Di Antonio Moschella
Una città a cavallo dell’imponente fiume Dnepr e con un pugile come sindaco sembra lo scenario giusto per uno scontro all’arma bianca. In una terra per molti secoli al centro di varie trasumanze di popoli e sotto una serie infinita di vari domini, il Napoli cercherà l’epica giusta per sovvertire il vantaggio del fattore campo e del risultato di un’andata beffarda.
Lo stadio Olimpico sarà il ring dove per fortuna Vitalij Klyčko non scenderà, e forse non assisterà all’incontro neanche della tribuna d’onore. La primavera ucraina non somiglia minimamente a quella napoletana, che è un’anteprima della torrida canicola estiva, il che si presta a una di quelle notti nelle quali il sudore deve venir fuori solo per l’impegno e non per il caldo.
Per cause di forza maggiore (artificiali e non naturali) lo scenario sarà la capitale e non la ridente Dnipropetrovs'k, porto fluviale sito in una zona troppo a rischio per le recenti contese tra una Russia che sembra tornata alla prepotenza sovietica e un’Ucraina che non si arrende. La vicinanza del fuoco della guerra aggiunge un’altra punta di mitologia allo scontro di domani sera, che anche per il Dnipro è da dentro o fuori in tutti i sensi, vista l’impossibilità quasi matematica di poter raggiungere la qualificazione Champions attraverso il campionato.
Le notti europee sono così: attorniate da un’aura magica al confine tra la paura e la risolutezza, anche se non si tratta del trofeo più prestigioso. All’estremo est dell’Europa, dove il sorge cala prima, nel blu scuro di Kiev il Napoli ha il compito di accendere quella luce che attenui la tonalità del cielo per farlo diventare azzurro. E puntare poi a Nord - Ovest, passando la Galizia. Direzione Varsavia.