Napoli-Inter e quell'inconfessabile senso di superiorità
di Vittorio Eboli
“Ma sì, un bel pareggio va bene”. Per tanti anni, a pensarlo – sotto sotto, ma alle volte anche dicendolo apertamente – eravamo noi. Adesso tocca a loro. Lo senti, lo capisci, lo “annusi”. Nel luogo di lavoro, al bar, in palestra. Fino a qualche anno fa, Napoli-Inter (ma vale anche per i loro cugini del Milan) faceva scattare la molla salva-vita: “Ma sì, un bel pareggio va bene”.
Ad esempio, come quello del maggio 2011 (fulmine di Eto’o, zampata di Zuniga), che ci portò ufficialmente in Champions League 21 anni dopo la Coppa Campioni del ’90. Chi se lo scorda. O come il molto meno memorabile 0-0 del febbraio 2010: era l’imbattibile Inter del triplete, i legni di Hamsik e Quagliarella a far aumentare la sensazione di impresa sfiorata e ad allontanare il primo Napoli targato Mazzarri dal quarto posto, che all’epoca valeva i preliminari di Champions.
Sembra preistoria. Sono 4 o 5 anni fa. Complice il ridimensionamento dei nerazzurri, ora le parti sono invertite. Molte le vittorie azzurre da quel periodo, sia in campionato che nei frequenti incroci di Coppa Italia, e adesso la sensazione (spesso irriferibile) è invertita. Sono loro a pensare “Ma sì, un bel pareggio va bene”. Al di là di come finirà domenica sera – e non sarà facile, occhio, è gara da tripla – la più bella conquista per i napoletani meneghini è l’aver assistito, mese dopo mese, anno dopo anno, molto lentamente, a questa (spesso inconfessabile) inversione di ruoli.
Basta guardare, senza andare troppo indietro nel tempo, alla gara d’andata, al vantaggio due volte griffato Callejon nel finale e due volte buttato, nel giro di pochi minuti, fino al 2-2 di Hernanes di testa (lui che notoriamente di testa è un’iradiddio, meglio di Aldone Serena con lo spirito di Bobone Vieri): hanno tirato un #fiuuuuuu (twitterebbe Allegri) che è arrivato fino a metà settimana. E giocavano qui a Milano. Ma sì, decisamente un bel pareggio gli andava bene.