Lions capeggiati da Tony Faiella, intrattenevano con  lui un intenso andirivieni di alleanze e feroci contestazioni. Valga per tutti un episodio surreale risalente all’estate del 1983, all’epoca di quel Napoli un po’ in bilico tra recenti sogni di gloria e l’incubo della B. Gli ultrà, di entrambe le curve,  irruppero a Soccavo per attaccare Ferlaino, che non si era ancora deciso ad assegnare loro la consueta quota di passi gratuiti. Ma invece di metterla sul personale si limitarono a gridare “Forza Juve!”. Erano in cinquecento. Quel baccano fece impressione anche per l’ironia paradossale della minaccia. Ferlaino era troppo intelligente per impuntarsi, e diede agli ultrà quanto richiesto.

    Altri tempi. Oggi giustamente il rapporto diretto tra società e tifo organizzato non esiste. Come è naturale che sia. Chi tifa per un club non può esserne organico. Deve preservare la libertà di incazzarsi. Sarebbe altrimenti come quelli che si fidanzano in casa, e non sono più liberi di mandarsi a quel paese almeno una volta ogni tanto. Ma è pur vero che persino quella vicinanza un po’ incestuosa conosciuta negli anni d’oro di Diego divenne parte di quella specie di meraviglioso incantesimo grazie al quale la nostra fino ad allora piccola bacheca si arricchì di alcune gemme preziose, ancora cuastodite gelosamente nel cuore di tutti noi.

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