Di Antonio Moschella per IlCatenaccio.es
Quasi quarantotto ore dopo, messi in ghiaccio, se non addirittura in naftalina, i roventi animi di tutti i protagonisti, è giusto analizzare il parapiglia fisico e dialettico di Parma-Napoli, una sfida mai scevra di polemiche negli ultimi anni.
Il buffetto di Mirante a Higuain non era certo un gesto distensivo tra amici, così come è stata spropositata la reazione del permaloso attaccante argentino che avrebbe fatto meglio a parlare con i gol invece di sparare a zero su una squadra ormai senza più niente da chiedere se non provare a difendere l’onore e che giustamente non aveva intenzione di regalare più niente.
Al novantesimo minuto le emozioni esplodono, irrompono e lasciano conseguenze anche dopo la doccia. Così Palladino si dimostra poco tenero verso la sua città d’origine mentre Donadoni, che a Napoli non ha lasciato alcun ricordo positivo – rigore sbagliato nella semifinale del mondiale del ’90 e pessima gestione della squadra nel 2009 – millanta l’esistenza di fantomatiche dichiarazioni denigratorie da parte di alcuni dirigenti partenopei, senza però fare alcun nome.
Il giorno dopo è un susseguirsi di smentite o di correzioni di tiro, come se il proiettile non fosse stato già sparato, fendendo l’aria pesante che circonda l’ambiente. Si è trattato di una mitragliata di parole pesanti di una lingua lunga come quella di Higuain, di malintesi come quelli che vedono protagonisti Mirante e Palladino, partenopei di nascita che quasi aizzavano i loro tifosi mentre questi ultimi inneggiavano al Vesuvio, e di ipocrisia come quella di Donadoni, che anch’egli a caldo non era riuscito a trattenere la rabbia, creando un casus belli senza nemmeno aver versato una goccia di sudore in campo.
In origine lo sport venne creato per far sfogare chi volesse andare in guerra. Il calcio non fa eccezione a questa regola. Anzi, essendo il prodotto più consumato è l’esempio più evidente di come la tensione per una partita possa sfociare in rabbia e livore, mettendo nello stesso calderone le prestazioni sportive con le differenze culturali. Un problema non solo italiano, ma ciò non rappresenta una consolazione.