Ciro Esposito: il punto sulle indagini
Fu colpito anche da un collo di bottiglia rotta Daniele De Santis, l'ultrà giallorosso accusato della morte di Ciro Esposito, durante la violenta rissa con i supporter napoletani scoppiata dopo il suo agguato ai bus dei tifosi azzurri in transito a Tor di Quinto. Una rissa senza esclusione di colpi dove furono usati anche un manico di scopa, un pezzo di legno e anche un coltello a serramanico. Su tutti questi oggetti, compreso il collo di bottiglia, i periti del Racis hanno repertato tracce ematiche di De Santis. Tutto ciò emerge dal maxi accertamento tecnico del Racis che in oltre seicento pagine ricostruisce quanto avvenuto il 3 maggio scorso a poche ore dalla finale di coppa Italia Fiorentina-Napoli a Roma nelle vicinanze dello Stadio Olimpico. Descrivendo i vari oggetti repertati sul luogo della rissa il Racis spiega che tracce ematiche «perfettamente sovrapponibili al profilo genetico» di De Santis sono state trovate anche sul «manico della scopa modello Pippo, su un frammento grande di legno, su una bandiera celeste, su un collo di una bottiglia di vetro, su un coltello a serramanico» utilizzato, secondo quanto scrive il Racis «da un tifoso del Napoli per colpirlo con quattro fendenti, di cui due all'addome». Di contro nessuna impronta digitale sugli oggetti è stata individuata dagli esperti del Racis e questo rende complesso l'identificazione di chi li ha maneggiati e usati in quei drammatici istanti. Al momento sulla scena della rissa compare un solo coltello, sul quale sono stati individuate tracce del dna di De Santis. Una «lama», di quelle a serramanico, che sarebbe stata utilizzata per accoltellare in più punti De Santis. Allo stato nelle carte dell'inchiesta della Procura di Roma non compaiono altre armi bianche. Obiettivo degli inquirenti è capire, a questo punto, chi ha impugnato il coltello e in quale fase della rissa è stato colpito De Santis. L'ultrà romanista infatti fu aggredito in due ondate, ovvero prima e dopo gli spari. La perizia del Racis inoltre si sofferma a descrivere la pozza di sangue nel vialetto a pochi metri da viale Tor di Quinto, riconducibile all'ultrà giallorosso e molto probabilmente conseguenza della grave ferita riportata alla gamba durante il pestaggio. La scientifica dei carabinieri scrive che «ha il tipico aspetto della pozza di sangue avente una forma ovalare dalle dimensione di circa 10 centimetri per 8 centimetri». Per il Racis «alla luce della genesi delle pozze di sostanza ematica» è lecito supporre «un lasso di tempo sufficientemente lungo per consentire al sangue di uscire dalla ferita e dilagare sulla superficie stradale». Insomma De Santis rimase in terra non poco e il pestaggio fu violento. Altro elemento che la Procura sta approfondendo è quello sanitario: tutta la cartella clinica di De Santis è al vaglio degli inquirenti per verificare come mai le quattro ferite di arma da taglio siano state refertate solo all'ospedale Belcolle di Viterbo pur essendo l'ultrà prima stato trasferito d'urgenza al Gemelli di Roma e poi transitato presso la struttura protetta del carcere di Regina Coeli. (ANSA)