L'albero fedele
di Lucio Fava Del Piano
“Contro il Palermo sarà una partita difficile, sia perchè il Palermo è più forte della classifica che dimostra, sia perchè [il Napoli] dovrà combattere contro una voglia di rivalsa di tutti i giocatori rosanero”. Questo era Caludio Onofri alla vigilia della partita del barbera di domenica sera. Più fatalista ma non meno ottimista il vicepresidente rosanero, Gianfranco Miccichè, secondo cui “tutto è possibile nel calcio, è una sfida difficile ma non impossibile”. Immediatamente calato nella nuova realtà anche “Monzòn” Novellino, che ha provato a caricare i suoi spiegando che "giochiamo in casa e con l’aiuto del pubblico possiamo superare un ostacolo difficile come i partenopei”. Insomma, pareva che il Napoli stese andando incontro a una partita difficilissima. Come fare? Per Pino Taglalatela sarebbe stato importante non farsi provocare perché "Novellino la metterà sulla rissa. Lui punterà Higuain che spesso è il più nervoso”, mentre Stefan Schwoch invitava il Napoli a non “cadere nella trappola della fretta, consapevole che prima o poi con Higuain e Insigne qualcosa succederà”. A occhio il più lungimirante di tutti è stato proprio l’indimenticato ex bomber altoatesino. Perché qualcosa è successo, Higuaìn non sembra essersi fatto innervosire da chicchessia, e la partita “difficile” si è rivelata una specie di monologo con l’unico difetto estetico di aver offerto (molti) meno gol di quanto sarebbe stato possibile. E quindi, con un elegante giro di valzer, la partita difficile del giorno prima è divenuta col senno di poi una aprtita che si doveva chiudere prima, o che il Napoli è riuscito a vincere “solo” su rigore, o che denota stanchezza dei giocatori azzurri, o che sconta ancora le conseguenze psicologiche del devastante ko di Torino. Una partita, varrebbe sempre la pena ricordare, giocata quantomeno alla pari e decisa da una deviazione a due minuti dalla fine. Ma queste sono quisquilie per gli esperti del giorno dopo. Tra i quali è il momento di riaccogliere Enrico Fedele, al quale le ripetute vittorie del Napoli avevano per lungo tempo seccato l’ugola. Riemerso dal periodo di shock per il primato azzurro, Fedele ha dichiarato che “se il Napoli non vince questo campionato lo ha buttato”. E poi ha argomentato: "Non perdono ai giocatori e all’allenatore la sconfitta di Torino, era la gara decisiva per portare a casa lo Scudetto. In ogni caso, questa Serie A la Juve non la vincerà: al massimo sarà stato il Napoli a volerla perdere. E se dovesse verificarsi dovremmo buttarci dal tetto della Reggia di Caserta per le occasioni sprecate”. Ora, a parte che non si capisce perché uno dovrebbe arrivare a Caserta se proprio avesse tendenze suicide. A parte che non si capisce in cosa consisterebbe il “voler perdere” del Napoli; a parte che non si capisce quali sarebbero tutte queste “occasioni sprecate” (al plurale); a parte che non si capisce quando padre Fedele abbia preso i voti attribuendosi la facoltà di poter o non poter perdonare; a parte che proprio non si capisce il perché di quella costante prima persona plurale… …ma a parte tutto questo. Ma Fedele è lo stesso che a metà ottobre e ancora a inizio dicembre diceva che un eventuale terzo posto del Napoli sarebbe stato “un successo”, un grande risultato” e addirittura “un grande miracolo”? E’ lo stesso che sotto Natale vedeva per lo scudetto una lotta a due tra Juve e Inter con il Napoli “fuori dal giro”? Lo stesso che a fine anno diceva che “il Napoli non può arrivare primo”? Lo stesso Fedele che a fine gennaio affermava che il Napoli avrebbe potuto anche perdere con la Juventus “e restare in corsa”? Credo che l’unico modo per commentare sia prendere in prestito le immortali parole de Principe De Curtis: ma mi faccia il piacere...