Da Massimo Crippa a Gonzalo Higuain, i figli dei grandi rifiuti

Nel mercato del Napoli tutti ricordano i clamorosi "no". Pochi, però, rammentano che spesso quei dinieghi hanno aperto le porte a quelli che sarebbero divenuti idoli del San Paolo
  • di Boris Sollazzo

    Sento, assordante, il coro delle vedove di Perinetti e Pavarese, perché non dimentichiamo che a questo siamo stati abituati, più che al maestro Allodi, al tentacolare e efficace Marino, all'appassionato e caparbio Juliano. Ci si lamenta di Bigon, perché forse si preferiva Luciano Moggi, uno che solo a Napoli è riuscito a vedere uno scudetto fuggire, invece che arrivare. Il mercato, così, non s'adda fà, tutti, direttori sportivi, si lanciano contro un professionista con una pessima capacità d'autopromozione (o meglio, se ne frega di ricordare a tutti che se il Milan gli fa la corte, non è per la sua bella barba brizzolata). Riccardo Bigon è uno di quelli che si prende le colpe e dà i meriti agli altri e che paga, a volte, l'essere troppo corretto in un mondo di squali.

    Qui, però, non parliamo di lui. Parliamo di chi, invece, con un suo grande rifiuto a Napoli, ci ha dato la possibilità di abbracciare grandi giocatori, che sarebbero entrati nel nostro cuore.

    Il primo che mi viene in mente è quel centrocampista tutto cuore, grinta e anche classe - pochi lo ricordano, ma ne aveva eccome -, che risponde al nome di Massimo Crippa. Di quel Napoli tutti ricordiamo la Ma.Gi.Ca., o Diego, Antonio e Alemao. Beh, tra loro c'era quel polmone inesauribile, l'uomo che si è meritato un coro indimenticabile. "Lode a te, Massimo Crippa!". Uno che ti immaginavi mastino pure al buffet di un matrimonio, mentre marcava stretto quello che aveva davanti alla fila e giocava d'anticipo su purea e primo di pesce. Non c'erano i social allora, quindi non posso portare a testimonianza status (ricordo le battute sapide di chi lo definiva "massima pippa") che ora apparirebbero grotteschi. Crippa, arrivato l'ultimo giorno, era un rimpiazzo, per molti, seguito al grande no di Nicola Berti, il calciatore più indisponente della storia del calcio italiano, uno che ti stava antipatico fin dal ciuffo che portava con immotivato orgoglio. Costò la metà, Crippa, e con lui arrivarono, subito la Coppa Uefa, poi il secondo scudetto.
    Non a caso. Ah, ovviamente gli orfani e le vedove di Nicola Berti, oggi, non confesseranno mai il loro lutto. Io, che quel ringhioso centrocampista lo ammiravo dai tempi di Torino, ancora mi commuovo per quella linea mediana che schierava Alemao, Romano, De Napoli e Massimo Crippa.

    C'era un tempo in cui Juliano era considerato come Bigon. I raffinati economisti calciofili che da sempre albergano in seno alla tifoseria partenopea lo deridevano per la cocciutaggine e per errori come quello di pagare in dollari Krol (peccato che lo avrebbe fatto chiunque, allora, essendo la scalata della banconota verde ai cambi totalmente imprevedibile). Progna del Campobasso saltò e alcuni dimenticarono persino che in quei giorni Totonno ci stava portando Sua Maestà El Diez. Per dire, al di là di battute facilissime (del tipo: Progna lo vedrei bene a giocare con N'Kolou e Kaka), quel no - povero ragazzo, chissà se ancora sta cercando il suo presidente per dargli ciò che è giusto - ci avrebbe portato, di lì a poco il fenicottero Alessandro Renica. Ve lo immaginate Progna segnare ai bianconeri al 119°? Io no.

    Vogliamo parlare, per tornare a quest'estate, di Leandro Damiao? "Neanche il brasiliano riusciamo a prendere!", starnazzavano i soliti uccellini e uccellacci del malaugurio. Mentre il pippone non segna più, noi abbiamo portato a casa Higuain. Anche grazie a quel fenomeno che i diritti di immagine (ma quale?) se li voleva tener per sé.

    Verrebbe facile dire che il voltafaccia di Mazzarri, ci ha portato Benitez. Ma ho ancora troppo rispetto per il primo per ricordargli che il secondo con mezza squadra in infermeria ha già battuto i suoi record di punti parziali, in Champions come in campionato.

    Ci sono anche le pulci a cui viene la tosse: Rolando Bianchi, pallino di Mazzarri come Britos e Inler, l'abbiamo corteggiato come a volte capita agli uomini che scambiano per sexy una "cozza" vestita a festa. Tra i tanti no, uno è stato benedetto: quello che ci ha fatto risparmiare una decina di milioni di euro per spenderne 17 (in quattro comode rate) per Edinson Cavani. Il cui saluto ci ha portato Gonzalo, per dire.

    Neanche Cerci è voluto venire. O potuto, chissà. E detto tra noi, ora ci ritroviamo Callejòn e Mertens. Vi dispiace così tanto?

    Ricordo anche la telenovela Zuculini. Io, vi dirò, un posticino nel mio cuore per Hassan Yebda, venuto al suo posto, ce l'ho. Niente di trascendentale, ma meglio della carriera genoana dell'incomprensibile argentino.

    Andando verso la nostra porta, ho visto gente strapparsi i capelli per quello Julio Cesar a cui non si sono dati i "pochi" euro che chiedeva in più di stipendio. Ora l'imperatore gioca ancora in B e forse perderà il mondiale. Chi è venuto al suo posto?
    Ah, già, Pepe Reina. Lo stesso giorno di Higuain. Lui in Brasile, peraltro, ci andrà sicuro.

    Insomma, è solo un piccolo gioco, questo. Suggestioni, momenti che tornano a quando bambino o adulto, scartavetravo i giornali sportivi alla ricerca dei colpacci di mercato.
    Non disperiamoci per Gonalons, per Nainggolan, per i no di presidenti furbastri o giocatori che per un Natale a casa di Bruno Conti si privano di San Gregorio Armeno. Armeno, non Armero (un acquisto di gennaio pure lui: sembrava la svolta, ora lo maledicono).
    Fidiamoci di chi ora ci ha abituato a fare spesa al Real e ci ha portato campioni che critichiamo quando giocano con la nostra maglia per glorificarli quando se ne vanno. Un po' come successo con Gonalons peraltro: pippone finché era a un passo, fenomeno ora che si è allontanato.

    Dietro a ogni Nainggolan, ricordate, si cela un Massimo Crippa. Loda a te.

    P.S.: Riccardo, chiedi a papà Albertino chi era Massimo Crippa.
     

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