L'avversaria di Europa League: il Porto, I dragoni del Douro
di Antonio Moschella
Se c`è una realtà di un campionato minore, che negli ultimi anni ha potuto ben figurare in Europa, essa è il Porto. Il club lusitano negli ultimi anni è stata una costante nella prima fascia dell’urna di Champions League, oltre ad aver vinto undici degli ultimi tredici scudetti assegnati in Portogallo, dall’anno 2003 ha alzato al cielo una Champions, due Europa League e una Intercontinentale. Mica poco per una società che non figura tra le più abbienti del continente.
Il segreto del loro successo va al di là dell’operato di José Mourinho, che ha spianato la strada ai suoi successori. Il presidente del club, Pinto Da Costa, è una sorta di Berlusconi lusitano, con un notevole potere d’acquisto e con tanto di squalifica di due anni per illecito sportivo. Il patron del Porto è però un autentico mago delle plusvalenze, grazie alle quali è riuscito a mantenere la sua squadra ai vertici per tantissimo tempo, nonostante gli addii di calciatori illustri. I casi più famosi e redditizi di plusvalenze a favore del Porto sono quelli di Radamel Falcao (pagato 5 e rivenduto a 47), Hulk ( comprato a 19 e rivenduto a 42), Anderson (comprato a 5 e rivenduto a 31) e Cissokho (arrivato quasi gratis e ripartito per 16 milioni). Un’autentica fabbrica di giocatori di altissimo livello che, prima di confrontarsi con le realtà d’élite, sono stati protagonisti di numerose vittorie in Portogallo. Il Porto è stato anche la prima squadra a vendere il suo allenatore: André Villas Boas fu infatti "liberato" per andare al Chelsea sotto rilascio di ben 15 milioni di euro. Visti i suoi risultati a Stamford Bridge, si trattò dell’ennesimo affarone di Da Costa.
Oggi, però, il club biancoazzurro attraversa una crisi di risultati. L’allenatore Fonseca è stato esonerato e la squadra si trova a 7 punti di distanza dalla vetta. L’aria si è fatta pesante dato che il pubblico, abituato troppo bene nelle ultime stagioni, chiede una reazione ai calciatori. I due fiori all’occhiello dei portoghesi sono il colombiano Jackson Martínez e Ricardo Quaresma. Il primomonianè stato nel mirino del Napoli l’estate scorsa ed è un centravanti di movimento che vede bene la porta, come testimoniano i 21 gol in 36 partite realizzati finora. Il secondo è una vecchia conoscenza del calcio italiano: voluto fortissimamente da Mourinho nella sua prima ,Inter, si fece conoscere più per le ‘trivele’ in curva e per spaccare tapiri d’oro che per il rendimento mostrato in campo. Tuttavia è un elemento talentuosissimo e con esperienza internazionale che non va sottovalutato. I dragoes, utilizzano un classico 4-3-3 con ali molto rapide: a destra viene impiegato Quaresma, mentre a sinistra c’è lo sgusciante Varela.
Certo, non si tratta di quella schiacciasassi che a centrocampo dominava con Meireles e Mourtinho e che in attacco puntava sulla potenza di Hulk e la concretezza di Falcao, ma durante l’ultimo decennio la mentalità internazionale del Porto è stata forgiata a dovere e il Dragao è uno scenario abituato ad ospitare squadre ben più temibili e blasonate del Napoli, per cui gli uomini di Benítez dovranno scendere in campo accorti e preparati. Non c’è dubbio che il tecnico spagnolo preparerà in maniera certosina la gara, consapevole che ancora una volta ci sarà da rimboccarsi le maniche in mezzo al campo, dove sarà fondamentale recuperare Behrami, mentre si spera in un recupero di Hamsik, che verrà verosimilmente marcato dal possente Fernando, un altro obiettivo di De Laurentiis.
La notte di Porto è un test importante per valutare le reali ambizioni del Napoli di Benítez, squadra più europea che italiana, a immagine e somiglianza del suo Mister, che sa cosa significa giocarsi tutto in un dentro-fuori secco o quasi. È risaputo che gli azzurri si esaltano di fronte ad avversari di spessore e il Porto è uno di quelli. Che sia Champions o Europa League, partite del genere aiutano ad aumentare l’autostima e, soprattutto, vincere aiuta a vincere. Che battaglia sia, dunque, nella fossa dei dragoni.