Napoli 2.0. Non due a zero, proprio 2.0

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E dal momento che i nostri giocatori non ne hanno alcuna intenzione, ci pensa il nostro Capone a resistere, resistere, resistere
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    di Alessio Capone

    Credo non ci sia momento migliore per scrivere quanto segue, perché farlo quando le cose vanno bene sarebbe troppo facile.

    Io quest'estate mi sono svegliato una mattina con l'etichetta di filo-aureliano appioppatami da amici papponisti. Perché di papponismo si tratta. L'etichetta me la sono guadagnata semplicemente non avallando le feroci proteste e critiche mosse al presidente. Non sono papponista quindi sono per forza filopresidenziale. E va beh, se non li conoscessi, li taccerei di fascismo per questo automatismo a livello di ragionamento, ma li conosco e so che non è così.

    Le critiche al presidente vengono mosse soprattutto per una campagna acquisti assolutamente deludente, è vero, e gestita a livello comunicativo in maniera indegna (il nostro presidente è spesso indecente davanti ai microfoni); però andrebbero valutate tutte le dichiarazioni fatte dal presidente in questa campagna di comunicazione schizofrenica e a alla dichiarazione delle fantomatiche tre ciliegine ne andrebbe affiancata un'altra: "Non aspettatevi nomi da riempire i giornali, compreremo giocatori funzionali al progetto".

    Già, il progetto. In Italia non abbiamo la cultura del lavoro, figurarsi una cultura della progettualità. In questo Paese zeppo di volgarità vige soprattutto la cultura del tutto e subito, la cultura dell'esonero che non lascia esente nessuno, nemmeno un'isola felice come quella del Chievo Verona: Corini esonerato per aver raccolto solo tre punti dalle sfide con Juventus, Roma, Milan e Napoli. Sembra una barzelletta. Che cosa si aspettavano mi chiedo io. Questa cultura del tutto e subito (che ripeto, non è un problema di Napoli, ma di un intero sistema) sta portando la piazza partenopea a tirare le somme di una stagione, anzi, di un'intera gestione considerando solo questi ultimi tre mesi. Tutto il resto sembra essere stato dimenticato, spazzato via in un niente. Al primo vero errore da parte della società, errore di comunicazione più che di gestione, Napoli si è abbandonata ad un'autentica follia.

    Seguo Bellinazzo del Sole 24 Ore da un po' di anni nelle sue analisi di bilanci di società sportive e fair play finanziario; per la prima volta quest'anno il giornalista ha parlato di una situazione non più così florida per le nostre casse, motivando l'assenza di acquisti con un'esigenza di bilancio e aggiungendo che la situazione si è aggravata lo scorso anno, quando il conto economico ha sopportato quell'aumento sensibile nel monte ingaggi. Ma noi anche lo scorso anno, nell'estate di Higuain e dei grandi acquisti, abbiamo trovato il modo di contestare: per la terza maglia, per l'inno, per le ragazze pon pon. Come si può pretendere che capiamo un'esigenza simile? Noi vogliamo tutto e subito, non abbiamo tempo di aspettare David Lopez come non ne avemmo di aspettare lo splendido Fernandez della fine stagione scorsa.

    Noi siamo fermi e rimarremo ancorati alle tre ciliegine. Non riusciamo a guardare oltre.

    Un giorno una psicologa mi disse: "il vero saggio è colui che elabora il lutto" e a me Napoli sembra tutto tranne che saggia. Un città di vedove che mai elaboreranno i loro lutti: ci sono le vedove di Maradona (comprensibili) le vedove di Cavani e Mazzarri, le vedove di Reina (un infortunato che sarebbe pesato 5 milioni sul nostro bilancio), le vedove di Behrami e finanche le vedove di Pandev (che a proposito sta facendo sfracelli in Turchia e Champions League, vero?). E ancora le vedove di Bilbao e le vedove dei Mascherano mai arrivati.

    A questa situazione folle fanno da cornice quelli che addirittura si disgustano e indignano per le prestazioni della squadra, anche dopo un pareggio a San Siro che può fare incazzare, ma che poi andrebbe elaborato, appunto. Un indignazione che va a braccetto con le volgarità di cui sopra. Alcune dichiarazioni dopo la partita con l'Inter sono state un autentico insulto alla mia storia di tifoso. Uno sputo in faccia. Se mi dovessero dire che da qui al 2060 noi usciremo da San Siro regalando un tempo all'avversario e delusi da un pareggio come fosse una sconfitta, io firmerei subito col sangue. Sangue azzurro, naturalmente. Perché se essere filo-presidenziali vuol dire sfuggire a logiche di questo tipo, allora sì, sono aureliano. Sono un tifoso con l'anello al naso, sono un tifoso che non vuole vincere. Anzi, facciamo così, non sono un tifoso.

    Perché Napoli vive nella logica servo-padrone in un autentico clima da caccia alle streghe che non mi compete.

    24 ottobre 1978: Piove, De Laurentiis ladro.

    Oggi il mio cellulare mi ha proposto l'aggiornamento a IOS 8.1. Napoli, aggiornati anche tu.

     

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