Il Napoli di Benitez? Un’incompiuta. Bella solo a tratti

Guai a parlare di fallimento. Ma dopo un mercato sontuoso e i sogni di gloria estivi, a questo punto della stagione si può dire: siamo una mezza delusione
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    di Domenico Zaccaria

    Un’incompiuta, peraltro bella solo a tratti. Ecco cos’è la squadra di Benitez a un mese dalla fine della stagione. Una formazione in grado di entusiasmare in alcune occasioni ma molto più frequentemente di deludere le aspettative dei tifosi e degli addetti ai lavori. Diciamocelo chiaramente: chi, dopo il sontuoso mercato estivo e soprattutto dopo le prime uscite vittoriose, si aspettava di dare il benvenuto alla primavera a -20 punti dalla Juve e a -12 dalla Roma? E così, accantonati i sogni di gloria, ci ritroviamo a difendere l’ultimo posto utile per il preliminare di Champions e ci aggrappiamo con le unghie a una finale di Coppa Italia che a settembre avremmo considerato un semplice ripiego. Benitez ha molti alibi e su questo sito lo abbiamo più volte rimarcato: una squadra rivoluzionata, i tanti infortuni, una Juventus oggettivamente superiore e una Roma senza impegni europei. Per questo motivo parlare di stagione fallimentare sarebbe eccessivo; ma che il Napoli di Rafa sia una mezza delusione è sotto gli occhi di tutti e non è negandocelo che faremo più strada l’anno prossimo. E’ una delusione per almeno tre ragioni: perché la concorrenza in Italia è davvero di basso livello, perché per lunghi tratti non sono mancati solo i risultati, ma anche il bel gioco, e infine perché Benitez non ha mai dato l’impressione di riuscire a imprimere un cambio di passo (tattico o caratteriale) ai suoi. Il risultato è che il Napoli, da ottobre in poi, è incappato sempre negli stessi errori e ha buttato via punti sempre alla stessa maniera. La sconfitta di Parma lo ha dimostrato in maniera lampante: dopo aver rimarcato per tutta la stagione quanto fosse difficile affrontare un impegno ogni tre giorni, l’allenatore spagnolo ha avuto una settimana di tempo per preparare la trasferta contro una squadra che invece era impegnata nel recupero contro la Roma. Inutile ricordare come sia andata non tanto per il risultato, ma per la prestazione sconcertante offerta dagli azzurri. Ergo, il discreto score nelle Coppe non può giustificare il balbettante cammino in campionato.

    La concorrenza italiana

    La Juventus e la Roma stanno battendo ogni record, e questo è innegabile. Ma non giocano in un altro campionato. Affrontano le stesse avversarie del Napoli in una Serie A che si è notevolmente impoverita a livello tecnico: basta confrontare il Genoa di Gasperini di 4 anni fa con quello di oggi, per non parlare delle milanesi, della Lazio, del Cagliari o del Bologna. Sostenere quindi che i bianconeri e i giallorossi stiano “correndo troppo” equivale a mettere la testa sotto la sabbia; tengono questi ritmi perché affrontano avversari non irresistibili, gli stessi contro i quali il Napoli troppo spesso fatica terribilmente. Chiariamoci una volta per tutte: la Juve è più forte mentre la Roma ha una rosa di pari livello ma non ha avuto le Coppe, quindi il terzo posto del Napoli non è da buttare via. Sono i distacchi che iniziano a farsi siderali. Venti e dodici punti in meno non rappresentano una sciocchezza che si può giustificare con qualche battuta a vuoto contro le piccole: sono un’enormità che evidenzia un gap – tecnico, tattico e caratteriale – che non sarà facile colmare in sede di mercato.

    E il gioco?

    Già, perché a parte le distrazioni, la sfortuna e i limiti della rosa, il Napoli spesso ha perso punti semplicemente perché ha giocato male. Ed è questo l’aspetto più preoccupante, ancora più dei distacchi in classifica. Perché dimostra che la squadra non ha ancora un’identità precisa di gioco che gli assicuri, al di là del risultato, prestazioni quantomeno dignitose ogni volta che scende in campo. Il modulo di Benitez non sembra sia stato ancora digerito dalla maggior parte dei giocatori: se vanno tutti a mille il Napoli gira ma basta che qualche interprete sia sotto tono per inceppare il meccanismo. Meccanismo che, è bene ricordarlo, non prevede alternative.

    L’integralismo di Rafa

    Con il 4-2-3-1 abbiamo iniziato e con questo modulo finiremo. Col vincere, si spera, e non con l’andare a sbattere. Benitez ha deciso che i suoi dovevano scendere in campo “all’europea” e nulla lo ha distolto dalla sua idea: né gli infortuni, né le difficoltà palesate da alcuni giocatori, né tanto meno le battute a vuoto. Una coerenza che in qualche modo gli fa onore. Certo, il Napoli resta l’unica squadra italiana a non poter contare su un modulo alternativo a quello di partenza. Due centrocampisti e tre giocolieri dietro un’unica punta: fuori Insigne e dentro Mertens, fuori Higuain e Zapata in campo: nell’arco dei 90 minuti cambiano gli interpreti ma non l’atteggiamento. Come sarebbe andata in alcune occasioni (Dortmund, ad esempio) con un centrocampo più robusto? O con due uomini d’area schierati insieme negli ultimi minuti di partite da vincere a tutti i costi? Nessuno lo sa. Di certo continueremo a chiedercelo fino a fine stagione.

     

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