No caro Walter, con quell’addio annunciato alla prima sconfitta l’anno scorso ci hai distrutto
di Errico Novi
Che sia chiara una cosa: Mazzarri va ricordato con gratitudine. E rispetto. Sono incomprensibili certe fiammate di rancore delle settimane addietro, quando ogni sua frase che riguardasse Napoli o Benitez veniva accompagnata da un pesante coro di pernacchie. Sulle evidenti ragioni per cui dovremmo ricordare questo allenatore tra i migliori della nostra storia ha già scritto con grande lucidità Domenico Zaccaria. Adesso lo stesso Walter tiene a rivendicare i suoi grandi meriti con un’intervista al Mattino, a due giorni dal ritorno. Va tutto bene, ne ha il pieno diritto. Ma qualche puntualizzazione a nostra volta sentiamo di dovergliela muovere.
Una più di tutte. E riguarda la stagione passata. L’unica peraltro in cui davvero si possa rimproverare qualcosa al tecnico di San Vincenzo. Chissà se lui stesso se n’è mai reso conto, ma l’anno scorso il Napoli ha sciupato clamorosamente l’occasione di giocarsela fino alla fine con la Juventus. È fuori luogo dire che avremmo meritato di strapparle lo scudetto, ma certo potevamo reggere la scena in tutt’altra maniera. E chissà, la banda Conte avrebbe avuto un passo meno fulminante, se si fosse misurata con un’inseguitrice più insidiosa. Il nostro vero limite non è stato nei retropassaggi di Aronica – che per carità pesavano – ma nel senso di precarietà che Mazzarri ha trasmesso alla squadra. Il nostro vero crocevia arriva la sera della sconfitta con la Juve, primo passo falso dopo un filotto di sei vittorie e un pareggio: dimostriamo di non essere inferiori ai bianconeri che anzi nella ripresa ci subiscono fino al loro improvviso vantaggio, dopodiché Mazzarri in conferenza stampa se n’esce con quella storia dell’anno sabbatico. Provato e con una voce insolitamente sommessa svela che non sa se sarà lui a guidare il Napoli nella stagione successiva. Errore fatale. Perché lui era il leader. Non c’erano condottieri in campo: fuoriclasse sì (Hamsik), formidabili purosangue (Cavani) e strepitosi guerrieri (Behrami) pure, ma nessun leader. Il capo era lui. E quando dice o fa capire che se ne andrà, ai suoi ragazzi frana il terreno sotto i piedi.
È da lì che nascono le nostre alterne fortune della stagione scorsa. Quella doccia fredda scaricata addosso ai giocatori è un errore madornale. Che poi viene enfatizzato da un’analoga incertezza legata a Cavani: Edinson fa a sua volta di tutto per diffondere dubbi sulla sua permanenza. A un certo punto si deve temere di perderlo addirittura nella pausa di gennaio. È come se la bellissima costruzione edificata in tre anni da Mazzarri e dal suo gruppo si trovi all’improvviso senza fondamenta. E la squadra ne risente, in modo drammatico. Ha un solo impeto di fierezza dopo la vicenda della squalifica, poi rientrata, di Cannavaro e Grava. E in quella fase infatti ritrova il ritmo inarrestabile delle prime giornate. Alla vigilia di Lazio-Napoli arriva a tre punti dalla Juve e con lo scontro diretto da giocare in casa. Poi frana di nuovo.
Ecco, come quindici giorni fa ha scritto su questo sito Domenico Zaccaria, la sola macchia impossibile da cancellare è il modo in cui Mazzarri se n’è andato: qui aggiungiamo che quell’addio si è consumato come un inspiegabile stillicidio già da inizio stagione, e di fatto l’ha compromessa. In un quadro di sottile insofferenza che si intravedeva nei suoi modi Walter ha poi commesso altri peccati veniali, come la cattiva gestione del turnover in Europa leaugue. Senza certe stravaganze avremmo almeno superato il turno col Victoria: dettaglio non da poco, perché passato quell'ostacolo il nostro ranking per la Champions non sarebbe stato da quarta fascia. Il che avrebbe voluto dire trovarsi in un girone meno folle di quello che ci è appena costato la beffarda eliminazione. Detto senza rancore, Walter dovrebbe mettere a bilancio anche aspetti del genere, quando dice di aver ottenuto il massimo dal materiale che aveva. Tanto più che con certi giocatori – vedi Insigne sempre l’anno scorso – si è fatto schiacciare dalla modesta attitudine a lavorare con i giovani. Come dimenticare le sue ciglia inarcate di perplessità di fronte al possibile arrivo di Verratti, che oggi probabilmente farebbe del Napoli una squadra da scudetto? Mazzarri ha meriti straordinari. Se però dicessimo di non avere neanche un motivo di rimpianto per come sono andate le cose lo prenderemmo in giro.