Aurelio De Laurentiis: "La rivoluzione è dentro di me"
di Boris Sollazzo
È un Aurelio De Laurentiis rilassato e sorridente, felice della sua ultima fatica da produttore cinematografico, il film Sotto una buona stella di Carlo Verdone, quello che incontriamo al Cinema Savoy di Roma. E gli strappiamo un'intervista a margine della conferenza stampa, dove parla anche di Napoli.
Presidente, ci ha confessato Carlo Verdone che lei è un produttore creativo, che interviene molto sul lavoro del regista.
Verissimo, credo sia giusto, fuori dall'Europa, non a caso, il produttore è considerato un coautore dell'opera. Un lungometraggio è un lavoro collettivo in cui servono più punti di vista, è un prodotto atipico in cui il lavoro dell'ingegno si combina con un processo industriale. In questo caso ci abbiamo messo un po' a trovare una storia che soddisfacesse entrambi, ci era già successo al nostro primo film: per Il mio miglior nemico servirono sette stesure della sceneggiatura, ricordo che Carlo mi portò l'ultima dicendo "se anche questa non va bene, facciamone un altro". Ognuno deve contribuire con le proprie competenze, sempre ovviamente nel rispetto dell'altro, che tra noi non manca mai. Ma è giusto che, ad esempio, si pensi sempre al pubblico, che è il nostro committente, ai diversi piani di lettura di ogni spettatore, bisogna realizzare qualcosa che sia comprensibile e godibile per la maggior parte delle persone. Un'opera cinematografica è un grande investimento artistico, professionale, finanziario di tante persone. Lo dobbiamo anche a loro.
Più difficile discutere con Verdone del suo film o con Rafa Benitez della formazione? Tra l'altro i due si assomigliano, fisicamente, non trova?
E non solo. Sono due persone formidabili, garbate e colte, educate e mai odiosamente supponenti, con grandi e saldi valori. Non impongono mai la loro autorità, non ne hanno bisogno, dal momento che il loro talento e la loro professionalità danno loro un'autorevolezza innegabile. Mi piace la loro dolcezza, la loro bontà, la tranquillità. Poi, come me, hanno un forte senso della famiglia e anche questo rende molto forte il nostro rapporto. Con Rafa poi condivido anche una grande passione per l'Inghilterra. Sono uomini con cui è bello lavorare, non sono schizzati o schizofrenici, si può pianificare con loro a lungo. Conti che con Carlo lavoriamo insieme da 9 anni e abbiamo intenzione di continuare, quindi... (a buon intenditor..., ndr)
Anche oggi lei ha attaccato la burocrazia e la politica italiana che strozzano l'imprenditoria. Però si è scelto come campi la cultura e il calcio, i più inquinati da questi due cancri. Masochista?
Ma no, si può scegliere se scappare o rimanere, lottare, cercare di creare un network positivo e propositivo. Io potevo tranquillamente andarmene a lavorare in America e non ripongo questo sogno che ho da 30 anni, ma volevo avere successo qua. Ma ho intenzione di affrontare quella sfida, rimandata anche da quella vissuta per e con il Napoli, in una città difficilissima e non sapendo nulla di calcio, all'inizio. Se sono riuscito in questo campo è grazie alla cultura e ai valori imprenditoriali miei e della mia famiglia. Ora il Napoli è da 7 anni consecutivi con il bilancio in utile, quanti possono dire lo stesso in Europa? Non bisogna rimanere su posizioni rassicuranti, bisogna sempre pensare a qualcosa di nuovo: per due anni io ho tenuto un ufficio in Cina, per far cinema anche là, poi mi sono detto "è troppo presto". C'è troppa burocrazia anche là. Ma non bisogna avere paura, si deve guardare avanti. E pensare che il verbo più importante per ognuno di noi deve essere ricevere e non dare. E, a mio parere, bisogna azzerare l'apparato politico. Io sono un caso più unico che raro: sono l'unico produttore cinematografico indipendente, nel vero senso della parola perché i soldi che mettiamo sono i nostri, e la mia società di calcio come dicevo ha un bilancio record. Tutto questo in un paese in cui fare ciò è più difficile che altrove. Smettiamo per esempio di vedere la globalizzazione sotto un punto di vista intellettualistico: pensate a Milos Forman, ha per caso rinunciato alla sua identità. No, anzi.
Una rivoluzione, anche culturale. Quella che sta cercando di portare a Napoli con Rafa Benitez?
Il nostro allenatore condivide un progetto che noi abbiamo da sempre. La rivoluzione culturale è dentro di me, fin dall'inizio, nasce con me. È vero o no che da dieci anni vado dicendo cose che puntualmente si avverano nel mondo del calcio? Gli allarmi che lancio non vengono sempre suffragati dai fatti? E magari io ne ho parlato anni prima.
Domani come finisce?
Di sicuro con un grande incontro sportivo tra due squadre molto forti.
E il film Sotto una buona stella?
Spero bene, spero bene a quanto sento dai primi commenti abbiamo fatto un buon lavoro.