Amarcord del secondo scudetto

Altri ricordi di quel giorno memorabile del 1990 firmati da quattro extrablogger.
  • @Rob_inho_

    Il secondo scudetto lo associo immediatamente a un nome, Victor Hugo Sotomayor. Uno strano incrocio tra un romanziere francese e un saltatore in alto cubano, per l'occasione difensore dell'Hellas. Il più improbabile degli eroi conto terzi, che con un gol di testa nella "fatal Verona" tolse dalla corsa scudetto il Milan. Il Milan di Berlusconi, il Milan di Sacchi, il Milan degli olandesi. Il Milan di una crisi isterica senza precedenti su un campo di calcio.
    E noi - noi che fino al giorno prima parlavamo di spareggio, noi che in quella giornata passeggiavamo a Bologna, noi che non compravamo le bandiere con i due scudetti perché avevamo ancora quelle di due anni prima - ci ritrovammo spianata la strada per uno scudetto al quale forse avevamo anche un po' smesso di credere.
    Dell'ultima giornata ricordo alcuni frammenti, la partita allo stadio con mio fratello e i miei cugini, il gol di Baroni alla Lazio, la festa in giro per la città che sapeva un po' di remake di quella dell'87. La verità è che, fedele alla mia natura un po' alla sabato del villaggio, la festa vera l'avevo fatta nell'attesa di quella formalità conclusiva. Anche perché lo scudetto, in fondo, lo avevamo vinto sette giorni prima nella "nemica" Verona, per mano di un difensore dal nome improbabile. (Lucio Fava del Piano)

    Giusto 25 anni fa un tipo di nome Baroni entró prepotente nella mia vita. La sua figurina fu la prima pagina del mio diario di scuola per tutto l'anno successivo (la copertina era sempre di Diego)... Grazie a Baroni ricordo che per diversi giorni saltammo giustificatamente scuola e fu la festa più lunga che ricordi. Pochi mesi dopo persi anche la verginità. Se la macchina di Ritorno al futuro fosse mia per un giorno non avrei dubbi, le direi solo quattro cifre: 1990! (Romano Montesarchio)

    Avevo 8 anni. Ricordo il mio vicino di casa, di cui non rammento più manco il nome, che dipinge l'ingresso di casa con un tricolore enorme. Mio padre, timido (e critico) sostenitore del Napoli, lasciò fare. Io ero entusiasta: aprivi il portone di questo palazzo un po' sgarrupato nel centro storico di Aversa e vedevi questo scudetto con i suoi colori fiammanti. Era una festa quotidiana. Il tricolore verniciato sulla strada andò via dopo vari anni, ma nessuno nel vicolo ha dimenticato... Ricordo il San Paolo dove entravo gratis perché ero alto meno di un metro (diciamo così...), dopo un viaggio nel bagagliaio di una sgangherata SW degli amici di mio zio. Si partiva dopo il  pranzo della nonna (polpette al sugo: un must) da Melito di Napoli. Avevo 8 anni. Spero di dimenticare. Spero di poterne festeggiare altri. Ma il mio sogno é poter festeggiare una Champions prima di morire. Aure', Rafe', Lore', vedete che potete fare. :)) (Gianmario Mariniello)

    Pochi flash azzurri in una domenica pomeriggio primaverile passata davanti al televisore. Avevo 6 anni e le mie orecchie iniziarono a sentire le note familiari de 'O surdato nnammurato', mentre mio padre mi portava in giro tra caroselli improvvisati ed macchine 'decappottate' in maniera artigianale all'ultimo minuto. Il lunedì successivo fu il primo di tanti lunedì col sorriso in faccia, nonostante l'ingombrante grembiule della scuola e le cinque ore di sbadigli in prospettiva. Eravamo campioni d'Italia e da ieri a oggi la mia passione è esplosa gradualmente. E sogno ancora di poter veder rivelata quella profezia dipinta vicino la mia vecchia casa, che diceva "Non c'è 2 senza 3". (Antonio Moschella)

     

     

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