Zeman ti voglio bene
di Tommaso Lupoli
Domenica torna a Napoli Zdenek Zeman. Chi ama il calcio, a mio avviso, non può non amare il boemo. L’allenatore dalla doppia zeta rappresenta uno dei pochi superstiti di un calcio romantico dove a contare non sono solo i tituli.
Mi innamorai di lui proprio quando era sulla panchina del Napoli. Arrivò nel giugno del duemila al posto di Walter Novellino. La cosa inizialmente mi lasciò perplesso, non capivo perché mandare via l’allenatore che ci aveva riportati in serie A; Col tempo poi ho imparato che ci sono calciatori e allenatori di categoria o meglio che anche nel calcio c’è chi sceglie con la testa e non con i piedi.
Avevo sentito parlare di Zemanlandia come avevo sentito parlare delle parentesi romane. L’accento strano, quel modo di esprimersi, le continue pause nel rispondere alle domande, mi affascinavano già prima del suo arrivo a Napoli. Mai avrei immaginato però d’innamorarmi letteralmente della doppia zeta. Più che un colpo di fulmine è stata una scarica di corrente passata per il mio corpo, come quelle della sedia elettrica.
Di quel periodo ricordo la forte diffidenza degli altri, la sicurezza che il boemo non avrebbe terminato mai la stagione. Io invece ci credevo - col tempo ho scoperto di non essere l’unico - ero sicuro che Zeman ci avrebbe salvati. E, con una ridottissima dose di se, ne sono convinto ancora.
Il duemila calcistico è per me un’annata agrodolce. Da una parte la delusione di una retrocessione - la prima della mia vita da pallonaro consapevole - che forse poteva essere evitata, dall’altra la gioia di aver calcisticamente conosciuto il maestro.