Il Totem Duvan

Il colombiano, con tutti i suoi limiti, incide spesso quando è chiamato in causa
  • Di Antonio Moschella

    “Si jucav’ Duvan a vincevam”, esclamò un tifoso rigorosamente senza casco mentre scattava su una vespa sgarrupata. Il richiamo era rivolto al mitico Boris Sollazzo, che durante Napoli-Athletic Bilbao vestiva coraggiosamente la maglia gialla con il numero 91 sulle spalle. Con lui, mio padre e il capitano Francesco Albanese, ci recavamo nella prima pizzeria disponibile per affogare nella birra e nel sapore del fritto misto l’amarezza per un pareggio che avrebbe poi assunto i connotati dell’eliminazione.

    In effetti, pochi mesi dopo il pittoresco tifoso si è dimostrato (quasi) profetico. Non certo perché con Duvan in campo il Napoli sia imbattibile, ma almeno perché con il colombiano in campo dal primo minuto gli azzurri sono usciti sconfitti solamente nella tragica notte di Berna, quando tutto è andato storto e gli esperimenti erano stati, a dir poco, esagerati.

    Al di là dei gol, che sono solamente 4, il colombiano è sicuramente l’emblema di un calciatore che lotta, che prova ad assottigliare i suoi limiti tecnici e tattici con il cuore. I suoi 3 centri in campionato sono arrivati in altrettanti pareggi, ma sono risultati comunque decisivi. Anche perché contro Empoli e Sampdoria lui l’ha messa dentro quando né Callejón né Higuain sono riusciti a farlo.

    Ieri è arrivato il suo primo gol in Europa, quella minore. Un altro segno di fiducia. Anche Benitez glie ne da. I minuti giocati sono pochi, ma sempre intensi. Il colombiano è consapevole del suo ruolo da comprimario e umilmente si è fatto amare da un pubblico che un anno fa o riteneva un incapace. Prendiamolo così, allora, Duvan. Come un totem. E chissà che magari da qui in avanti non possa zittire tanti altri avversari, e magari anche noi tifosi scettici. Per la gioia di quel simpatico tifoso che, in una notte di fine estate, cercò di sdrammatizzare con una battuta che magari non lo era poi così tanto...

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