Calcio, razzismo e noia
di Dario Bevilacqua
Chi è appassionato di calcio, o tifoso, lo sa. La sosta del campionato è un delitto. Una sofferenza. Una tragedia. Un’inenarrabile tortura che riempie di vuoto e insensatezza i giorni feriali; e di spaesamento, noia aberrante e desolante rassegnazione il weekend senza calcio. Prepararsi ad affrontare queste due interminabili settimane – che si frappongono tra un turno e l’altro – richiede una grande preparazione e una fermezza d’animo non da poco. Richiede coraggio, intraprendenza e molto estro. Ma soprattutto ha bisogno di surrogati.
L’orfano da pausa del campionato ha bisogno di qualcosa per tirare avanti, del suo metadone, di un palliativo, di un simulacro di pallone che sia degno di questo nome. Un po’ fanno le nazionali, ma non basta. Il “pallonaro” in crisi d’astinenza ha bisogno di ciance, delle chiacchiere da bar, delle teorie su moduli e formazioni, delle previsioni, dei primi consuntivi. Vuole sapere che fanno i propri beniamini, vuole illudersi con notizie di calciomercato – al 90% inventate, in questo periodo – vuole vedere i video degli allenamenti e sapere in che stato di forma sono i giocatori della squadra per cui tifa o che ha al fantacalcio. Vuole calcio, anche parlato, ma calcio.
Per tutte queste ragioni, le decine e decine di articoli e commenti, che in questi giorni si accavallano, tutti sul tema del razzismo nelle curve, sul problema di come distinguere tra sfottò e insulti, sui provvedimenti del giudice sportivo e sulle reazioni degli ultrà, hanno – fatemelo dire francamente – stancato. Sono la medicina amarissima che ci danno per sopportare l’astinenza: altro che metadone! Questo è bromuro! È cicuta!
Per carità, il tema è meritevolissimo. Il problema razzismo negli stadi c’è e non va sottovalutato, ma se se ne parlasse durante il campionato, almeno potremmo “scegliere” tra le notizie. Potrebbe aggiungersi alle immagini dei gol e alle interviste post-partita. Invece così, trattandolo durante la sosta, il tema è annichilente e totalizzante. E il drogato “pallonaro” è costretto a sorbirsi pistolotti moralisti, mini trattati sociologici, provocazioni e contro provocazioni, senza una reale via di fuga. Mentre vorrebbe solo distrarsi, magari sognando un nuovo difensore argentino coi piedi buoni che arriverà a gennaio o verificando che il centravanti della propria squadra del cuore ha recuperato dall’infortunio ed è nuovamente pronto a stupire con i suoi gol.
E invece, la polemica sui tifosi.
E allora concedete anche a me una provocazione. Perché qualcosa si impara da questa esperienza: è vero che i tifosi di calcio hanno un problema, ma più che razzismo e intolleranza, io mi preoccuperei di più della crisi d’astinenza durante la pausa campionato.