Dieci motivi per cui godo delle sfighe di Mazzarri. Perché chi ama, non dimentica
di Boris Sollazzo
Dovevano esonerare Walter Mazzarri per far tornare a scrivere Giulio Spadetta. E già solo per quello godo molto dell’allontanamento di chi s’è fatto un’autobiografia con il titolo “Il meglio deve ancora venire”. Per chi non lo sopporta, forse. E io come sempre leggo il mio amico e collega e mi viene da dargli ragione. Per la sua logica implacabile, perché chi usa l’espressione “pezzenti sagliuti” ha sempre ragione, perché Spadetta è Il giovane favoloso di Martone, spietato e geniale, lucido e con una prosa armonica, romantico e appassionato. Insomma, per tre quarti del suo articolo io lo seguo, come un topolino dietro il pifferaio di Hamrin. Pardon, di Hamelin. Poi capisco. Che è un furbacchione Spadetta. Che la parola e il pensiero nelle sue mani sono strumenti diabolici. E io, che sono una mente povera ed elementare, posso rispondergli solo con una lista. Con cui spiegargli perché è giusto godere, moderatamente, dell’esonero nerazzurro di Walterone nostro.
- Io Mazzarri non lo dimenticherò mai. In campo mi faceva ribollire il sangue: in camicia anche con 4 sotto zero, o a Villareal quando fa fallo su un giocatore, quando si faceva comminare le espulsioni tattiche che gli aveva insegnato Ulivieri. Non scorderò mai, anche per motivi personali, Napoli-Milan 2-2, Juventus-Napoli 2-3, la coppa Italia, la vittoria a Roma con doppietta di Cavani che mi son goduto a Berlino, Napoli-Steaua, Napoli-Lecce, Napoli-Palermo, Cagliari-Napoli. Ma nulla proprio, eh, rinnego. L’ho difeso strenuamente dai raffinati esteti del pallone, ho persino finto che fosse mourinhano il suo vittimismo parossistico. E sono d’accordo mio caro Giulio, un allenatore non è una moglie, non è l’amore della vita. Ma se dopo aver fatto all’amore per anni e con grande piacere con una donna, quella malafemmena si prende una pausa di riflessione e scopri che si struscia fortissimo con un altro da sei mesi, che pure chiamano la Beneamata, ti rode parecchio. E se poi mi nega pure l’evidenza, quando mi lascia, dopo che l’ho pregata di rimanere, e allora io non ricorderò tanto bene gli anni insieme. Ma mi rimarrà in testa e nel cuore solo che sei una figlia di madre ignota. Grandissima. E mi augurerò che il nuovo amante, Moratti o Thohir che sia, ti renda pan per focaccia. E quindi, se quell’indonesiano in una notte gli ha preferito Mancini, facendogli scoprire che se fosse rimasto con me sarebbe stato più felice e avrebbe goduto di più, io me la godo. Come quando vedi una ex che è ingrassata e si è imbruttita. Siamo esseri viventi di natura meschina, amico mio.
- E pure tu non sei esente dalle piccolezze dell’uomo tifoso. La tua battaglia contro il presidente, a tuo parere avido, avaro e profittatore, che non ha cuore Napoli e il Napoli, non la condivido, ma la rispetto. Mi colpisce che però tu difenda il tecnico di San Vincenzo: avido, avaro e che Napoli non la sopportava e il Napoli lo considerava una piccola squadra. Tanto da andare a Milano e starci davanti un paio di giornate su quasi una cinquantina. Due pesi, due frittur’. Pardon, due misure. Mettiamola così, smetto di godere, moderatamente, per le disgrazie del piangino atomico se tu cominci ad apprezzare “o’ pappone”.
- E sì, se dopo esserti accompagnato con una femmina talentosa ma rozza e piena di difetti, tu incontri la donna dei tuoi sogni, è giusto anche giudicarle entrambe come meritano. E con Rafa io godo. Sì, mi fa impazzire, è un’altra camminata. Mi fa sentire diverso, più maturo e felice. Pensa, fino a qualche mese fa godevo di ogni singola sconfitta dell’Inter. Ora, Don Rafé mi ha talmente cambiato la capa che la prima cosa che ho pensato alla notizia dell’esonero del battitore d’orologi più forsennato del West è stata “o mio dio, è libero per il prossimo anno”. No, sto mentendo, era la terza. La prima era “godo, gli sta bene”. La seconda, accompagnata da gesti apotropaici, un bel “tié”. Insomma, non mi sono arricreato come pensavo. Ero più interessato al Cagliari.
- Forse però, devo farti qualche esempio. Per farti capire – ma tu lo sai bene, perché con la penna dici cose che con la sciarpa non pensi – io ho una scala d’amori che con tabellini, risultati e medie-gol o numero di punti c’entra poco. Per dire, Walter Mazzarri, che pure ci ha portato a tornare grandi, non mi è rimasto nel cuore. Luigi De Canio, eroico condottiero di una squadraccia che sapeva lottare e illuderci in B, sì. Perché il secondo teneva una passione per noi che il primo se la sognava. Perché ancora oggi quella stagione sfortunatissima la maledice. Perché sarebbe rimasto per anni, mentre il nostro già al secondo anno voleva andar via.
