E se Kennedy avesse tifato Napoli?
di Francesco Albanese
Un patto. Ecco cosa ci serve un patto tra tifosi, giornalisti, opinionisti, fuochisti e uomini di fatica di ogni sorta. Un accordo tra gentiluomini che c'impegni ad una linearità di giudizio senza farsi travolgere dall'ondata emotiva che ogni maledetta domenica (e giovedì) rischia di trascinare tutto e tutti a valle.
Dopo 12 giornate di campionato abbiamo imparato a capire pregi e difetti di una squadra a suo modo divertente. Per uno spettatore neutrale che c'è di meglio che stappare una birra, accomodarsi in poltrona ed accendere la tv sul canale che trasmette le partite del Napoli? Lo spettacolo è assicurato. Gol, emozioni a raffica, errori talvolta comici, gesti tecnici come raramente ormai se ne vedono sui campi italiani. Insomma se di mezzo non ci fossero le nostre coronarie, si potrebbe ben dire che uno show migliore non c'è.
Purtroppo in ballo c'è anche la nostra salute mentale e fisica ed è per una questione di amor proprio che dobbiamo impegnarci a rispettare questo patto. Qui non è in ballo la contesa tra papponi e aureliani, qui non si tratta di essere rafaeliti o no. In palio c'è la nostra stessa dignità di tifosi del Napoli. Se ieri quel tale dipingeva Rafael come futuro Zamora, oggi quella stessa persona non può recriminare per la mancata permanenza in azzurro di Reina. E' dall'inizio dell'anno che la litania si ripete, ma a pensarci bene capitava lo stesso la stagione passata e quella prima ancora. Una storia infinita fatta di chiacchiere che trovano nei salotti tv la loro naturale valvola di sfogo. Ma può essere mai? Un tifoso è critico per definizione, a lui non si chiede lucidità, perlomeno non nei novanta minuti. Il giorno dopo la partita però il buon senso dovrebbe prevalere. Non facciamolo per Aurelio né per Rafa. Facciamolo per noi. Parafrasando John Fitzgerald Kennedy: non chiediamoci che cosa il Napoli può fare per noi, ma quello che noi possiamo fare per il Napoli. Per esempio cambiare canale il lunedì sera.