Un po' di Pepe al Napoli non guasta affatto, anzi...
Di Antonio Moschella
Ben oltre la stucchevole retorica che parla di amori che non finiscono mai ma che fanno un gran giro e poi ritornano, è fuori discussione che il ritorno di Pepe Reina al Napoli sia una notizia più che positiva in un ambiente scosso dalla mancata conquista di un posto in Champions League e dall'addio non troppo lieto di Rafa Benitez. La fine della primavera aveva visto appassire e non germogliare i fiori azzurri e c'era bisogno di una sterzata benevole e benefica che riportasse il sorriso sia sul viso dei tifosi sia su quello dei calciatori che dalla Rafalution erano finiti col sentirsi attanagliati in un vicolo cieco di angoscia e dubbi amletici sul futuro prossimo. Ecco quindi una serie di punti sul perché il buon Pepe può fare solamente bene all'ambiente azzurro.
- In primis perché è un uomo spogliatoio come pochi. Non è un caso che Luis Aragonés e Vicente Del Bosque lo abbiano reso parte integrante di un gruppo storico: dal 2006 al 2014 Pepe ha sempre fatto parte dei convocati della selezione spagnola nei tre mondiali e nei due europei disputati, portando a casa tre titoli storici e facendo non solo da secondo/terzo portiere quanto da autentico animatore di una squadra spesso lancinata da attriti interni tra i membri del Barça e del Real che in occasioni precedenti si erano anche menati in mondovisione (vedi Puyol e Sergio Ramos). La sua presenza è dunque un urlo di gioia e di armonia e la sua allegria innata è il collante perfetto per un gruppo che deve ripartire quasi da zero con Maurizio Sarri al timone.
- Perché le sue urla caricano tutto l'ambiente, lo scuotono come una temporale estivo rinfrescante che abbassa la temperatura durante le ore insopportabili della canicola. Con il suo carisma Pepe rassicura i compagni e li guida nei momenti difficili, quando occorre prendersi le responsabilità e gli obblighi si gonfiano d'esigenza. Lui sa cosa significa giocare una finale di Champions ed ha giocato nei quattro principali campionati europei. E se non gioca Marek, per me potrebbe anche sfoggiare sul suo solido braccio sinistro una fascia di capitano ampiamente meritata.
- Perché il suo piede è quello di un regista arretrato. Quest'anno abbiamo sentito fortemente la mancanza dei suoi rilanci immediati, spesso anche con le mani. Pepe ha l'istinto del portiere ma la testa del metodista: la sua formazione alla Masia del Barcellona lo ha aiutato tantissimo in quest'ottica in quanto la sua giocata deve essere sempre propositiva e funzionale, mai a casaccio. E magari, visto come sta andando a Higuain, potrebbe tirare anche i rigori, che spesso riesce anche a parare (Balotelli ne sa qualcosa).
- Perché con lui il pacchetto arretrato si muove meglio, come una fisarmonica, con movimenti accordi. Non è da escludere che con Reina Albiol possa ritornare ai suoi primi 6 mesi in azzurro, date le sue qualità. Per il difensore valenciano l'anno scorso il problema è stato principalmente psicologico. Mentre anche Koulibaly potrebbe usufruire dell'esperienza di Pepe per migliorare la posizione, la marcatura, l'impostazione primordiale del gioco e ovviamente per far crescere la fiducia in sé stesso, qualcosa che gli è mancato nel primo anno in azzurro.
- Last but not least, perché il suo valore tecnico è induscitibile, al di là di quei fantomatici 10 punti che si dice possa far conquistare da solo alla squadra nell'arco di un campionato.Se, come dice suo papà Miguel, Pepe è tornato da Monaco più forte di prima, allora possiamo iniziare a stare tutti più tranquilli.
Bienvenido, de vuelta, Pepe.