La grinta giusta si vede dagli occhi
Di Antonio Moschella
Ignoro totalmente se il segno della croce che accompagna ogni ingresso in campo di Gonzalo Higuain sia dovuto a una ceca fede cristiana. Ciò di cui sicuramente sono al corrente è che ha fede in sé stesso, come dimostra l’esultanza dopo il gol dell’1 a 1 di ieri sera. Impassibile, l’argentino si è ripresentato dagli undici metri dopo l’errore di domenica ed ha scelto lo stesso angolo: perché se il rigore è tirato alla perfezione, non c’è portiere che tenga.
E così Gonzalo ha preso due piccioni con un rigore: mettendo il pallone nell’angolo basso non solo ha messo al Napoli le ali per la rimonta ma ha anche fugato qualsiasi dubbio sulla sua voglia di vincere e sul suo attaccamento alla maglia. Consapevole dell’avvicinarsi di un buco nero per la sua squadra, ha voluto dare un segnale, prendendo tutti per mano, dai tifosi ai compagni. Lo dimostra il suo urlo dopo il pareggio, con due occhi luminosi, quelli della Tigre.
Poco conta che il gol sia stato messo a segno in Europa League e non in Champions, una manifestazione alla quale lui ha partecipato per 7 anni consecutivi e che ora potrà vedere solo dalla poltrona di casa. Per Higuain ogni partita è un gesto d’amore. La sua grinta si riscontra in ogni scampolo di gioco, anche quando sbraita per un fallo non chiamato e si lascia ammonire, un po’ stupidamente.
Poi arriva la sgaloppata per il secondo gol. Senza guardare. Guidato da un radar che solo lui possiede e da una visione di gioco che altri centravanti, Ibrahimovic escluso, possono solo sognare. Perché lui aveva iniziato a giocare da numero 10, fino ai 12 anni, quando è stato spostato in area perché aveva il gol nei geni, nonostante il padre fosse un difensore. Ma questa è un’altra storia. Gonzalo ne vuole scrivere un’altra, con la maglia azzurra. Il suo sguardo di ieri la dice lunga. E allora, crediamo in lui. Perché lui crede nel Napoli.