di Antonio Moschella
Il colpo del K.O. non è mai il più doloroso, bensì quello più incisivo, quello che ti mette al tappeto e ti lascia rimuginare, quando vedi il mondo dal basso e devi rialzarti, fosse anche solo per salutare il tuo pubblico e complimentare l'avversario che, meritatamente, ti ha steso. Il Napoli adesso è a casa a leccarsi le ferite, con il setto nasale deviato da una testata di Caldara e un livido sull'occhio sinistro frutto del destro dello stesso difensore scuola Juve che, grato ai suoi futuri vassalli, ha pensato bene di servire anticipatamente loro un servizio con la doppietta al San Paolo.
Febbraio è spesso un mese di test fondamentali in cui muscoli e cervello devono essere ben collegati per rendere efficace lo scatto finale. L'anno scorso il Napoli sentì fortissimo il colpo di Zaza a Torino e sappiamo come è andata a finire. Quest'anno, nonostante la posizione in classifica sia meno importante, bisogna fare tutto il contrario. Prima della settimana che vale una stagione è necessario fare quadrato, turnover e, soprattutto, rendersi conto che è arrivato il momento di brillare di nuovo dopo lo stordimento generale. Non c'è dubbio che il gruppo intero è allo sbando, con un presidente che impone un silenzio stampa quando dovrebbe essere lui l'unico a chiudere la bocca, un allenatore che è in confusione e non riesce a improvvisare nel breve periodo e un gruppo di calciatori spremuti soprattutto a livello mentale.
Il paradosso prende forma, con la Coppa Italia, obiettivo più alla portata rispetto al secondo posto o a un passaggio ai quarti di Champions League, che assume connotati morbosi per via della sfida alla Juventus e a Higuain, ma che sembra interessare comunque poco. Perché per lo sviluppo graduale e futuro, che dipende comunque dalla costruzione di uno stadio del quale per ora non esiste neanche un plastico, necessita dei fondi Champions, che il terzo posto non garantisce affatto. E così ecco la necessità di dover dosare le forze prima di Juventus, Roma e Real Madrid. È arrivato il momento di smettere di pensare e di speculare. Affrontare l'impossibile è innanzitutto una prova di dedizione fisica e spirituale, scevra da congetture e dogmi filosofici.
Il Napoli dovrà andare in campo con solvenza, calma e soprattutto rabbia, in quel vorticoso processo rivoluzionario che deve trovare la sua culminazione in qualcosa di folle, impensabile. Il tempo dei rimpianti è finito, tocca convivere col dolore dei lividi e stringere i denti. Nei prossimi otto giorni gli azzurri correranno su un instabile traliccio di un ponte che attraversa una rapida. E sarebbe d'uopo farlo con quella maglia azzurra così nostra ma al contempo così dimenticata.