La Playnapolist di Europa League
di Raffaele Calvanese
Che si riaprano le porte dei quarti di finale di Europa League, per il Napoli quella porte era rimasta chiusa più di quanto resterà chiusa quella del Giubileo a Roma. E pensare che il mastro di chiavi è don Rafè, l’uomo che è, strano a dirsi con la valigia in mano, e sulla bocca di tutti specialmente dopo la sconfitta di Verona. Ebbene proprio con il maestro Benitez ritorniamo nella fase calda delle competizioni europee che ci vedevano assenti dal lontano annus mirabilis 1989. L’anno che Fukuyama definì la fine della storia per noi, fino ad oggi aveva significato davvero la fine della storia europea che conta. Ed eccoci qui di nuovo nel club.
Personal Jesus – Depeche Mode
“Lift up the receiver i’ll make you a believer” Adesso ci crediamo proprio tutti alle doti del nostro personale Gesù. Perché sfido chiunque a non avere sul comodino o in qualche edicola personale un santino di don Rafè. Ha incassato i colpi ma ha continuato a indicare il cammino. La terra promessa è ancora lontana ma la strada è quella giusta. Il pezzo dei Depeche Mode è uscito proprio durante i nostri ultimi giorni di frequentazione delle sfere alte dell’Europa nel 1989.
Crossroads – Tracy Chapman
Pare ieri e invece nel’89 Tracy Chapman pubblicava l’album da cui prende il titolo anche una delle canzoni che sembra fatta apposta a descrivere il momento del nostro Napoli. Siamo ad un incrocio, qualcuno sembra possedere la nostra vita, il nostro destino. Al destino della squadra e della stagione s’intreccia quello dell’allenatore. Anche lui fermo ad un incrocio, tirato da più parti, distratto da più voci. Ma la speranza come nella canzone è quella di salvare noi stessi, la stagione e non cedere alle distrazioni.
Back in the USSR – The Beatles
pare una coincidenza ma arrivare ai quarti proprio con una partita pareggiata a Mosca, a reti inviolate, dopo che l’ultima nostra apparizione risaliva proprio all’anno della caduta del muro di Berlino ci fa capire, anche grazie agli scarafaggi di Liverpool, città tanto cara al nostro condottiero, che si, stiamo scrivendo un pezzo di storia, anche se tra mille polemiche ridondanti.
Samba pa ti – Santana
Come non dedicare una canzone alla difesa della Dinamo Mosca, e al suo emblema: Samba. Il ballo non è certo il suo forte, per quanto è statuario, ma Mertens in versione di maestro di danza riesce a fargli fare movimenti che lui nemmeno credeva di poter chiedere alle sue cartilagini. Di male c’è che tutta questa propensione all’estro e alla leggerezza della difesa moscovita non viene apprezzato a fondo dagli azzurri. Fortunatamente senza pagare dazio. In Europa non ci si può sempre permettere partite così sciupone.
Firenze, canzone triste – Ivan Graziani
Inutile far finta di nulla. Le notizie arrivano anche oltre cortina. Ci si guardava negli occhi, si scrutavano i social, e quando il nostro pareggio era ormai in un porto sicuro sapevamo tutti del misfatto che si stava compiendo nell’Urbe. Qualcuno vittima della propriaHybris a fine partita s’è trovato a cantare una canzone molto triste, e none rano i viola, che per intanto erano già a festeggiare lontani dal Tevere, sul loro fiume preferito, l’Arno.
Me ne vado da Roma – Remo Remotti
“Me ne andavo da quella Roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali…” Poche parole, è toccato a tutti imboccare un tunnel buio. Si chiama crisi, crisi d’identià, proprio quell’identità che anche a discapito di qualche risultato catenacciaro ha rivendicato Benitez in conferenza stampa nel dopo partita. Identità che sembra aver perso la Roma e Roma intesa come ambiente. Le scene all’olimpico in campo e soprattutto fuori ci fanno capire che l’ambiente napoletano va difeso. Spalla a spalla come dice Benitez è un concetto da difendere. Molto più importante per vincere di un acquisto al calciomercato. Roma docet.