Povero Pepe, che pena mi fai
di Boris Sollazzo
Avanti il prossimo, gli lascio il posto mio.
Un anno d'amore. Potente, entusiasmante, simbiotico. E poi arriva quello con i soldi e mi lasci, sali sul suo macchinone tedesco. E te ne vai.
Mi dichiaro subito: saró oggi e per sempre una vedova di Pepe Reina. Mi è bastata una settimana per capire che quella faccia da schiaffi m'avrebbe conquistato. Quella tra Napoli-Bologna e Chievo-Napoli: al San Paolo fece poco, ma giocó al fianco di Raul Albiol come difensore aggiunto. E noi, un libero cosí, con tanta visione di gioco e lanci che diventano assist, mai lo avevamo avuto. A Verona ci mostró quel lato imprevedibile e sbarazzino, incline a errori infantili (vedi Udine, Atalanta, Swansea) come a imprese straordinarie. Lo amai in entrambe le partite, forse persino di piú nella seconda. Perché tutti noi stavamo dando la colpa a Maggio, già conquistati da quella testa lucida - in tutti i sensi -, e lui invece prendeva su di sé i rimproveri. Tutti: lo avrebbe rifatto nei sedicesimi di Europa League, nella partita di ritorno; nella semifinale d'andata di Coppa Italia; a Bergamo, in campionato. "Ho sbagliato io". Lui fa cosí: quelle sue spalle larghe le conosce, sa che possono tener su qualsiasi peso. Quelle fragili dei compagni non potevano reggere quelle responsabilità e lui se le teneva. Peraltro noi, a lui, non gli avremmo detto nulla, mentre a Fernandez, Britos, Cannavaro, finanche a Raul li avremmo crocifissi. Dopo Bergamo, per dire, in cui ne fece piú di Carlo in Francia, facemmo finta di niente. Come si fa con quella ragazza meravigliosa che hai sempre sognato e di cui ti rifiuti di vedere gli errori. Una tenerezza infinita, acuita dal suo viso cupo.
E poi le esultanze, la carica di grinta in ogni azione, il modo in cui uscendo dai pali spesso prevedeva anche gli errori dei compagni e in cui lanciando sopperiva alle mancanze di Inler e soci. La Coppa Italia. Napoli-Roma. Il rigore di Balotelli. Non ti liberi dei baci della donna che hai amato e ti ha lasciato da un momento all'altro. Anche se ti ha avvertito che senza una casa piú grande o piú soldi per lo shopping lei non avrebbe accettato di rimanerti al fianco. Lei ha già trovato un altro, tu no. Lei lascia un vuoto enorme, tu forse per lei lo sei sempre stato. Un vuoto. A perdere. O, al massimo, a rendere.
Ma io, Pepe, ti amo cosí tanto - e mi sia scusata la retorica sentimentale - che mi basta saperti felice. Anche con un altro. Ecco, senza l'azzurro (anzi, il rosso), magari ti speravo blaugrana, realizzando il tuo sogno. O all'Atletico Madrid: con Diego Simeone vi sareste intesi alla grande. O a far ricredere Rodgers al Liverpool scalzando Mignolet, per prenderti una rivincita personale. Sarebbero state scelte all'altezza del tuo carisma e della tua anima gagliarda. Delle parole che usavi, dei gesti che facevi.
E tu, invece, vai al Bayern Monaco. Certo, prenderai gli stessi soldi che nessuno voleva darti, neanche i Reds che quel contratto te lo avevano fatto firmare. Ma davvero sarai felice? Non credo. É vero, all'Allianz le panchine sono larghe. Ma non abbastanza per correre ed esultare con un calcio volante. É vero, gli spogliatoi sono comodi e il corridoio per il campo è lungo, ma non abbastanza per i tuoi tuffi e i tuoi lanci. É vero, vincerai tanto. Con Pep Guardiola, poi. Ma lo farai, come dice Francesco Albanese, con la tua divisa di gioco pulita e stirata, senza macchie né sudore.
Tu, Pepe, sei un gladiatore. Ma hai fatto una scelta da Chimenti. Pure lui non aveva i capelli. Vai a fare il secondo al numero uno piú forte del mondo. Ha quattro anni meno di te e negli ultimi cinque ha sempre giocato piú di te. E mai meno di cinquanta match all'anno. Tu, invece, ti fai male non di rado, per quel fisico esplosivo e reattivo a cui paghi un dazio inevitabile. E, mi duole dirlo, sei meno forte.
Ecco perché, mio caro Reina, mi sforzeró di dimenticarti. Perché forse ho avuto un abbaglio. Sei un giocatore normale: cazzuto, ma come ne ho già visti.
Sai, prima di te mi aveva lasciato Morgan De Sanctis. Un grande, un uomo spogliatoio, un cuore azzurro. Non lo dico per quella pagina sul giornale, una "paraculata" ben pensata. Neanche per il gol che ci ha regalato in Coppa Italia. Bei gesti, per carità. Ma io continuo ad amarlo per altri motivi, ora, nonostante sia andato alla Roma. Alla Roma, capisci? Nella squadra della città in cui sono nato e che per il mio tifo napoletano mi ha sempre deriso e discriminato. In teoria, avrebbe dovuto farmi l'affronto piú grande. si è messo con il mio peggior nemico. Invece no: lui è andato via per giocare, perché non poteva fare il leone in gabbia. Per quanto dorata potesse essere: lui per essere titolare, combattere ancora, ha lasciato al nostro presidente, che con te come con lui forse è stato troppo parsimonioso, ben mezzo milione di euro. Tu li hai voluti tutti, invece, e hai scelto la Germania. Per dire, Policano e Lucarelli erano d'un'altra pasta.
E allora, Pepe, insegna ai tedeschi ad esultare. Perché temo che il calcio giocato non sarà piú cosa per te. Se vuoi, per sapere come si fa a resistere a un ritiro anticipato ma non annunciato, posso darti il numero di Nando De Napoli. Se ne andó dal San Paolo per avere soldi e vittorie. Al Milan. Lo ricordano, lí, solo per l'esultanza a fine campionato. Con la magnum di Champagne, solo cosí riusciva a entrare in campo il Rambo divenuto strisciato.
Mi mancheranno i tuoi tweet, persino: con cui sfottevi la Roma o dicevi, del tuo primo e unico trofeo con noi, "grande vittoria di una squadra con le palle enormi". Ti rimarranno quelle, temo, perché i palloni difficile che li vedrai, se non in allenamento.
Auf Wiedersehen Herr Reina. Io mi godró Rafael, uno che è rimasto in campo con la gamba devastata in Galles. Ciao, professionista.