Gemelli diversi. Dialogo tra un azzurro e un giallorosso
di Giulio Somazzi e Boris Sollazzo
C'è da fare una premessa. I due autori di questa rubrica si scontrano con amabile ruvidezza almeno una volta la settimana, in pubblico. In particolare sui social. Si sono conosciuti accapigliandosi e insultandosi pure un po'.
Roma e Napoli sono le loro fedi e, contemporaneamente, la causa di molte delle loro arrabbiature. Sono regolarmente in disaccordo, ma non resistono a confrontarsi. A litigare con sana ironia (e anche con quella insana). Rifiutano la violenza dell'attuale inimicizia azzurro-giallorossa e ne soffrono. E hanno capito una cosa: anche se le due città e le due squadre e le due tifoserie si odiano, non possono negare in alcun modo che siano spudoratamente simili. Tragicomicamente simili.
Ecco perché Extranapoli ha deciso di pubblicare il rapporto epistolare tra i due, che doveva rimanere segreto (altrimenti, con i loro amici e compagni di curva, che figura ci farebbero?).
Napolista, io posso predire il tuo futuro.
Questo perché l’allenatore spagnolo rivoluzionario, cultore del bel gioco e del lavoro, del TRABAJO Y SUDOR che doveva farmi vincere tutto io l’ho già visto.
Quello che arriva pieno di buoni propositi, con un passato scintillante di militanze in top team europei, quello dell’esperienza del grande club che ti avrebbe aiutato a crescere, io l’ho già visto.
Quello che vuole sovvertire le vecchie abitudini calcistiche, rivoltare la squadra come un calzino, adesso basta, ci penso io, vi guiderò a successi straordinari. Quello che l’importante era il viaggio, non la destinazione. Quello che finalmente ci libererà dal giogo del provincialismo.
Sì, come no, l’ho già visto.
Quello che sì, ok, tutto molto bello, ma forse l’organico che la società gli ha messo a disposizione non era adeguato - soprattutto in difesa - eppure, nonostante tutto, serpeggia il dubbio lancinante che tutto sommato poteva fare di più? Già visto.
Quello spagnolo che a sprazzi ha fatto giocare la tua squadra a livelli altissimi, asfaltando letteralmente gli avversari, salvo poi perdersi nel bicchier d’acqua di partite tatticamente rognose, al punto che ogni tanto veniva da chiedersi “ma possibile che a questo gliela incartano tutti” ? L’ho già visto.
Quell’allenatore spagnolo che ha diviso una piazza che già era stata divisa dal passaggio di Zeman e che ha fatto scontrare due fazioni decisamente troppo estremiste per raggiungere un compromesso: la fazione del “è un genio” contro la fazione del “è un incapace” ? Io l’ho già visto.
Quell’allenatore spagnolo che dopo una stagione deludente saluta tutti molto educatamente dicendo “mi dispiace, ma questo luogo non fa per me” e si va a sedere sulla panchina di una delle squadre più importanti, famose e vincenti del mondo raggiungendo il risultato fantascientifico di un triplete?
Già visto: si chiama Luis Enrique.
Per questo posso dirti, in tutta sincerità, che Benitez andrà a vincere i trofei che non ha vinto a Napoli, alla faccia dei suoi detrattori. E con estrema precisione posso dire che voi napolisti fra cinque anni, dopo averlo visto alzare al cielo la Champions League, sarete ancora lì, a discutere di Napoli - Lazio 2-4, ad accusarvi reciprocamente che non capite nulla e a ripetervi che no, ci deve essere un errore, il triplete vinto non conta, come fai a non ricordartelo?
Qui gliela incartavano tutti.
Caro Romanese, stai attento.
Caro romanese, hai ragione. Su Benitez. E ti ringrazio di avermi avvertito. Lo apprezzo molto. Già mi immagino a parlare dell'errore di Higuain su rigore, dei due autogol di Empoli-Napoli e della coppa Campioni vinta da Rafa dicendo “ve l'avevo detto che era un fenomeno”. Perché io, romanese mio, come diceva Boldi, allo spagnolo l'ho sempre difeso. Mica come voi che a Luis lo sfottevate. Lui e i suoi aiutanti (oddio, anche noi lo spilungone di Rafa un po' lo prendevamo in giro).
Ti dirò anche io una cosa: io un guru che usa slogan avvincenti e in conferenza stampa regala hashtag, battute e risposte ai cattivi maestri e nemici lo conosco bene: è diventato un eroe, per noi, molto presto. Ha sostituito un allenatore pane e salame, portandoci nel mondo dorato delle potenze internazionali. E ci ha anche fatto comprare Gonzalo Higuain, sì, quello che voi da sei mesi usate per fotomontaggi con la maglia giallorossa (a proposito, come va l'attico di Cavani al Colosseo? E Ibrahimovic passa da Milano per poi arrivare a Fiumicino, giusto? Oppure tutti e due fanno le vacanze con i nostri Mascherano e Fellaini?).
Ci ha fatto odiare tutti gli altri: giocatori, mai abbastanza alla sua altezza. Dirigenti, che non sapevano accontentare. Infine presidente, divenuto pappone, de pezzentis e chi più ne ha più ne metta.
Ha messo il broncio per una campagna acquisti insoddisfacente, ha brandito complotti, ha parlato di cicli e vittorie. Un paio ce l'ha anche portate, eh, va detto. Ma lui ci aveva detto “scudetto”, proprio com'è successo a voi.
E' diventato più napoletano di noi, Cristo Velato e Pompei li conosceva meglio di noi. Pure le sfogliatelle, dicono. Non le giornaliste della tv societaria, ma c'è da dire che noi abbiamo solo la radio ufficiale. E sono quasi tutti maschi. Piacenti, per carità.
Era il nostro comandante: #cipuòstare, e tutti a seguirlo. “Il calcio italiano fa schifo”, e tutti ammirati. “In semifinale europea non ci andavate da 26 anni” e noi “sì, hai ragione maestro”. Lo so, romanese mio, tutto questo ti ricorda una recente conferenza stampa contro la società, così come “siamo i primi degli umani, abbiamo vinto lo scudetto dei normali”. E “dopo anni difficili, due volte secondi”. Lo so. So anche che vi ricorda uno che ama fare uscite a effetto, pure contro gli altri allenatori. A volte, questi, ti fanno prendere in giro, altre ti entusiasmano e ti fan togliere belle soddisfazioni.
Voloevo dirti solo una cosa, però. Il nostro, poi, se n'è andato. Ci siamo armati e lui è partito. Da dove era venuto.
Ecco, volete un consiglio? Non v'affezionate. Non salvatelo, quando siete allo stadio, chiedendone undici come lui. Anzi, con affetto vi dico “attenti al Psg”.