Pino Taglialatela: "Non lasciamoci sfuggire Reina. E crediamo in questo Napoli"
Ai microfoni di Boris Sollazzo e Domenico Zaccaria, nell'appuntamento settimanale del martedì sera (dalle 20.30 alle 21.30) con "Manà MaNapoli" su Radio Manà Sport, è intervenuto Pino Taglialatela. A lui sono legati due match con il Parma rimasti nella storia del Napoli. Quello della primavera del 1994, al San Paolo, che al Napoli di Lippi diede l'ultima qualificazione europea prima dell'arrivo di De Laurentiis, e quello al Tardini, che si concluse con il portiere in lacrime, tra le braccia dell'ex Fabio Cannavaro. Il Napoli era retrocesso matematicamente nella peggior stagione della sua storia. “È vero, il Parma di quegli anni ha rappresentato molto per noi, in positivo e in negativo. Anche per questo va battuto”, scherza il numero uno più amato del dopoguerra, insieme al Giaguaro Castellini. E non si sottrae a dire la sua sul primo estremo difensore che sia entrato nell'immaginario collettivo dopo di lui, Pepe Reina. “Sono un suo fan, lo ammetto: presto andrò a Castelvolturno a chiedergli la maglia e un autografo, come nella mia vita ho fatto solo con Dino Zoff, Walter Zenga e il giaguaro Luciano Castellini nello sport, e Umberto Tozzi fuori dal rettangolo di gioco. Unisce la tecnica dei portieri dei miei tempi a una modernità di gioco, con quei rinvii di mano incredibili e con quei piedi da Pirlo che si ritrova, e che condivide, per qualità, solo con Julio Cesar, non a caso trattato anch'egli dal Napoli quest'estate. Ma preferisco Pepe, che a mio parere può anche scalzare Casillas per il mondiale. Ha una personalità pazzesca, è un guascone che ha saputo già 'napoletanizzarsi', non poteva che diventare un idolo e si deve fare di tutto per acquistarlo: una grande squadra parte sempre da un grande portiere”. Ed è un pararigori l'iberico, come Batman. “Lui è un Peruzzi con il carattere e la presenza scenica di Zenga, il mio modello e idolo, ma sì, in qualcosa mi ricorda anche ciò che facevo io”. Inevitabile parlare anche di un giovane napoletano che, come fece lui, si sta facendo le ossa in provincia, Luigi Sepe, numero uno del Lanciano in B. “Ho avuto quattro o cinque anni meravigliosi a Napoli, a tutti i napoletani come me e lui auguro di salire le scale del San Paolo con la maglia del nostro cuore addosso. Glielo consiglio, ma non nell'immediato: oltre a Reina c'è Rafael e quindi farebbe panchina. E si migliora solo giocando: ora dopo alcune stagioni in Lega Pro, in B sta mostrando una maturazione importante. Deve cercare il definitivo salto di qualità. È un patrimonio del Napoli e arriverà il suo momento”. E chissà che suo figlio Luca, che ha da poco compiuto 18 anni e ha conquistato una convocazione nella nazionale della Lega Pro poche settimane fa, non possa arrivare a parare anche lui per gli azzurri. Per ora si fa apprezzare a Ischia.
Difficile non interrogarlo anche su Paolo Cannavaro, che come lui è napoletano ed è stato capitano della sua squadra del cuore. “Lui è un ottimo giocatore, temo si stia pagando la scarsa chiarezza dei momenti iniziali del rapporto tra lui e Benitez. Società, allenatore e giocatore dovevano capirsi meglio prima, ora troppi ci marciano su questa situazione. La cosa migliore è dirsi le cose in faccia, chiaramente: nei tanti spogliatoi in cui sono stato ho potuto constatare che è il modo migliore di agire. Non è un difensore adatto al gioco dello spagnolo, si poteva intuire prima, e purtroppo andrà a rinforzare una diretta concorrente del nostro Napoli. Perché rimane un grande calciatore. Sarà doloroso per lui, anche se lo farà per scelta e non come me, che sono stato costretto a spostarmi per questioni di bilancio, dopo che se n'erano già andati Zola, Crippa, Cannavaro, Di Canio e molti altri campioni. Per fortuna questo Napoli può investire e tornare grande, non dovrà soffrire come il mio”. Quanto grande, ce lo dice subito. “A mio parere siamo da scudetto già con questa squadra, le sconfitte sono arrivate perché nelle partite più importanti c'erano uomini chiave in difficoltà, abbiamo patito infortuni importanti. Ma la rosa è notevolissima e a Torino hai perso per un 1-0 discutibile e due prodezze pazzesche. E attenzione sulla punizione di Pirlo Reina non ha sbagliato: io avrei messo 4 uomini, ma anche tre vanno bene. Lì la traiettoria è stranissima, non poteva farci nulla. Con i due o tre colpi annunciati per gennaio, quindi, se saranno di grande qualità, saremo ancora più in prima fila per quel traguardo”.
L'ultimo pensiero è per Imbriani, compagno e amico fraterno. “Lo chiamavo fratellino, è ancora tragico pensare a ciò che gli è successo. Ma è bello pensare anche quanto affetto gli sia arrivato negli ultimi mesi della sua vita pur non essendo lui Maradona, Careca o Van Basten. Ancora non accetto il fatto che se ne sia andato così presto, è stato un dramma per noi che gli volevamo bene”.