Metti una sera Al Bar dello Sport. Di Berlino
di Alessandro De Simone
Per lavoro viaggio molto. Bella cosa, lo so, ma c’è una questione con cui è necessario fare i conti sempre: trovare un posto dove vedere il Napoli. Negli ultimi mesi ho avuto spesso questo problema, sempre brillantemente risolto, perché il tifoso napoletano, si sa, ha una creatività degna di un copy della Saatchi & Saatchi. E poi ci sono le isole felici, che portano il nome di Napoli Club.
Il primo di quest’anno è stato in terra d’Albione, in quel di Londra, dove mi godetti un ottimo sfilatino di pane napoletano con salsiccie e friarielli che mi andò di traverso due volte. Era il 18 ottobre, Roma – Napoli. Per la cronaca, che è il nostro mestiere: Bar Italia Uno, 91 Charlotte Street, una traversa di Oxford Street lato Tottenham Court Road. Con sette euro panino, birra e partita.
Tra Torino (Borussia Dortmund), Courmayeur (Arsenal), Napoli (con gli azzurri in trasferta a Cagliari), passa il tempo e mi ritrovo a Berlino, 18 febbraio, semifinale di ritorno di Coppa Italia, con cinque gol al passivo e una partita da vincere per arrivare all’agognata finale.
Grazie al supporto degli amici, giallorossi, c’è da dirlo, Andrea, Gabriele e Raffaele (toh, sono tre!), mi avvio al Bar dello Sport, Eisanacher Strasse 13, zona Schoeneberg. Arrivo subito dopo la grande parata di Pepe Reina (meno male, non so se le mie malandate coronarie da vecchio tifoso avrebbero retto). La prima cosa che vedo è una maglia mimetica, ormai una rarità per collezionisti, griffata Higuain, indossata da un gracile quindicenne ipnotizzato dal maxischermo. Al banco trovo Gabriele, intento nell’affrontare un’enorme porzione di rigatoni al ragù con spuntature. Arriva il proprietario, rigorosamente napoletano, a cui chiedo lo stesso trattamento (non potevo perdere tempo a concentrarmi sul menù), condito da un’ottima Pilsner, inseparabile compagna di mille avventure calcistiche.
Il tifo è caldissimo, con un buon 98% a favore del Napoli, più o meno come la percentuale di possesso palla di Marekiaro & co. Al gol di Callejon, il Bar esplode, non tanto per la segnatura, quanto per festeggiare il primo cross decente di Maggio dal ’74. La pasta, già buona (anche se io l’avrei tolta un mezzo minuto prima dall’acqua), diventa una prelibatezza degna del topolino Remy (che è francese, come Garcia).
Intervallo, sigaretta, due chiacchiere al clemente freddo berlinese e si rientra, giusto in tempo per vedere l’entrata di D10S. Era all’Olimpico quando ero a Londra, stavolta è tornato a casa, per mettere a posto le cose. Se ne accorge Gonzalo, che vuole fargli un regalo: un bel colpo di testa su calcio d’angolo, cosa che non accadeva al Napoli dall’83. E pochi minuti dopo il buon Jorginho, tanto per far vedere che anche i brasiliani non sono male al gioco del pallone, ne infila un altro, figlio di due morbidi tocchi di palla, un po’ meno di quelli che necessitano i commenti degli spettacolari commentatori RAI.
Nel frattempo a Gabriele si è aggiunto Andrea, giusto in tempo per godere delle due perle azzurre, ma per strane ragioni non sembrano felici di assistere a così ben fatto tutorial di come si gioca a calcio e si vincono le partite (Raffaele ho saputo poi che era praticamente un romanista in curva B, seduto in mezzo a festanti emigranti partenopei).
Finisce la partita, si va via, e la cosa più bella non è sapere che in un indefinito giorno di primavera ci giocheremo il primo trofeo dell’era Benitez contro una squadra allenata da uno scugnizzo, ma guardare i volti e gli occhi sorridenti, felici, entusiasti, di persone che la loro casa, la loro città, i loro affetti e la loro squadra l’hanno lasciate nella speranza di una vita migliore, lontano, dove non c’è il profumo del mare, dove il sole in agosto non è caldo come il nostro a dicembre e l’azzurro più bello lo si può vedere solo al Bar dello Sport.