- Mi fai l’esempio di Cavani. E certo che è merito di Mazzarri. Ma pure Grava e Pazienza lo sono. Hamsik e Lavezzi se l’è cresciuti Reja, lui sì un amore infinito. Ma Walter è pure Britos e Inler, eh. Ma non è una questione tecnica. Parlavamo del Matador. Più di 100 gol in tre anni. E se volessi far l’analisi di questo dato ti direi che mai s’è segnato come l’anno scorso, e che con l’imbuto la strada per vino o olio è sempre e solo una. E far segnare tanto un solo giocatore, non è che necessariamente sia un bene per la squadra. Ma il punto è ancora un altro: io a Edinson sai quando l’ho amato di più? A Bologna, l’anno dello 0-2, il giorno in cui abbiamo sperato nello scudetto. Esultava, in tribuna, come un pazzo. Roso dall’ambizione, ma io speravo che fosse amore per noi. C’ero cascato, come Soledad e persino Dio, fregati come me dalla sua tripla faccia. Ora, sarebbe facile dirti “meglio Higuain”. Troppo scontato, Gonzalo è migliore pure come giocatore. Io ti dico “meglio Schwoch”. Perché quell’anno, da cuore azzurro, in B, vale più dei tre di Edy. Stefan si caricava la squadra sulle spalle, Cavani, che pure tornava persino in difesa, la pretendeva al suo servizio. Schwoch ci ha amato, l’atleta di Dio ci ha usato come stazione di passaggio. Il primo piangeva, andando a Torino, il secondo diceva di volere il Real e ha scelto il denaro facile degli arabi franzosi.
- Callejòn ha segnato la metà dei gol di Lavezzi tra i cannonieri napoletani, ma andando avanti così e senza partire dal Golfo, potrebbe superarlo presto. E io a José lo adoro, trovo sia un giocatore pazzesco, totale, entusiasmante. Ma tutti i suoi gol, bellissimi, non mi ecciteranno mai come la corsa a perdifiato e il gol in espirata a Cagliari, la pallonata ad Allegri sempre al Sant’Elia, il pianto all’Olimpico, il gol a Parma fatto cadendo. Il Pocho, sì, quello che di Napoli s’è anche lamentato, ma non da ominicchio. Ha sempre detto le cose come stavano, non dicendo balle.
- Ora magari, se Quagliarella viene venduto alla Juve Stabia, e io godrò, mi rimprovererai. Ma tutte quelle scene del tipo “sono così tifoso del Napoli che se segno non dormo per la felicità e se sbaglio invece pure per la disperazione” erano un po’ rattuse, visto il finale di campionato da quaquaraqua e la partenza per non fare la panca da noi e decidere di farla a Torino, nella Juventus. Ecco, io al buon Fabio preferirò sempre Calaiò, che soffriva davvero per gli errori in azzurro e andava in visibilio quando segnava con quella maglia addosso. Ma non scomoderei l’arciere. Diciamo che il buon Galletti ha uno spazio più ampio nel mio cuore di quello del centravanti granata.
- L’amore. Amare Napoli vuol dire sperare di renderla migliore. Non vampirizzarla. Ecco, Benitez è l’unico che ha sempre sognato, per sé e per noi, che diventassimo grandi. Con o senza di lui. Non c(r)ede alla nostra presunta (non solo dagli altri) inferiorità ontologica, al nostro fatalismo autolesionista, a quella vesuviana tendenza ad affidarsi alla sorte e al genio e alla natura tanto feroce quanto generosa. Qui s’è vinto solo con Maradona, lui è convinto che possiamo essere come tutti. Anzi, meglio di tutti. Che qui si può programmare, costruire, cambiare. Ecco, caro Giulio, io e te siamo così: Napoli non l’abbiamo salvata, ma ci proviamo. Non ci arrendiamo al “siamo fatti così”. E lui neanche. Crede in noi più di quanto lo facciamo noi stessi. L’altro, invece, venne convinto d’essere l’uomo della Provvidenza, il civilizzatore. E magari lo fu pure. Ma ora quel senso di superiorità se lo può mettere altrove.
- E quindi no, Giulio, non ridicolizziamo noi stessi dileggiandolo. Ma prendiamo consapevolezza che non ci basta più un abile artigiano, ma ci meritiamo un grande artista. Che Salemme e Siani vanno pure bene, ma vogliamo Eduardo e Troisi. Che parvenu è chi a Benitez lo tratta come un Mazzarri, e non viceversa. Che pur di andare contro il presidente si dice tutto e il contrario di tutto. Vi lamentate voi, del presidente che ha venduto Lavezzi e Cavani. Ma poi per elogiare il passato – sempre migliore del presente, guarda un po’- quella passata diventa una banda di straccioni. E allora, Aurelione nostro ha fatto schifo e ha indebolito la squadra (e allora il fenomeno è Benitez) oppure ha fatto il possibile e ha migliorato la rosa (e allora è un fenomeno Mazzarri). Com’è che si cambiano le carte in tavola a seconda di come volete attaccare il progetto che tanto dileggiate? Pare Civati che s’accompagna alla Bindi pur di far dispetto a Renzi. Con cui peraltro aveva cominciato da amicone.
- Ma hai ragione tu, fratello mio, le chiacchiere stanno a zero. E allora te lo dico io: prendendo pure il secondo anno come quello vero, mazzarriano, completo, Rafa all’esordio ha fatto già più di lui. Lui allora arrivò terzo, come Benitez. Ma senza la Coppa Italia, che arrivò dopo tre anni. E sì, se conti che Hamsik ne ha segnati pochini di quei 104 gol l’anno scorso, c’entra davvero pochino Walteruccio tuo nel nostro quadridente offensivo. Quella fionda contropiedista era bella (ancora mi commuovo al pensiero del gol contro il Siena al San Paolo in semifinale di Coppa Italia) ma non è certo la sinfonia celestiale attuale. In compenso, dietro, facevamo fesserie proprio come oggi.
Io il professore di liceo non lo rinnego. Ma si credeva d’essere diventato rettore all’università. A vergognarsi di se stesso, a vestirsi a festa e metter montature colorate quando è salito a Nord, l’ha fatto lui. Noi ce lo saremmo tenuto senza giacca e coi capelli cotonati, Giulié. Chi è, quindi, il pezzente sagliuto?