Napoli, vittoria nel segno degli Squallor: doppia festa a Roma
di Errico Novi
A un certo punto il front man del gruppo si è avvicinato al nostro tavolo. C’ha guardato. Con l’aria di chi pensa: “Ma chisticcà ’o vero stanno facenno?...”. Cioè lui non poteva crederci che cinque distinti quaranta-cinquantenni conoscessero le canzoni degli Squallor meglio di loro. Comprese le intro recitative, tipo “il faro di Capocozzo s’è spento / fare attenzione. Mare adriatico fermo / per manutenzione”. Tutte le abbiamo cantate. Tutte.
Al Biff di via Isacco Newton, Roma zona Colli portuensi, va in scena un grande tribute live. Si esibiscono gli Squallidor, cover band degli Squallor. Mi trovo lì grazie a un fiancheggiatore di Extranapoli, di cui non farò il nome e nemmeno il nickname. Mi imbatto in quattro suoi amici invasati come noi due. Invasati: com’è possibile? E lo può capire solo chi conosce l’epopea dei “fantastici”. Come si spiega tanta esaltazione per un pugno di goliardi dediti a incidere maleparole? Ecco, gli Squallor non sono maleparole: sono una visione del mondo. Sono l’irriducibile risata che si oppone a tutto. Sono stati e continueranno a essere i compagni di molti lunghi viaggi: in macchina, se devi guidare per parecchio, solo loro ti possono tenere scetato. Sono stati soprattutto una grande lezione di vita in anni in cui tra i giovani prevaleva spesso l’istinto contrario. Sono nati e cresciuti negli anni 70, proprio mentre in Italia la musica leggera doveva per forza essere impegno, militanza, denuncia. Tanto per dire: tenete presente De Gregori, no, e molti magari al solo nome pensano “sì bravo, però palloso”. Ecco, a metà anni Settanta per certi gruppi dell’extraparlamentarismo militante pure De Gregori passava per un cantante d’evasione. Un nemico del popolo. Alla fine di un concerto a Milano, nel ’76, se lo andarono a prendere in camerino, lo sequestrarono e gli fecero una specie di processo sul palco.
In quel clima gli Squallor sfottono, profanano, dicono parolacce. Sono una sorta di contrappasso. Fanno cose che nessun altro potrebbe permettersi di incidere su un vinile. Arrivano ad alludere al rapporto della famiglia Agnelli con gli stupefacenti, a inventarsi papa Gennarino Primo che arringa la folla di piazza San Pietro con un discorso sugli errori d’impostazione di Vinicio allora tecnico azzurro, buttano in parodia i mostri sacri della tivvù. Diventano “la dark room della musica italiana”, per dirla col critico Dario Salvatori. Un porto franco della discografia in cui tutto è consentito. Noi quarantenni-cinquantenni, napoletani ma non solo, impuniti ma non solo, li amiamo per questo: perché sono un’affermazione di libertà.
E gli Squallidor di giovedì sera al Biff ci sono piaciuti perché si prendono assolutamente sul serio. Non cantano i capolavori dei “fantastici” con la risatina d’accompagnamento. Hanno un sound perfetto, la “voce solista” Michele Meo interpreta in stile ultraclassico e non si perde una strofa, le battute tra un pezzo e l’altro sono sempre degne di Alfredo Cerruti, voce narrante dei veri Squallor. Ci sono piaciuti assai. Lì nella sala del Biff io e i miei compagni di merende ci siamo trovati per vedere Napoli-Dinamo Mosca, e per questo splendido dopo-partita. Che io sappia è una delle prime volte che una cover band squalloresca si esibisce nella Capitale. Il resto del pubblico era tutto partenopeo, convenuto innanzitutto per la partita. Chi non sapeva cosa fosse quella roba arrivata dopo come dessert è rimasto con tanto d’occhi da fuori.
Mia moglie mi ha chiamato tra “’O ricuttaro ’nnammurato” e “Chi cazz m’o fa fa’”. Michele ha afferrato il telefono e l’ha salutata, io ho anche potuto dedicarle il pezzo, una delle perle del grande Totò Savio. Il giorno dopo su twitter il mio complice ha detto “Errico ha pure messo a repentaglio il matrimonio”. Casomai noi abbiamo messo a dura prova la reputazione di quel locale: abbiamo praticamente costretto gli Squallidor a fare pure i bis, quando quasi tutti gli altri avventori avevano ormai lasciato la sala in vista dell’incombente venerdì mattina lavorativo.
Grazie a Gigino, proprietario di questo splendido locale di Roma, napoletano anche lui. Grazie per averci fatto celebrare i grandissimi. E voi Squallidor, non vi fate pregare per concederci un’altra serata così. Anche perché se l’abbinata col Napoli vale 3-1 potreste subire un sequestro di persona per tutte le prossime notti di Coppa.