di Alessio Capone
Si torna a casa dopo la trasferta nella Capitale di settimana scorsa dove, a proposito, ho cercato la famosa Chiesa al centro del villaggio, ma quando l'ho trovata ho scoperto che la stavano chiudendo per aprirci un fish&chips.
Insieme alla mia famiglia, per l'occasione, c'è anche il cugino juventino di mio padre. Lo stesso che lo scorso anno ha visto insieme a noi Napoli Juve. Quel Napoli Juve. Quella del caffè Mertens Callejon.
Il pareggio con l'Empoli ha prodotto l'ovvia conseguenza di ennesime polemiche e dicerie assurde: gli insulti allo stadio alla moglie di Hamsik, che però era a casa; la scorta a Benitez tipo Palermo-Milano solo andata, che però non ha mietuto vittime. E commenti di amici sui social tipo "Adl ha distrutto una tifoseria" oppure "Albiol e Rafael alle mani negli spogliatoi" o ancora "Higuain è grasso e non è un vero atleta". Io sono felice dal punto di vista umano per tutti gli amici tifosi che ho conosciuto in questi anni, ma dal punto di vista del tifoso inizio a rimpiangere quegli anni di solitudine, quando, ad andar bene, gli amici mi sfottevano per la mia fede calcistica o peggio mi ignoravano completamente, ma nonostante tutto io riuscivo ad essere felice. E d'altra parte mi ignorano ancora, non per razzismo o spocchia, ma perché semplicemente per loro Napoli non deve vincere per forza, anzi, ha già sorpreso abbastanza. Napoli calcisticamente non è sulla mappa e se lo è, lo è tanto quanto la "Rometta" degli zero titoli in bacheca.
Beninteso, non c'è nessun astio o rabbia in questo pensiero. È solo un sentimento, una sensazione. Credo sia sufficiente dirvi che anche mio padre, in settimana, nel commentarmi il turno di Europa League che non ho visto per impegni personali, ha chiosato dicendomi: "Non c'è niente da fare, ci vuole uno sceicco, dovresti vedere che squadra ha lì il City".
Io però non riesco ad assecondare nemmeno mio padre, l'uomo che mi ha cresciuto e introdotto a questa passione azzurra e splendida. Io non riesco ad essere scontento, forse perché sono un tifoso che non vuole vincere, come sono stato etichettato dagli stessi tifosi che ora si lamentano di chi a sua volta etichetta e classifica per gradi i vari tifosi. Io non posso assecondare questo ambiente e questo stadio umorali: perché posso accettare che il tifoso debba sfogarsi e lamentarsi, posso accettare i papponisti e finanche coloro che allo stadio fischiano una squadra che ancora deve giocarsi metà partita e una stagione intera, ma oramai abbiamo passato il limite. Il San Paolo non è uno stadio di gente che si lamenta della squadra e va allo stadio per fischiare un presidente che detesta, no: il San Paolo di Napoli Empoli è stato capace di mugugnare e fischiare per poi cambiare atteggiamento tre minuti dopo, quando ha avuto la sensazione di una possibilità di ribaltare la partita. Oramai il San Paolo mi sembra più un covo di speculatori che si riuniscono nella Wall Street anni '80, dove, a seconda di come vanno le varie azioni (curioso che il termine si adatti ad entrambe le situazioni), urla "Compra! Compra!" e un minuto dopo "Vendi! Vendi!". Non ci sto. Che schifo.
A Napoli dev'esserci qualche virus particolare. Infatti i napoletani di Napoli trasferiti a Milano hanno una visione ben più distesa della situazione: soffrono, s'incazzano, rimangono delusi, sì, ma poi razionalizzano e si rendono conto di quanto siano preziosi questi anni e della possibilità concessaci di poter ribattere e tenere testa ad un milanista, un interista o uno juventino. Altro che battaglie morali contro il presidente. "Devi vincere" al Napoli club Milano non è un imperativo categorico, ma un incitamento, un coro per fare massa e scudo attorno alla Nostra squadra.
