Dieci aspetti positivi del pareggio contro l'Athletic Bilbao
di Boris Sollazzo
Ci ho messo un paio di giorni a trovare una decina di cose per cui sorridere, dopo quella partita stregata che ci ha fatto avere ben cinque palle gol clamorose contro i fortissimi baschi, senza riuscire a vincere.
Ma alla fine ce l'ho fatta e le condivido con voi.
1. Ci serviva una partita che ci dicesse chi fosse fatto per il Napoli e chi no. Non solo in campo, pure fuori. E se De Guzman, senza paura, ha firmato per noi indipendentemente dal passaggio del preliminare, il capelluto Fellaini se l'è fatta sotto. Ma voi ci credete davvero che lo spilungone belga che si pettina con i petardi si è rotto una caviglia? Su, ha fatto come il sottoscritto ai tre giorni: solo che invece di fingersi gay, matto e appassionato dei fiori, ha comprato un paio di stampelle e ha simulato un infortunio in allenamento per non venire qui da noi. O, come dice il mitico Ernesto Napolitano, ha fatto come quelli costretti dalla leva obbligatoria a combattere la Prima Guerra Mondiale: si sparavano su un piede per ottenere una dolorosa e indegna diserzione.
2. Dries Mertens è un fenomeno ed è più napoletano di noi. Dopo un contrasto ci aizza perché non sente il sostegno dei tifosi - e quanto ha ragione -, poi cambia la partita da solo. Fa partire l'azione del gol capolavoro di Gonzalone, si beve mezza difesa e gli mette sul piede un'occasione d'oro per completare la rimonta, spara una bomba da 25 metri da manuale del calcio sotto l'incrocio, sventata da un miracolo del miracolo numero uno dell'Athletic.
Ma visto che sia Wilmots in nazionale che Benitez a Napoli non lo vedono come titolare, vorrà dire che almeno in una cosa primeggiamo: abbiamo la riserva più forte del mondo.
3. La coreografia per Ciro in Cuva B. Il coro per lui. Lo striscione. L'urlo della Champions. Che meraviglia, indimenticabile. Poi, chissà perché, il silenzio. Il fiato serviva a fischiare Insigne, ma non per urlare quando i nostri ragazzi avevano bisogno di noi. E non ditemi che anche Pavarotti veniva dileggiato se si produceva in una pessima performance: perché questo ragazzo ci fa vincere la quinta Coppa Italia e alla prima partita della stagione successiva, dopo un errore sotto porta viene preso di mira. E poi ci lamentiamo se lui esprime il suo dissenso proprio come fa lo stadio? Intendiamoci, se vestono la maglia azzurra io non li fischio mai, neanche se si chiamano Britos e sul gol avversario spolverano la linea del fallo laterale marcando un fotografo o un raccatappale, chissà. Ma se volete fare i criticoni, come mai il Callejòn distratto e strafottente dell'altra sera l'avete salvato? E allora ce lo meritiamo Cavani!
4. Meno male che il 27 giochiamo in uno stadio vero con tifosi veri. Al San Mamés di Bilbao. Fatto per il calcio, con persone sugli spalti che danno senza pretendere nulla in cambio, perché se ami, che sia una donna o una maglia, non lo fai per interesse, ma per una passione impossibile da trattenere. Se quella è la Catedràl, noi al massimo siamo una parrocchietta di campagna, anzi no, un ex voto all'incrocio.
Lì si che capiremo cosa vuol dire 12imo uomo in campo. Qui da noi siamo così impegnati a dividerci tra "papponiani" e " aureliani" che ci dimentichiamo il motivo per cui andiamo allo stadio: urlare, cantare, fischiare (gli avversari), terrorizzare con la nostra passione gli avversari, tenere su alto il morale degli azzurri quando perdono e dare, chiamare la carica quando pareggiano e vincono. Invece martedì sera, dopo 10 minuti, i baschi hanno capito che non dovevano aver paura di nulla e se hanno giocato con coraggio e baldanza è anche colpa nostra, anzi soprattutto nostra. Al San Paolo, il 19 agosto, quelli che hanno dato tutto, cuore e sudore, sono stati i giocatori. I tifosi sono usciti con le corde vocali intatte e senza una goccia di sudore. Sembrava la curva Sud dell'Olimpico quando gioca la Lazio (sì, lo so, non la aprono neanche nelle partite casalinghe dei biancazzurri: appunto). Se venite allo stadio, e in curva, per vedere la partita, sappiate che potete rimanere a casa: ve la godete meglio. D'altronde si era in più con il Psg che con il Bilbao. Smettiamo di dire che siamo il tifo più bello del mondo, ormai siamo ultras da youtube: buoni per urlare "The Champioooons" più forte di tutti per poi postarlo su internet. Ma nei 90 minuti siamo peggio di Britos e Donadel. Anzi, sapete che c'è? La prossima volta Insigne e compagni dovrebbero fischiare noi quando usciamo. Magari dieci minuti prima, sull'1-1.
