Napoli-Juve vista a Doha, sì proprio a Doha
di Nello Del Gatto
Boris Sollazzo si definisce “Sono l'uomo sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Da sempre”. Una cosa se ci accomuna (come la fede incondizionata nel Napoli e in un’altra cosa che non posso dire qui), se sono arrivato a Doha, in Qatar, con più di due settimane di ritardo. In questa città polverosa, il cui stato fa tanti abitanti quanti Napoli e provincia, dove tutto è in costruzione, dove indiani e nepalesi la fanno da padrone (i locali, quelli con la tunica bianca e la pezza in testa, sono il 13% del totale), dove ti siedi con due accanto che sentono in continuazione dal telefonino, su internet e da qualsiasi mezzo uno che intona Allah u Akhbar (e in questi giorni ti caghi anche un po’ sotto), ci devo stare un mese per i mondiali di handball. Si, esiste la pallamano, sport nobile, e qui hanno creato apposta tre o quattro palazzetti, dal nulla nel deserto, per ospitare questi mondiali. Due settimane dopo, o poco più, aver ospitato la sfida perfetta, quella che ogni napoletano sogna. Così ieri ero in fibrillazione per vedere la partita. Con i colleghi si era deciso di vederla insieme, cominciava alle 11, ma io sono restio: per scaramanzia la partita la vedo solo con poche selezionate persone. Gli amici extranapolioti mi devono dare atto che quando l’abbiamo vista insieme, abbiamo sempre vinto. Non è vero ma ci credo. Mi lascio convincere e andiamo al pub Champions del Marriott, uno dei pochi posti dove, presentando all’ingresso il passaporto che viene scannerizzato manco fossimo al checkin di un aeroporto, puoi anche bere la birra, altrimenti vietata severamente in ogni altro posto. Il pub è un crogiolo di schermi che trasmettono dal football americano alla Liga (c’è Barcellona-Atletico Madrid). In un angolo, c’è uno schermo dove danno Napoli-Juve. Sento un accento familiare vicino a me: nel tavolo accanto un beneventano e un siciliano aspettano l’inizio della partita. Ma non era la Juve che aveva tifosi sparsi per tutto il mondo? Dinanzi a me, subito sotto lo schermo, una coppietta di anziani credo spagnola (hanno lanciato un gridolino al gol di Messi) vestiti di tutto punto con le posate mangiavano qualcosa. In un pub di scalmanati tifosi. Peggio per loro. Comincia la partita, purtroppo non c’è audio, non posso sentire le note di Pino, ma immagino la scena. La partita sfila via tra qualche chit’èmm@@@@@ (al gol mangiato da De Guzman) e vaffan@@@@@@ (ai passaggi sbagliati di Hamsik e alle strane decisioni di Tagliavento) che fanno impallidire la coppia di anziani (di li a poco lasciano). Il gol di Pogba non mi sconvolge: cacchio, siamo a Doha, sembra qualcosa già visto. Ma mi sconvolge di più vedere che il commentatore per la rete qatara della serie A è Spillo Altobelli. Purtroppo l’audio non c’è e non posso capire in che idioma si esprime, ma dal labbiale sembra l’italiano. Lingua che spillo non parlava neanche in patria, non lo si capiva assolutamente, come faranno i qatari? Ma non mi scompongo e, soprattutto, sono fiducioso, il Napoli mi sembra abbia le carte in regola per rimettere la gara su un binario giusto, la Juve non sembra così imbattibile (se non facesse fallo, non mi accorgerei neanche che c’è Tevez). E infatti, Britos (il ritorno dei morti viventi, citerebbe Boris), segna. Calma e gesso, ce la possiamo fare. Che ci fosse fuorigioco sul gol di Caceres, qui era chiaro: il turbante di Chiellini, che lo faceva somigliare ad uno di qui o a un indiano di religione sikh, svettava dinanzi a tutti. Forse la prossima volta, è meglio che Tagliavento e il suo assistente guardino la partita dalla tv. Anche sul retropassaggio del turbantato difensore che il fidanzato della D’Amico prende con le mani avevamo dubbi qui: pensavamo fosse uno spot per i prossimi mondiali di pallamano. Ci scappano imprecazioni anche per l’autogol non concesso e per altre situazioni, tanto che lo spazio intorno a noi (recintato perché era non fumatori, anche se uscendo di li puzzavo come se avessi fumato una decina pacchetti di Stop) si è svuotato, forse qualcuno temeva per la sua incolumità o quella dei suoi cari, messa a repentaglio dalle mie imprecazioni. Altre ne sono arrivate per i tuffi dei bianconeri (non hanno il mare ma di tuffi se ne intendono), per Duvan che imita Klaus di Biasi, per le loro sceneggiate (sicuri che il genere non sia nato a Torino?) e per i nostri errori, la nostra pochezza. Doha stavolta non è stata teatro felice. Non che meritassimo di vincere, ma il pareggio ci poteva stare. Proprio la finale di Doha aveva mostrato che combattendo ad armi pari, senza aiuti di sorta, la Juve è battibile. Ma mentre noi come dodicesimo avevamo il pubblico, loro avevano l’arbitro. Cosa che comunque non può essere una scusante, bisogna intervenire. E piangere meno: che la Juve venga aiutata è una verità che si perde nella notte dei tempi. Ma se non abbiamo vinto, è stato anche per colpa nostra. Cosa che ci sta succedendo da troppo tempo.