Mista: "Con Benitez ho reso come non mai in carriera"
Di Antonio Moschella per 'Il Mattino'
Miguel Ángel Ferrer Martínez, da tutti conosciuto come Mista, deve molto a Rafa Benítez. Entrambi hanno fatto la storia del Valencia, dove hanno conquistato due trofei di Liga, due supercoppe spagnole e una coppa Uefa. L’ex attaccante ricorda che la sua parabola ascendente è coincisa con l’arrivo di entrambi a Tenerife, nel 1999.
Mista, ricorda quel ritiro estivo?
L’ambiente era triste, perché il Tenerife era appena sceso in B dopo 10 anni. La squadra era molto giovane, quindi anche inesperta, ma Rafa cambiò l’inerzia del momento, infondendo in noi il coraggio e la spinta giusta per fare bene. Solo un anno più tardi saremmo tornati in Primera División.
Poi l’incontro a Valencia...
Fu in parte casuale. Rafa aveva già firmato con il Valencia ad aprile, prima della promozione. Fu lui a mettere la mano sul fuoco per me e da lì ho sentito di dovergli qualcosa.
Anche lì Benitez rimise in piedi una squadra demotivata.
Era appena partito Cuper che lasciava un ambiente stordito dalla sconfitta in quella agonica finale di Champions contro il Bayern Monaco. Serviva un’iniezione di fiducia importante per ripartire. Fin dai primi giorni Rafa dimostrò di avere il polso giusto e sorprese tutti dicendo che era convinto che alla fine dell’anno avremmo vinto la Liga.
Fu profetico. Nonostante la stagione fosse iniziata male.
Ricordo che a metà dicembre Rafa era già sulla graticola. Eravamo a Barcellona contro l’Espanyol e il primo tempo perdevamo 2-0. Uscimmo dallo spogliatoio risoluti e alla fine vincemmo 3 a 2, salvando la panchina di Rafa. Da quel momento iniziò una marcia trionfale che ci portò a vincere il campionato con 7 punti in più del Deportivo e del Real Madrid. Erano trent’anni che il Valencia non si proclamava campione. Benitez aveva portato un vento nuovo.
Dopo due anni il bis. In quella stagione lei segnò 19 reti, il suo score più alto della carriera. E pensare che fu sul punto di partire a inizio stagione...
Fu una vittoria diversa. Eravamo già una squadra rodata. Per me però fu la consacrazione visto che nella prima stagione ero andato a segno solamente 5 volte in campionato. In estate il Siviglia mi aveva cercato ma fu decisivo un breve colloquio con Rafa che mi confermò la fiducia. E a posteriori ha avuto ragione. I 19 centri di quell’anno furono frutto sia della mia maturazione sia del lavoro di Benitez, che esalta gli attaccanti come pochi, come sta accadendo adesso con Higuain, che ha il pregio di essere un attaccante completo. Ma in generale la sua più grande qualità è quella di far rendere al meglio tutti i suoi effettivi a disposizione.
Quali sono gli altri pregi di Benitez?
Senza dubbio l’eccellente organizzazione. È un maniaco dell’ordine tattico. La sua metodologia di lavoro si basa sulla creazione di un gioco armonioso e funzionale per la sua squadra. Senza arabeschi, ma molto concreto.
In Spagna si diceva che fosse troppo difensivista. In Italia è il contrario.
Non credo assolutamente che sia un allenatore difensivista, anzi. Lui ama giocare con un’unica punta di ruolo, una mezzapunta che si associ e due ali che facciano molto gioco avanti e indietro. Credo che allenare in Italia per lui sia un gran premio oltre a un grande stimolo, visto che ha sempre ammirato il tatticismo della Serie A.
Sente spesso Benitez? Dove crede che sia il suo futuro?
Ogni tanto ci aggiorniamo. Non so quali siano le sue intenzioni, ma conoscendolo so che adesso è sicuramente concentrato sul presente. Seguo il Napoli e credo che sia migliorato rispetto all’anno scorso a livello di gioco, però Rafa difficilmente prenderà una decisione prima di aprile o maggio. I giochi sono ancora aperti per il secondo posto e le squadre di Benitez finiscono sempre alla grande le loro stagioni.
Lo vede sulla panchina della Spagna?
Senz dubbio. Ha il profilo giusto per prendere le redini della nostra nazionale.