A Barcellona, dopo aver vinto tanto, non sanno più perdere

Sono inspiegabili le volgari offese dei tifosi ai calciatori blaugrana
  • liquida.it

    di Antonio Moschella

    A Barcellona, bisogna dirlo, non sono mai contenti. No, non mi riferisco ai separatisti catalani che sono modello d’ispirazione dei leghisti, ma ai tifosi culé, ossia del Barça. Ne conosco tanti, avendoci vissuto quattro anni, e posso dire che alcune volte mi sembrano più irritanti dei più pessimisti napoletani. Ricordo ancora quando un amico mi parlò della ‘traversata nel deserto’ riferendosi ai cinque anni senza aver vinto alcun titolo, per colpa anche di una dirigenza incompetente e allo sbando. Mi venne da ridere e gli risposi di getto: “Mi parli tu di traversata nel deserto, quando io ho passato dai miei 14 ai 23 anni sei anni in Serie B e addirittura due in Serie C”. Per non parlare poi dei titoli conquistati in carriera, dove non c’è e non ci sarà mai storia.

    Ma d’altronde cosa ci si deve aspettare da una tifoseria che, a causa anche di uno stadio eccessivamente capiente, non è capace di emanare calore verso la squadra come dovrebbe? Al Camp Nou ho visto molte partite, alcune in tribuna stampa e altre in curva, e posso assicurarvi che non ho mai notato differenza nelle esultanze, anzi, forse qualche giornalista si esaltava di più di un tifoso nei ‘popolari’. Già, perché di prezzi popolari al Camp Nou non ve ne sono, tranne pochi match di Coppa del Re, dove lo stadio è mezzo vuoto (o mezzo pieno, fate voi). È uno stadio dove è un lusso seguire la strada e molti vecchi soci, che non possono permettersi di sostenere l’abbonamento, lo affittano. E quindi le tribune sono popolate per lo più da gente poco incline a quella foga passionale che noi napoletani conosciamo bene.

    Invece, allo stadio dell’Espanyol sì che si respira un’aria da tifo vero e proprio. D’accordo, saranno 35mila gli ‘sfigati’ che sostengono la squadra meno popolare della città, ma la loro energia e la loro passione esplode in ogni partita. Nell’ultimo derby, poi, hanno affisso uno striscione che recitava: “Espanyol, locales, Fc Barcelona, turistas”. In effetti è indubbio che il Barcellona, per estendere il suo marchio, si sia venduto ai migliori offerenti nella miglior tradizione capitalistica. E la maggior parte dei biglietti per le partite si vendono sulla Rambla o in altri posti strategici dove un turista del nord Europa si lascia allettare da un ingresso a non meno di 30/40 euro, praticamente un decimo di un salario minimo di uno spagnolo.

    Allora non deve stupire che i fan del Barça non siano riusciti a sviluppare un vero e proprio sentimento di attaccamento alla squadra, che si nota dopo la sconfitta. Perché vincendo è facile tenere alto il morale e andare a festeggiare per strada. Si vede, appunto che i culé si sono abituati troppo a vincere, tanto da non riuscire poi ad accettare una sconfitta simbolo della chiusura di un ciclo. Manco avessero perso contro il Baracca Lugo, alcuni ‘tifosi’ blaugrana hanno dedicato insulti pesanti ai calciatori di rientro da Valencia dopo la sconfitta. Ma possono davvero nominarsi tifosi coloro che aspettano la squadra fino alle 4 del mattino solo per schernirla, dimentichi di quanto fatto fino ad ora? Offendere Messi, uno che ha scritto la loro storia recente, non è un comportamento da tifosi, ma da esagitati, superbi che pensano che al centro del mondo del pallone vi sia solo il Barça.


    Ma il Barça, è da molto che non è più ‘més que un club’. È una multinazionale, che dopo essersi vantata di aver ospitato l’Unicef sulla sua maglia, lo ha elegantemente accantonato per macchiarsi il petto con il petrolio di Qatar Airways, la cui macchia si è espansa fino al Camp Nou, dove ora campeggia prepotente il suo nome in una delle curve. E allora, scusatemi tanto, ma io mi tengo il mio Napoli, povero ma genuino, esaltato nel bene ma umano nel male. E, avendo visto entrambe le cose, preferisco festeggiare una Coppa Italia fino alle 5 del mattino, col rischio che la città imploda su sé stessa.

     

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