C’era una volta la curva B, cuore del tifo tra spettacoli e ombre

Dopo gli insulti a De Laurentiis e la reazione stizzita di tutto il resto dello stadio, l’ex tempio della torcida si è ridotto a recinto di un’isolata minoranza. Involuzione provocata dall’inevitabile confronto con il mito del Commando ultrà
  • di Errico Novi

    Il culmine arriva in una domenica d’autunno del 1989. In Romania è in corso una rivolta di popolo contro l’ultimo brandello della cortina di ferro, Nicolai Ceausescu. Al San Paolo il Commando ultrà curva B espone uno striscione di solidarietà al popolo rumeno. Iniziativa insolita per una tifoseria, che però il gruppo egemone della torcida azzurra assume a coronamento di una lunga teoria di gesti analoghi. Il Cucb è un gruppo diverso da qualunque altra sigla ultras d’Italia. Ha un capotifoso carismatico e conosciutissimo come Gennaro Montuori detto Palummella. Realizza continuamente sontuose scenografie, grazie al sostegno degli sponsor che compaiono su bandieroni e palloncini azzurri. Rappresenta insomma l’antitesi alle frange violente e incontrollabili che spesso macchiano di sangue le cronache sportive. Sono i “buoni” del tifo. Forse lo sono troppo. Comunque passano alla storia per la festosità dei toni, del modo di accompagnare le partite, perfettamente opponibile al cupo razzismo di veronesi e interisti, per esempio.

    Ecco, proprio il continuo, inevitabile confronto con questo passato a suo modo glorioso è all’origine dell’atteggiamento insensato assunto oggi dalla curva B contro De Laurentiis. Vediamo perché.

    Da ex cuore caldo del tifo partenopeo, quel settore è diventato il luogo della contestazione più cieca. Proprio ora che il Napoli è nelle mani di un presidente entusiasta e assennato in curva B vengono esposti striscioni senza senso. Quella vista prima della partita col Milan è la scena madre. Compare l’ennesimo drappo (“Uccidi i nostri sogni per soddisfare i tuoi bisogni, meglio la ‘C’ che un presidente così”) e fin lì tribune e distinti reagiscono con un borbottio. Poi al successivo coro “De Laurentiis figlio di puttana” scandito sempre dalla curva B, dagli altri settori parte l’impietoso “scemi, scemi”. Di contrapposizioni se n’erano viste pure in passato, ma mai si era avuta l’impressione che l’ex tempio del tifo azzurro si fosse ridotto a recinto di un’isolata minoranza.

    Perché, cos’è successo? Negli anni Novanta, quando il sogno del Napoli di Diego si è progressivamente dissolto nell’incubo dei dissesti e dei campioni svenduti, il Commando ultrà è spesso stato accusato di intrattenere rapporti incestuosi con Ferlaino. Teorie non sempre fondatissime. A giugno ’94 sono proprio Montuori e i suoi a inscenare una clamorosa manifestazione di protesta sotto la villa dell’Ingegnere per la cessione di Ferrara e Fonseca. Dalla curva B partono spesso i cori “Ferlaino vattene” che scandiranno in pratica un intero decennio. È anche vero che il Commando ultrà e in particolare il suo leader indiscusso vantano un canale di comunicazione preferenziale con la società. Prassi questa consolidatasi all’epoca di Diego. Forse l’episodio che meglio rappresenta la particolarità della situazione è proprio la festa nello spogliatoio del 10 maggio 1987, giorno in cui realizziamo il sogno del primo scudetto. Mentre lo stadio si svuota e noi tutti sciamiamo verso le strade del centro per il nostro carnevale di gioia, Gennaro Montuori ha il privilegio di essere ammesso nello spogliatoio – unico capotifoso – a far festa con giocatori e presidente. Lo si vede nelle immagini della Domenica sportiva, quelle passate alla storia per le interviste di Diego ai compagni e i gavettoni a Galeazzi. Non c’è dubbio, Palummella aveva rapporti diretti con la dirigenza azzurra. Ma non era il solo capo ultrà ad avvalersene. Anche ad altri gruppi del tifo organizzato, dai Blue Lions di ’O Barone alle sigle della curva A, vengono concessi pass per l’accesso gratuito in curva e stock di abbonamenti da vendere con lieve sovrapprezzo.

