Mazzarri e Campagnaro, due modi diversi di dirsi addio
di Domenico Zaccaria
I saluti sono sempre dolorosi, ma c’è modo e modo di dirsi addio. Mazzarri e Campagnaro sono arrivati sotto il Vesuvio lo stesso anno, a pochi mesi di distanza. Hanno dato anima, corpo e cuore alla causa napoletana e sono stati protagonisti di quattro stagioni indimenticabili. E guarda caso (ma sarà stato davvero un caso?) entrambi hanno deciso di dire addio agli azzurri per accasarsi a Milano, sponda nerazzurra. Ma domenica sera uno, il tecnico livornese, è stato sonoramente fischiato mentre l’altro, il “toro” argentino, è stato acclamato durante il riscaldamento e al momento della sua sostituzione. Già, perché tutti quelli che hanno rimarcato quanto fossero ingenerosi i fischi al mister delle due qualificazioni in Champions e della vittoria in Coppa Italia, non hanno considerato un piccolo particolare: si può andare via da campioni, oppure si può condire l’addio con allusioni, frasi non dette, strani ammiccamenti e bugie; particolari che finiscono inevitabilmente per rovinare un rapporto, nel calcio come nella vita. Già a gennaio dello scorso anno, tutta Italia sapeva che Campagnaro, in mancanza di una tempestiva proposta di rinnovo da parte della società di De Laurentiis, si era accordato con l’Inter per questa stagione. “Andrò via a giugno ma fino a quel momento darò il massimo per la maglia che indosso”, aveva spiegato il difensore argentino: semplice, chiaro e pulito. E così è stato: il “toro” è stato uno dei migliori fino all’ultima partita, quella contro la Roma. La stessa in cui Mazzarri, dopo le allusioni sulla volontà di prendersi un anno sabbatico e un silenzio sul suo futuro - che però tutti avevano capito - durato fino alla gara dell’Olimpico, annunciò il suo addio a Napoli, continuando ad assicurare che solo da quel giorno avrebbe iniziato a guardarsi intorno. Sarebbero passati solo 5 giorni per l’annuncio ufficiale del suo passaggio all’Inter. Ecco perché non si può accusare il pubblico del San Paolo di ingratitudine. Quei fischi non erano rivolti a Mazzarri per i risultati raggiunti a Napoli, ma per come se n’è andato. Esattamente come gli applausi a Campagnaro.