Dieci momenti indimenticabili di un assurdo Napoli-Porto

Se sei un tifoso del Napoli, vinci comunque. E non baratterei nessuna vittoria con la nostra fede
  • di Boris Sollazzo

    Questa volta non ho molta voglia di ridere e scherzare. La delusione per la mancata qualificazione ai quarti di Europa League è tanta. Ma anche l’orgoglio, oggi di un azzurro più splendente del solito.
    E allora vi confesso i dieci momenti indimenticabili di una sconfitta ingiusta, assurda, maledetta.

    1. Scendere da Roma con altri due malati come me e discutere di (e litigare su) De Laurentiis, Bigon, ultras. E scoprire che la nostra fede azzurra ci ha reso subito vicini, sodali, amici. Senza conoscerci prima. Arturo, Ale e Vincenzo (il tifoso invisibile, ma solo al ritorno!) è stato un onore combattere con voi.

    2. I Malati Azzurri. Al Gazebo. Accogliermi come un fratello prima della partita, consolarmi dopo. Con la dolcezza e i sorrisi che ti fanno già pensare al campionato, gente che ti toglie i paccheri dalla faccia con un abbraccio. Capirsi con uno sguardo, anche qui uniti dal Napoli e ora cresciuti come una grande, bizzarra, irresistibile famiglia.

    3. Prendere l’autostrada e trovare su whatsapp Domenico che aggiorna Tania e Dario a Barcellona. Sapere Alessandro ed Errico a casa mia, perché i magnifici sette sono nati e cresciuti là, sul divano rosso. Ed essere uniti anche stando lontani centinaia o migliaia di chilometri. Anche questo, Napoli mio, è merito tuo. E sarò con loro allo stadio nella finale di Coppa Italia, lo so. Anche se sarò in Messico. Ragazzi miei, fatemi contagiare Cancùn d’amore azzurro.

    4. La coreografia della curva A. Semplice, di quelle che riempiono gli occhi e il cuore. Nessuna rivendicazione, nessuna rabbia, nessuna battaglia autoreferenziale. Solo tifo, festa, colori, canti, speranza.

    5. L’applauso finale ai ragazzi. Lungo, scrosciante, fragoroso, ad asciugare le lacrime di Lorenzo e a consolare Higuain. Che ci ha guardato come chi, per una volta, è caduto. Ma ci ha anche detto, con quello sguardo, che ora si rialzerà e ci prenderà sulle spalle. E che per una volta che lui le sbaglia tutte ma azzecca gli assist, diamine, potrebbero pure pensarci gli altri a cavar le castagne dal fuoco.

    6. Callejón. Entra quando molti tifosi escono. Tre gol in dieci minuti servirebbero, un’impresa impossibile. Da come si muove sembra sicuro di poterli fare lui. Finché invece di crossare la tira addosso a Zapata, perché solo così può farlo segnare.

    7. Gokhan Inler. Ora l’ho visto il Re Leone. Anche quando sei venuto a salutarci lo hai fatto con la grinta che hai messo in campo. Ricordatela questa sconfitta, perché è contro il Porto e in questa eliminazione che potresti esserti preso Napoli.

    8. Henrique. Quando stava segnando nell’angolo sotto il mio settore di curva stavo per avere un infarto. Scusami Adrian, scusami ora e dopo questa partita scusami ancora. Non ti avevo capito. Oddio, neanche tutti i tuoi allenatori, se è vero che hai scoperto solo ora di essere un laterale destro, dopo dieci anni di professionismo. Ieri correvi, facevi passaggi filtranti, ti inserivi. Pare che Reveillere, negli spogliatoi, ti abbia abbracciato in lacrime. E poi sia finalmente tornato nell’ospizio da cui era fuggito. Anche perché, pur esodato, pare abbia scoperto di aver diritto alla pensione minima.

    9. Gonzalo Higuain. Abbiamo assistito a due partite storiche: mai il Pipita aveva sbagliato tanto in carriera. E dobbiamo esserne felici: ha esaurito il bonus e per il resto della sua permanenza a Napoli non potrà più ripetere questo catalogo di occasioni bruciate con rocambolesco talento.

    10. Segnatevi il nome del portiere del Porto. Come avete fatto, spero, con quello di Farelli. Mi chiedete chi sia? Il terzo portiere del Siena che nella semifinale di Coppa Italia del 2012 si travestì da Buffon, parando qualsiasi cosa. Ci salvò un autogol. Ieri neanche quello.
    In fondo essere del Napoli è anche vedere il semiesordiente Del Fabro mettere la museruola a Higuain o guardare la trasformazione in Jascin di portieri il cui problema maggiore, fino ad allora, era comprare dei cuscini comodi per sedere in panchina o in tribuna.
    Ma va bene anche così: la nostra eroica sfiga rende il nostro amore per te più romantico, Napoli mio.

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