Diego Armando Maradona è La grande bellezza. Storia di una dedica da Oscar
di Boris Sollazzo
“Ringrazio i maestri che mi hanno ispirato: Caravaggio, Woody Allen, Roman Polanski e a Keith Richards”. Chiudete gli occhi e immaginate che Paolo Sorrentino avesse ringraziato questo pantheon e non Scorsese, Fellini, i Talking Heads e Diego Armando Maradona. Scommetterei che uno come Salvini non avrebbe proferito parola. E invece ecco le sue parole illuminate. “Sorrentino, vincitore dell'Oscar con La grande bellezza, dice che fra gli altri e' stato ispirato da Maradona. Per l'Oscar sono felice per il Cinema italiano. Ma l'elogio di Maradona se lo poteva risparmiare, non e' proprio il mio modello di vita”. Così parla il numero uno della Lega Nord.
Bene, nel caso dei primi quattro però, secondo la logica avvilente del verde e padano segretario del Carroccio, il cineasta napoletano avrebbe inneggiato a un rissoso assassino e latitante (Caravaggio), a uno accusato da parenti stretti di pedofilia (Allen), a uno condannato, davvero e pesantemente lui, per essere andato con una minorenne (Polanski) e a un uomo che ha fatto uso, per sua stessa ammissione, di ogni tipo di sostanza psicotropa (Richards).
Se poi a Salvini quello che dà fastidio è l'evasione fiscale, tranquilli: il buon Richards, con tutti i Rolling Stones si è macchiato anche di quella colpa. Ma provate a dire a Salvini che Sorrentino ha ringraziato il primo poker di nomi: lo applaudirà convinto.
Troppo facile, però, cavarsela così, usando quegli stessi paraocchi razzisti e ottusi che rendono grottesche le vedute di un politico sempre troppo attento a dire la cosa sbagliata in ogni momento. No, io a Salvini voglio spiegare perché è poetica, commovente, giusta e potentissima quella dedica. Perché è giusto parlare di ispirazione, ma anche di modello. Anche e non solo perché come dice Lia Capizzi, in un bel tweet, l'artista va sempre scisso dall'uomo. Da lì parte questa riflessione, da quei 140 caratteri.
Già, signor Salvini, proprio così. Mi chiedevo, ad esempio, se lei sa che Paolo Sorrentino è rimasto orfano a 17 anni. E che Scorsese gli ha insegnato l'amore per il cinema, e i Talking Heads quello per la musica, facendo da colonna visiva e musicale, con i loro film e canzoni, a un'adolescenza che nessuno dovrebbe vivere, senza chi in quei momenti sa supportarti e sopportarti come nessun altro. Non lo sa, vero? E sa che se ora può vantarsi di un Oscar che porta all'occhiello in quanto italiano, sia pur separatista e pur non avendo alcun merito (anzi), lo deve a chi ha educato alla bellezza, grande e piccola, questo regista che lei ora bacchetta? Già, l'uomo che ieri ha ricordato e ringraziato il calciatore più grande della storia del calcio, è un classe 1970. Diego Armando Maradona, al San Paolo, gli ha insegnato quanto può essere elegante, gioiosa, fantasiosa la vita. Come in 90 minuti un genio possa usare oggetti banali come un pallone di cuoio, dei pali, delle linee di gesso, delle zolle d'erba, per sfidare la fisica, l'intelletto comune, la vista umana. Diego ha insegnato a Paolo a sognare, mentre la sua vita, proprio mentre arrivava uno scudetto tanto atteso nella città ringraziata da Sorrentino (e da lei, Salvini, spesso insultata), diventava un incubo. Gli ha detto che un grande spettacolo era possibile, che tutto lo era. Che è dal talento che si parte, non da ammassi di ingranaggi come una macchina da presa, da un'asta con un microfono, da una scenografia di cartone. Che per quanto importanti, da sole rimarrebbero materia morta.
