Napoli che vince fa rabbia, è lo schema ribaltato che l’Italia rifiuta
di Errico Novi
Difficile dimenticare cosa significa essere campioni, per noi. Difficile dimenticare per esempio la missiva al Guerin Sportivo di un lettore fiorentino: era il giugno dell’87, ancora risuonava il fragore della nostra goduria, e lui se ne uscì con un «avete vinto lo scudetto solo perché non avevate avversari». Il loop della ragione. Quando trionfiamo i tifosi delle altre squadre si confondono. Non per rimestare: ma il gemellaggio Roma-Napoli va alla grande negli anni d’oro dei giallorossi e si squaglia appena lo scudetto ce lo prendiamo noi. Il Napoli che vince è uno schema indecifrabile, nel gioco dei ruoli del campanilismo. Noi siamo simpatici, compagnoni, adorabili finché si resta nello stereotipo dell’antica capitale vittima delle proprie disgrazie. Appena il cliché viene spezzato, contro di noi si scatena una rabbia feroce.
Il Napoli contro la Fiorentina dimostra di saper lottare. Palla su palla. Unghiata dopo unghiata. È una squadra degna dell’Al Pacino di Ogni maledetta domenica: soffre ma difende la vittoria a ogni respiro, ogni istante. Da Mesto portaborracce vecchia maniera a Pandev che lascia tutto quello che ha prima di uscire. Ed è una novità anche Benitez. Noi ce lo immaginiamo come un maestro di calcio troppo raffinato per stare nella mischia. Un anti-Mazzarri: più bravo, capace di un gioco più spettacolare, più elegante nella sconfitta. Ma non è così. Rafa sa anche dare il senso della battaglia, quando serve. E all’Artemio Franchi si è visto. E questo è il vero, indispensabile carburante per marciare verso le vittorie che contano. Gli scudetti si vincono con gli occhi iniettati di sangue.
Ecco, dietro la pelosa indignazione per il rigore non dato a Cuadrado c’è l’allarme per quest’imprevedibile Napoli da battaglia. Se questi dopo la sconfitta di Roma reagiscono così, con un filotto di vittorie da Marsiglia a Firenze, allora sono forti. Sono proprio da scudetto. Questo pensano. Perciò ci attaccano. Perciò si scandalizzano in un teatro che vorrebbe metterci addosso la maschera della Juve. È il primo fuoco di sbarramento. Ne troveremo altri.
Benitez ci ha preso per mano per condurci fuori dalla nostra nevrosi fatalista. Ha effetti straordinari sull’ambiente napoletano ma provoca conseguenze anche fuori. Il Napoli che sa vincere in una notte come quella di Firenze, contro avversari fortissimi e indispettiti, un Napoli così, fa paura. E ci procura attenzioni non proprio simpatiche.
Va pure messo in conto che di discriminazione territoriale si parlerà sempre meno. Cercheranno di farci pagare anche così la colpa di essere usciti dal cliché degli adorabili perdenti. Sopire, troncare, nascondere (il razzismo). Uno dei blogger di ExtraNapoli, Boris Sollazzo, racconta nel pagellone di Fiorentina-Napoli come ha esultato e rischiato la pelle al gol di Mertens pur di liberare la rabbia per i cori e le offese. A un Napoli che vince e magari non va in perdita nel bilancio dei rigori dati non si può concedere anche la tutela dal razzismo. La accantoneranno, vedrete. Ma questo ci renderà più forti. E sarà peggio per loro.