Io voglio godere appieno e fino all'ultimo di questo Napoli, del Napoli di Higuaín, di Benitez, del presidente De Laurentiis. Perché quando avrò dei bambini avrò qualcosa da raccontare loro oltre a Diego, qualcosa di più vicino e quindi più raggiungibile. Anche l'amico Gianluigi Trapani tra quindici anni potrà raccontare alla sua bimba, ormai adolescente, di quell'incredibile estate in cui arrivò Higuaín. Che poi lei gli risponderà "papà chissenefrega, raccontami di Twilight" è un altro discorso. Noi avremo da raccontare.
Questa lunga riflessione per dirvi che anche oggi non sarà la solita cronaca, oggi sarà la cronaca del Napoli di Benitez visto con gli occhi di un bambino anni '90. Quel bambino che si esaltava per 'o Scutèr Turrini, per Zola ad un metro da lui che rientrava negli spogliatoi del Delle Alpi, per un pareggio a Milano con gol di Cruz. Un pareggio che lo faceva andare a scuola più leggero il giorno dopo.
Perché San Siro è la scala del calcio e vincere non è un atto né dovuto né scontato, nemmeno contro questo Milan che ci sembra così abbordabile. Io sono pronto, con la maglia addosso. Forza.
Si parte.
Non sono andato allo stadio come lo scorso anno perché il mio papà non mi poteva portare oggi. Ma il televisore del mio papà è proprio gigante.
Dopo sei minuti stiamo già perdendo. Pioviggina come quando a San Siro c'era Ibra e finiva sempre male. In quell'anno ho imparato le tabelline io. Uffa.
Lo Zio Bergomi continua a sottolineare tutti i nostri difetti. Io ringrazio Gesù per non avermi dato uno zio così. Povero nipote.
Al 20' Lopez tira una super bomba che sembrava Marc Landers e il tiro della tigre.
Il telecronista Carrozza chiama i falli per il Milan al posto dell'arbitro. Io non capisco, io a scuola faccio l'alunno e non ci dico alla maestra cosa deve fare...
Adesso Carrozza dice cosa dovrebbe fare il Napoli tatticamente. Io non capisco, io a scuola faccio l'alunno, non ci dico al bidello cosa deve fare.
Un tiro del Milan intanto mi ha fatto paura come la mano del Joker che sbuca dal bidone di acido nel film di Batman.
Finito il primo tempo.
Soffriamo per un gol arrivato veloce come Flash. Però poi ci abbiamo provato, ma a me mi sembra che che ci manca la convinzione e sembriamo Balto che non sa se è un cane o un lupo. Ma noi lo sappiamo bene chi siamo. Forza ragazzi, noi siamo Il Ciuccio. San Siro è terra ostile, ma noi siamo ancora qui.
Inizia il secondo tempo.
Al 4' si sente "devi vincere" dalla tele, un incitamento. E basta.
Ho detto che siamo il Ciuccio, ma siamo più ciucci a lasciare Bonaventura così solo in arra di rigore.
C'è la pioggia, giochiamo a san Siro, perdiamo due a zero e ci cantano che puzziamo e che scappano anche i cani, ma io non capisco, il mio cane è qui vicino a me. Avrà sicuramente problemi di olfatto. Lo porterò dal dottore.
Il mio supereroe Pipita Higuaín è proprio nervoso. Che peccato.
Finita.
Mio fratello dice che una sconfitta a San Siro ci può stare. Lui se le ricorda bene tutte.
Io sono contento perché lo scorso anno mi sono goduto quella vittoria storica allo stadio; mi ricordo che c'erano molti che si lamentavano di Benitez e che non si godettero quel momento speciale. Ricordo che io mi chiedevo come fosse possibile lamentarsi dopo una vittoria a San Siro. Io sono felice perché me la sono goduta e quando domani a scuola qualche milanista proverà a scherzarmi gli ricorderò che sono anni che prendono paccheri e che se pareggiano è tanto. Prima o poi una vittoria la dovevano trovare.
Ma si sa, io sono un bambino sognante che conosce a malapena le tabelline non un tifoso esperto che conosce i bilanci e sindaca.
Io sono felice perché avrò da raccontare.
Ciao, vado a finire i compiti.
Adl Napoli, proprio un Napoli coi baffi. E se va bene a me, buon Napoli a tutti.
Forza Napoli.
Sempre, comunque e dovunque.