Sa, Salvini, ho qualche anno in meno del vincitore che ora tutti incensano. Mi sono persino permesso di esprimere qualche critica su questa sua opera grande e pluripremiata, ma a mio parere incompleta e incompiuta. E, sia chiaro, non ho neanche un grammo del suo talento purissimo.
Ma ero ragazzo anche io quando quel folletto divino, Diego Armando Maradona, ha cambiato il nostro modo di vedere lo sport e il calcio. Ed ero un po' più grande quando mi ha insegnato che lottando puoi rialzarti sempre, che un uomo può essere grande non se vince, ma se sa riprendersi dalla sconfitta. Ma questo è altro, perché ieri Paolo Sorrentino parlava di arte. E se io faccio il giornalista sportivo e il critico cinematografico, è per un nonno che mi ha insegnato ad apprezzare ciò che è bello, mi ha spinto a leggere e a osservare, per dei genitori che hanno sempre alimentato e coltivato le mie curiosità e sì, per un giocatore di calcio che mi ha fatto rimanere a bocca aperta, inventando e creando come pochi altri. Davanti a me. Ogni domenica. Ha materializzato davanti a me il concetto di meraviglioso, dell'estetica al suo stato più puro, di capolavoro.
L'ha visto Toni Servillo? Non è un grande appassionato di football. Ma quella risata piena, dolce e emozionata, quel filo di stupore soddisfatto, nasce dal fatto che lui ha sentito la voce dell'amico, sodale e regista. Ha capito cosa diceva, non ha solo sentito i nomi che elencava. Ha capito il tono, l'affetto, quella delicatezza con cui ha accarezzato la “sua grande bellezza”, la moglie Daniela e i figli Anna e Carlo, i suoi fratelli, e poi alla fine, last but not least, i suoi genitori. Il motivo per cui era là. E sì, anche Diego Armando Maradona. Lei è del 1973, caro Salvini. E, forse, se avesse amato Diego Armando Maradona come noi, se avesse capito che per anni Napoli ha ospitato, capito e adottato l'arte pura, il genio cristallino, la gioia della creazione, se almeno lo avesse visto giocare, forse non metterebbe quelle camicie così brutte. E non parlerebbe spesso a sproposito. E forse non sarebbe iscritto a un partito che si è macchiato di parole e insulti che ancora mi fanno tremare i polsi. Improperi che ci dimostrano che lei, alla bellezza, non è mai stato educato.
Lei, La Grande bellezza, purtroppo, non sa neanche dove si trova. In fondo per lei Napoli è una città a cui intonare cori razzisti e Roma è ladrona.
Sa che c'è? Ho scritto troppe righe, ma come al solito è proprio D10S – già, noi lo chiamiamo così, e non ce ne vergogniamo, ci ha regalato un mondo unico e solo nostro – ad aver trovato le parole giuste. “È con grande onore e orgoglio che ringrazio Paolo Sorrentino – ha detto - che mi ha eletto come fonte di ispirazione assieme ai registi Fellini e Scorsese, e al gruppo dei Talking Heads”. Poi le ha dato una bella stoccata. Senza saperlo. Si è tolto dalla luce dei riflettori che lei ama tanto, e ha fatto una delle sue giocate da campionissimo. “È Napoli la vera fonte di ispirazione di noi tutti che l’amiamo. Mi sento legato a lui che, come me, è figlio della mia stessa Napoli, dove spero di abbracciarlo presto e brindare alla sua grande arte. I grandi napoletani sono esempi di bellezza e successo nel mondo. L’Oscar si colora d’azzurro e questa è una gioia per tutti”.
Caro Salvini, non scrivo solo a lei, ma anche a tutti quelli che come lei, in queste ore, hanno imbrattato i social di insulti e dileggi. Spero possiate un giorno capire la grandezza di quelle parole semplici di Paolo Sorrentino, che ha avuto il coraggio, nel momento più importante della sua vita professionale, di far parlare l'adolescente che sarebbe diventato, un giorno, genio. E di apprezzare la grandezza di Diego Armando Maradona.