C’è una voragine, nella rosa del Napoli, anche se Rafa non lo dice
di Francesco Bruno
Quello andato in scena domenica scorsa al Picchi di Livorno è stato un film simile ad altri già visti al San Paolo e in trasferta. Gli azzurri hanno giocato una partita caratterizzata in gran parte da ritmo e controllo del gioco, con il 66 per cento di possesso palla nel primo tempo. Poi, dopo il solito svarione difensivo, il Napoli quella partita avrebbe potuto anche perderla.
Puntuali come sempre sono ripartiti i consueti tormentoni anti Napoli che ormai siamo abituati ad ascoltare da inizio stagione. Questa volta però, oltre alle solite critiche sul modulo di gioco e sul presunto integralismo tattico di Rafa Benitez, è stato rispolverato il leit motiv dello scarso cinismo e della poca cattiveria con cui gli azzurri affrontano alcune partite. Per carità, è incontestabile, ed è stato sostenuto su questo sito anche da chi scrive, che gli azzurri non sempre sembrano in grado di sbranare gli avversari, ed è questo, al di là delle chiare lacune tecniche evidenziate da alcuni dei nostri beniamini, il vero gap rispetto ai top club europei. Gap da colmare possibilmente nelle prossime sessioni di calciomercato, andando a completare la rosa attuale con altri Reina, Albiol, Callejon e Higuain, cioè con altri calciatori abituati a sopportare la pressione mentale delle grandi piazze e capaci di caricarsi sulle spalle il peso dei compagni.
Tuttavia parlare questa volta di poca grinta, svogliatezza, supponenza o addirittura scarsa affezione alla maglia risulta ingeneroso. Non è giusto per questi ragazzi e per il loro allenatore che, come è ovvio, vorrebbero vincere su tutti i campi, ma che fisiologicamente avvertono il logorio della stagione. È soprattutto dopo il match di Livorno, dove il Napoli le sue quattro-cinque occasioni da gol le ha comunque avute, che entra in gioco il discorso sull’incompletezza della rosa azzurra, della cui qualità Benitez, da scafato gestore delle dinamiche psicologiche di gruppo, si è invece sempre detto convinto. Non si può contestare che la Juventus sia un’implacabile macchina da guerra, ma è facile esserlo con la forza di una panchina che presenta Osvaldo piuttosto che Quagliarella. A noi invece è capitato che al minuto 47 del secondo tempo di Livorno-Napoli Mertens abbia messo al centro dell’area un pallone da spingere in rete sul quale, in assenza del Pipita, si è incartato goffamente Duván Zapata. Se Britos, con la sua capacità di essere quasi sempre presente negli svarioni difensivi azzurri, testimonia ancora una volta come almeno due dei nostri centrali siano inadeguati a giocare ad alti livelli, i numeri purtroppo raccontano anche un’altra amara verità: dei 52 punti conseguiti in campionato, ben 20 sono arrivati grazie alle 13 reti siglate in campionato da Gonzalo Higuain, che è quindi il fattore imprescindibile dell’attacco azzurro. Questo è dunque il nodo cruciale: le partite non si vincono senza i colpi dei fuoriclasse. E tu, caro Rafa, che sei il pilastro su cui fondare il nostro ciclo vincente e la nostra garanzia di successo, una curiosità me la devi togliere. Capisco che per tutelare l’unità del gruppo e lo spirito di squadra nel postpartita di Livorno hai dovuto sostenere come il Napoli, visto l’alto livello qualitativo del reparto offensivo azzurro, non sia Higuain-dipendente. Ma come è possibile che uno come te, che è riuscito a convincere De Laurentiis a non farsi rifilare un giocatore sopravvalutato come Astori, si sia fatto appioppare Zapata a sei milioni e mezzo di euro dal suo ex vice Pellegrino?