Rudi Settebellezze
di Fabrizio Massantini
“Una telefonata ti allunga la vita”. Rudi Garcia, 48 anni, nato nel cuore dell'Ile de France da padre calciatore, alle spalle una mediocre carriera sul campo, un inizio come preparatore atletico e un brillante lustro alla guida del Lille, è di ritorno dagli USA. Apprende di essere il nuovo allenatore della Roma, proprio mentre sembrava che al suo posto potesse arrivare un altro francese più illustre, Laurent Blanc.
Terminata la chiamata con Sabatini, mano allo smartphone. “Rubrica”, “Aggiungi contatto”, “Daniele De Rossi”. Una telefonata, uno scambio di sms. Daniele, valigia pronta per Manchester, resta. Capitan Futuro. E così via, con gli altri. Se volessimo immortalare un inizio, forse, sarebbe quello.
Un video su Youtube in cui Rudi suona con la chitarra il “Porompompero” (c'è chi giura che non sia roba da principianti) triplica le visualizzazioni e rivela il suo lato più guascone. E colui che solo due anni prima era stato scartato, fresco campione di Francia, per far posto all'utopia di Luis Enrique, diventa da romano costume un personaggio. Proprio lui, si dice, nona o decima scelta di Sabatini. Dopo Allegri, dopo Mazzarri, dopo Martino. Eccetera eccetera Capace in pochi mesi di prendersi la fiducia di una piazza scettica e disamorata. Di un gruppo sfaldato dal triplete spagnol-boemo-andreazzoliano. E da Lulic, più ricorrente negli incubi dell'estate giallorossa di Freddy Krueger. Capace di trasformare una Roma confusa come un quadro di Picasso in una scultura neoclassica. E di ridare un ruolo a Balzaretti, Maicon, De Rossi, Pjanic e altri. Chi per un motivo chi per un altro, tutti personaggi in cerca d'autore La Chiesa, per dirla con Rudi, è tornata al centro del villaggio. Anzi. Per ora è una cattedrale. Sette vittorie in sette partite, 20 gol fatti e solo 1 subito (Biabiany potrebbe scrivere un manuale).
In principio però fu la preparazione. Sistemate disciplina e dialogo, scelto nello spogliatoio un gruppo di “saggi” (che pure non hanno nulla a che vedere con Quagliariello), sistemati alcuni dettagli nell’organizzazione del lavoro a Trigoria, solo campo e pallone. Impostazione tattica quadrata, cose difficili che sembrano semplici, difesa attenta e ripartenze. Il tutto, però, in versione 2.0. Evoluta. Pure troppo, se si pensa che mai nella storia della Roma qualcuno era riuscito a vincere le prime sette gare di fila. Tale perfezione rende difficile giudicare Rudi, se è vero che i grandi si vedono nei momenti difficili.
Qualcuno lo paragona a Spalletti per la parte tattica, a Capello per la quadratura difensiva, a Mourinho per il rapporto coi giocatori: intenso, coinvolgente, carismatico, severo. Capace di scherzare con Totti (e con tutti), di recuperare Borriello che deluso dal mercato disfa a malincuore le valigie. Di scambiare sms con i calciatori come si fa con gli amici. Ma anche, in Francia, di convocare un allenamento punitivo alle 7 del mattino dopo un farfallone 3-3 interno tra il suo Lilla e il Sochaux. Capace di attirare su di sé, proprio come il portoghese, le attenzioni della stampa. Ma al tempo stesso di farsi da parte per rendere importanti i giocatori e anche i suoi collaboratori, Fichaux e Bompard, con quest'ultimo che dalla tribuna studia prima e durante le gare gli avversari (con tanto di celeberrime telefonate al cellulare) La verità è che i paragoni non portano da nessuna parte. I difetti di Garcia (ne avrà pure qualcuno) sono ancora ignoti al pubblico romanista, dalla Francia dicono che le sue squadre pecchino di discontinuità e che i suoi giocattoli si rompano facilmente, i romanisti fanno gli scongiuri, va detto per ora che il tabù degli inizi di stagione difficili di Rudi è stato decisamente sfatato.
Di lui la Gazzetta ha scritto che coniuga il pragmatismo italiano e il senso estetico francese. Aggiungeremmo che dalle sue origini spagnole (è nipote di antifranchisti andalusi fuggiti dalla dittatura spagnola) ha tratto l'amore per il fraseggio, un tiki-taka, sì, ma funzionale. Roma-Napoli non sarà comunque una partita qualsiasi per Rudi. Non solo per l'importanza di classifica. Non solo perchè una sconfitta potrebbe incrinare il mondo perfetto visto finora. La “colpa” è di Rafa Benitez. Amico personale. Ma anche mentore, all'inizio della carriera di Rudi da allenatore. Si sentono spesso, si dice che ad esempio Rudi gli abbia dato consigli su come gestire al meglio Hazard al Chelsea, si stimano. L'allievo (lo è per sua stessa ammissione) ora vorrebbe superare il maestro Nel suo 4-3-3, comunque, si gioca così. Gioco compassato, ma con improvvise accelerazioni. Propositivo ma non integralista (nel senso che si dà sempre un occhio anche alle all'avversario). Fondato su un 11 titolare, ma senza togliere importanza al gruppo. Linea di difesa aggressiva, soprattutto sugli esterni, ma pronta a scappare indietro (i fuorigioco avversari in 7 partite alla Roma si contano sulle dita di una mano). Centrocampo robusto e di qualità: De Rossi è lo schermo, Strootman il panzer, Pjanic l'estro, con un pizzico di anarchia. Davanti due ali, due runner diversi, Florenzi e Gervinho. E Totti, beh inutile aggiungere altro. Basta dire che per lui Garcia ha rinunciato alla figura del centravanti classico. Dimostrando pragmatismo e duttilità. Facendo leva su un mix di esperienza e gioventù, grazie a di lui è di nuovo Roma felix. Per quanto non si sa. Ma intanto... vi pare poco?