Turn over, la formula magica nelle mani del professor Benitez
di Errico Novi
Arriva a Napoli e comincia a fare domande: «Che posti mi consigliate?». Poi sempre attraverso gli stessi canali (il suo blog, il suo profilo Twitter) Rafa Benitez fa capire di essere un vero scienziato del pallone oltre che un grande allenatore: spuntano articoli ed estratti dei suoi interventi nei convegni del gotha calcistico europeo. Tra questi ce n’è uno che descrive i pregi del turn over. Non una chiacchiera volante ma un’esposizione corredata da verifiche sperimentali, citazioni di studi quantitativi sul rendimento dei giocatori e così via. Alla vigilia della precedente gara casalinga di campionato, Napoli-Atalanta, il tecnico spagnolo ci torna su: «Devo essere coerente con quello che dico, questa rosa è valida e se devo usare giocatori diversi contro l’Atalanta lo farò». Lo fa. Risultati: poco brillanti nel primo tempo, con le tante alternative in campo; una liberazione nel secondo, quando arrivano i nostri, cioè Hamsik e Callejon.
E contro il Sassuolo? L’abstract esposto da Rafa in quel convegno parlava chiaro: se vuoi stare ad alti livelli in campionato e in Champions devi far ruotare i giocatori. Lui deve essere coerente, nello stesso tempo il Napoli deve restare primo in classifica. E anche se in teoria «siamo sempre tutti pronti a dare il massimo quando il mister ci chiama», in realtà i calciatori sviluppano gli stessi complessi di qualunque lavoratore dipendente: se hanno la sensazione di essere considerati tra le seconde linee, di essere chiamati in causa solo quando quelli bravi sono fuori, si deprimono e rendono meno.
Benitez lo sa, lo sa fin troppo bene: le teorie astratte devono integrarsi con la psicologia degli atleti. Ma appunto non c’è scelta: se non fai riposare Albiol, Behrami, Hamsik e Insigne si arriva a Genova e poi a Londra con i muscoli pesanti e la testa ovattata. C’è poco da fare.
Allora dovrebbe andare così. Fuori Maggio per cause di forza maggiore, fuori Albiol perché si deve e dentro il Capitano: fin qui tutti d’accordo. Poi quasi certamente giocherà Fernandez, ma chissà che non sia meglio tenere Britos, che non ha mai avuto un momento così buono da quando è a Napoli e andrebbe “pompato” psicologicamente. Dentro anche Armero, certo. Anche perché Zuniga non è nemmeno tra i convocati. Solo riposo, è il dato ufficiale. Difficile però non credere che la stanchezza di Camilo non sia solo fisica ma legata anche allo stress da clausola rescissoria. E questa è un’altra storia.
Poi il centrocampo. Giusto far rifiatare Behrami. Giusto se si vuole fare una grande gara contro l’Arsenal, dove il gigante azzurro sarà essenziale. Inler ha già passato a San Siro, dunque ci sarà. Con lui è previsto Dzemaili. Ma non è esclusa la scommessa Radosevic, che forse ha anche qualche arma in più come interditore.
Le tre mezzepunte saranno Pandev, Hamsik e Mertens. Giusto, giustissimo. Callejon e Insigne dovrebbero proprio staccare la spina, c’è da augurarsi che non subentrino neppure. Si vedrà. Non terremmo il Pipita in campo per più di 45 minuti. E a Genova lo lasceremmo fuori del tutto. Tra i panchinari Zapata dev’essere il meno depresso perché non può avere pretese.
E quindi secondo le informazioni trapelate finora da Castelvolturno saremo in campo così: Reina; Mesto, Cannavaro, Fernandez, Armero; Dzemaili, Inler; Pandev, Hamsik, Mertens; Higuain. Dovrebbe funzionare. Dovrebbe esssere il punto di equilibrio tra le necessità del turn over e il rischio che qualcuno pensi di far parte del “Napoli B”. Mago Benitez sa che le alchimie sono sfuggenti, ma nessuno più di lui può sperare di afferrarle.