Sono arrivati solo Grassi e Regini? Io dico che va bene così
di Francesco Bruno
Sospiro di sollievo: all’Atahotel di Milano hanno chiuso i battenti. I vari Paganini, Di Marzio, Venerato e compagnia bella potranno dedicarsi alle meritate vacanze, consentendo a calciatori e tifosi di tornare a concentrarsi sulle vicende di campo che, alla fine, sono le uniche a contare davvero. Certo che a gettare benzina sul fuoco dell’ambiente partenopeo, già incandescente per sua natura, contribuisce ogni volta il nostro patron. Promettendo due acquisti importanti – e se gli incassi al botteghino di Natale col Boss fossero stati buoni pure un terzo… – si spinge una tifoseria storicamente incline alla facile esaltazione a favoleggiare l’arrivo di campioni che, ovviamente, non lascerebbero mai il loro club nel bel mezzo della stagione. Così facendo i conti non tornano mai, e il tifoso resta sempre con la sensazione che la rosa azzurra sia incompleta.
A guardare strettamente i fatti, però, io la vedo diversamente. Il Napoli chiude il mercato con Grassi e Regini. Voi direte: si doveva fare di più. Anche io mi aspettavo di più. Avrei voluto una mezzala forte e affidabile, un Soriano, un Vecino, un Badu, insomma una mezzala più forte di David Lopez che è chiaramente inadeguato, mentre in quasi tutti i ruoli le alternative sono valide se non di valore. Ma Grassi è un centrocampista di grande valore – non a caso Edy Reja in conferenza stampa rimpiangeva il “mio bambinetto” che andava via – e solo la sfortuna si è messa temporaneamente di mezzo. Su Regini, che comunque è un buon difensore cresciuto alla scuola di Zeman e Sarri, sinceramente non vale neanche la pena aprire annose discussioni. Viene a fare la quarta opzione in difesa, a svolgere un ruolo considerato da Sarri tanto marginale da far raggranellare finora zero minuti in campo al partente Henrique. L’importante è che non si siano sprecati soldi, i venti milioni richiesti da Cairo per Maxsimovic mi scatenano dall’estate scorsa crisi irrefrenabili di riso.
Gli azzurri non usciranno rinforzatissimi, ma la società comunque si è mossa. La sola considerazione di essere stati sul mercato, disposti a spendere, secondo me trasmette fiducia. Mi tornano sempre alla memoria le vicende del preliminare di Champions League dello scorso anno, che si è rivelato il crocevia negativo di un’intera stagione. Allenatore, giocatori e tifosi arrivarono a quell’appuntamento cruciale completamente demotivati. La gara di andata contro l’Athletic Bilbao si giocò in uno stadio mezzo vuoto. Nessuno mi toglie dalla mente che l’immobilismo societario che consegnò a Rafa Benitez una rosa oggettivamente indebolita a centrocampo sia stata la causa principale del clima di sfiducia in cui si iniziò la stagione.
Certo di tempo ne è trascorso, e le insicurezze e i cali di tensione che caratterizzavano le prestazioni degli azzurri l’anno scorso sembrano ora appartenere all’era preistorica. Lo abbiamo già detto, quest’anno la vera forza di questa squadra è nella testa, è la sua tenuta psicologica. Ma il fatto di essersi mossa sul mercato con sapienza chirurgica è un segnale importante da parte della società: un messaggio che ha una valenza sul morale prima ancora che sul valore della squadra. Un messaggio di fondamentale importanza.