    Ma appunto negli anni Novanta le cose cambiano, le relazioni diplomatiche tra curva B e dirigenza proseguono in modo sempre più complicato. Il trauma arriva alla fine del campionato 2000-2001, che segna il nostro ritorno in serie B dopo l’inutile staffetta in panchina tra Zeman e Mondonico. Montuori comprende che la sua leadership non è più compatibile con la pesantezza del clima e con i modi ruvidi delle nuove generazioni (soprattutto dei gruppi della curva A). Decide perciò di dimettersi da capotifoso, con una lettera indirizzata alla società, agli organi di stampa e pubblicata integralmente sul suo mensile Ultrazzurro Stadio. La scelta risente anche delle divergenze con altri componenti del direttivo del Cucb, in particolare Enzo Busiello. Quest’ultimo decide infatti di partecipare al corteo di protesta contro Corbelli e Ferlaino organizzato da Fedayn e Curva A pochi giorni dopo la retrocessione. Un’iniziativa che Montuori non condivide. All’inizio del successivo campionato cadetto il Commando ultrà saluterà con uno striscione il suo vecchio capo, ormai trasferitosi a seguire le partite in Tribuna. Ma è l’inizio di una lunga guerra fredda. Che finirà per degenerare in un clamoroso ripudio il 17 aprile 2011. Sta per giocarsi Napoli-Udinese, dal settore centrale della curva B presidiato dall’ex Commando ultrà, nel frattempo ribattezzatosi Ultras 72, viene esposto un pesantissimo striscione contro Palummella: “Sfrutti la nostra coerente assenza per riproporre la tua losca presenza, come un avvoltoio si avventa sulla carcassa, Montuori sei ritornato a rimpinguare la tua cassa”. Il vecchio capotifoso è accusato di essersi indebitamente (secondo i contestatori) presentatosi in curva allo stadio Dall’Ara in occasione di Bologna-Napoli, la settimana prima. Loro, i suoi ormai lontani eredi, si sono rifiutati di sottoscrivere la tessera del tifoso come tutti gli altri gruppi ultras partenopei. Accusano il vecchio capo di voler approfittare della loro forzata rinuncia alle trasferte per riprendere in mano le redini del tifo.

    È un segnale clamoroso, erano in pochi a essere già informati sul degradarsi dei rapporti tra Palummella e i nuovi capi. Ma in questo disconoscimento del leader di un tempo c’è l’indiretta spiegazione delle attuali contestazioni a De Laurentiis. Gli Ultras 72 si sono dati effettivamente un’impostazione completamente diversa dal tifo gioioso, coreografico, e mai del tutto svincolato dai rapporti con il club, che era stato proprio del vecchio Cucb. Nello stesso tempo però hanno raccolto un’eredità molto difficile. Montuori e i suoi ultrà restano pur sempre un pilastro nella storia del tifo napoletano: hanno allestito coreografie ammirate in tutto il mondo, sono stati l’elemento trainante negli anni delle grandi vittorie. I successivi Ultras 72 hanno spesso vissuto in una sorta di difficile contrasto tra il nuovo stile ultras assimilato a quello della curva A e la responsabilità di dover comunque onorare una certa tradizione “coreografica”. Può valere per tutti l’esempio dello spettacolo allestito nel 2005 in occasione di un Napoli-Roma di Coppa Italia: gli azzurri militavano all’epoca in serie C, ma l’evento di una gara a eliminazione secca con un top club del massimo campionato spinse Busiello e il suo gruppo a inscenare in curva B uno spettacolo degno del vecchio Cucb: migliaia di cartoncini azzurri e lo striscione, un po’ malinconico, “Mi ritorni in mente”. Bello, difficile da dimenticare. Ma non sempre la “nuova” curva B ha potuto, o voluto, mantenere tali standard “hollywoodiani”. È evidente come questo provochi un disagio, negli eredi di Palummella: hanno deciso di essere qualcosa di diverso, ma non hanno mai rinunciato del tutto a essere, in qualche modo, ancora la “vecchia curva B”. E cioè i degni custodi del vecchio tempio. L’inevitabile confronto con il Cucb ha spinto i suoi successori a un sottile rancore verso quell’ingombrante passato. Questo risentimento si è manifestato a volte contro Montuori, e altrimenti ha preso altre forme. Prima fra tutte quella della contestazione ruvida – più intransigente rispetto alla stessa curva A – nei confronti di De Laurentiis. Come se in questo modo gli attuali Ultras 72 volessero distinguersi dal passato di cui sono eredi: l’allora Cucb intratteneva rapporti diretti con Ferlaino, i suoi successori contestano con indebita durezza un presidente dai così tanti meriti. E lo fanno con la rabbia di chi sa che mai potrà far rivivere fino in fondo il ricordo di una curva diventata mito.

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