5. Koulibaly. Solo il pagellista del Corriere dello Sport poteva mettergli 5,5, non accorgendosi che Raul Albiol, terrorizzato dall'addio di Fernandez e dalla prospettiva di fare gli straordinari anche quest'anno e magari di giocare anche il giorno di Santo Stefano nel dopolavoro della Garofalo, stava scioperando. Kalidou potremmo trovarcelo top player già fra sei mesi: fisico, velocità, cattiveria e senso della posizione, se affina il piede diventa perfetto. Anche se molti siano convinti fosse Zapata travestito. Non vedevamo una diagonale difensiva, al San Paolo, da tempi immemori. L'ultimo che le faceva era Grava, ma lui le faceva inconsapevolmente, per istinto e disperazione. Il suo era un riflesso pavloviano agli attacchi avversari. Kalidou, invece, pure quando sbaglia dà sicurezza.
6. Michu. In fondo peggio di martedì mica potrà fare. Cioè, al massimo può sbagliare a porta vuota come Speroni ne L'allenatore nel pallone, ma deve chiederglielo De Laurentiis no? Poi ci devono pure spiegare perché Callejòn era Aristoteles fino a tre mesi fa e ora è diventato Crisantemi. Deprimente.
7. Michu. In fondo è solo in prestito. Senza obbligo di riscatto. Pensate a Zuniga: lo abbiamo pagato, di stipendio, più di Hamsik e Mertens messi insieme per farlo gocare al mondiale. Con un'altra maglia, pensate che classe. Se sta fuori un altro po', non entra più neanche nelle statischie sulla disoccupazione. Pare che dalle parti di Castel Volturno lo stiano cercando con i cani. A Chi l'ha visto, dopo la buca presa dall'anno scorso, già si sfregano le mani. In fondo Michu è solo in prestito. Certo, pure se non l'abbiamo pagato per intero, magari un tiro poteva farlo lo stesso, però, insomma, sempre meglio di Camilo.
8. Michu. Ogni volta che una punta spagnola non tira, uno Zapata, nella savana, lancia un urlo di disperazione. E ogni volta che io penso a Michu, dormo come un bambino. Cioè mi sveglio ogni ora e piango.
9. Mi dispiace non aver parlato di Michu, ma c'erano cose più importanti. Per esempio: tutti ci lamentiamo di aver giocato l'andata del preliminare con Britos e Gargano. Per 90 minuti, peraltro. Ma voi sbagliate la visuale: l'abbiamo giocata con loro due e non abbiamo perso. Anzi, meritavamo di vincerla. Figuriamoci senza di loro quanto ci divertiamo. Ah, come, Gargano migliore in campo? Avete già smesso di fischiarlo? Che bravi, già, conta solo la maglia e chi la onora, avete ragione. Coerenza e mentalità, diamine!
E che mi dite di Insigne? Lui fischiamolo, perché fosse mai che uno di noi ce la faccia, no? Vabbé, su che a Bilbao tornano Ghoulam, Inler e Zuniga. Ok, è vero, è più facile che Donadel vinca il pallone d'oro che il colombiano torni a giocare. Ma io sogno ancora Di Maria, potrò pure immaginare quel ragazzo trascinarci sulla fascia! In fondo deve farsi perdonare l'unica cosa determinante che ha fatto l'anno scorso: l'autogol in Napoli-Borussia Dortmund.
10. L'anno scorso, sugli spalti dell'Olimpico - chi c'era se lo ricordi: non ci torneremo più per decenni - al terzo gol della Roma nella semifinale di Coppa Italia, all'andata, non mi disperai. Anzi. Dissi al nostro maestro Errico Novi "per come siamo fatti noi, l'unico modo di passare questo turno è perdere qui con gol, essere obbligati a vincere: con il 2-2 l'eliminazione è matematica, in casa ne prendiamo tre". Ecco perché ammazzerei Callejòn per il suo errore - proprio lui? Tu quoque Britos, pardon Brutus. Lui quelle non le sbaglia mai -, ma non mi dispero per la parata su Higuain all'85'. Se lo spagnolo ci regalava l'1-2 letale, finiva 3 o 4 a uno per noi. Se invece segnava Gonzalone, finiva 2-1, andavamo a giocarcela in difesa al San Mamès e come a Dortmund tornavamo con le pive nel sacco. Vi dirò, sono ottimista. Basta non giocarsela con Michu che, come il nostro Giulio Spadetta ha definito in una retropagella a caldo, ricorda il miglior (o peggiore, fa lo stesso) Condor Agostini.
E poi io punto su Higuain: quand'è magro è triste. Poi si mangia il gol nella finale mondiale, ingrassa di nuovo, e da uomo de panza e de sostanza, si inventa un gol clamoroso. Neanche Careca e Gerd Muller insieme, superano quelle maniglie dell'amore. Come dice Francesco Albanese, il nostro presidentissimo, lui è forte quando è in forma. Sì, rotonda però. Mangia la bufala, un paio di gol anche l'altra sera, è soddisfatto e felice e ci regala capolavori. Quindi mercoledì prossimo a pranzo pasta e ragù per il Pipita!